Unico nel suo genere, Marcello Zappatore con la sua figura catatonica, inerte e sibillina si muove appena, o meglio, si trascina sul litorale metafisico di San Cataldo tra i resti dell’antico porto di Adriano, lentamente consumato dal mare e l’abusivismo edilizio. Un uomo afflitto da un problema. Ha uno strano prurito sul costato che presto si rivelerà essere il marchio di Dio. Peccato che questo evento sia decisamente in contrasto con la sua carriera di chitarrista metal satanista. Le stigmate generano il disgusto e l’istantaneo allontanamento dei brutali componenti della sua band. L’unica a gioire dell’accaduto sarà mamma Maria, una donna dalla fervente fede cattolica.
E’ la catastrofe oppure la necessità, l’opportunità di un cambiamento?
Sacro e profano cominciano a mescolarsi baroccamente tra lattescenti statuine della madonna, croci rovesciate, teglie di parmigiana, rutti satanici, un ghignesco prete venditore d’ indulgenze, grugniti da cinghiale sgozzato, deliri religiosi di una madre bigotta e filosofie esistenziali di una nonna sovversiva.
Tra finzione e realtà, Zappatore è circondato da tutta una serie di laconici personaggi che sembrano usciti fuori da uno strano innesto tra outsiders burtoniani, rievocazioni di feroci gruppi heavy metal alla Iron Maiden e riesumazioni nostrane di Elvis.
Difficile da credere ma quasi tutti autentici e selezionati nell’iter leccese tra band metallare locali o persone un po’ sui generis tra parenti e amici.
Il primo lungometraggio di Massimiliano Verdesca è uno strano carrozzone di suggestioni che provengono dal cartoon, dal videoclip, dal fumetto, dal folklore locale. Un percorso alienato con incursioni oniriche che sfociano in estasi sulla suggestiva Kryžių Kalnas (la collina delle croci) in Lituania o nell’atmosfera extraterrestre della cava di bauxite a Otranto.
Lo spettatore viene trasportato in un sogno bizzarro e distorto in cui, ad intermittenza, riconoscerà situazioni molto reali e vicine alla sua quotidianità.
Non si può tralasciare l’apparizione di Sandra Milo nel ruolo dell’esuberante nonna che completa questo delirio mistico. Somministra massime di vita al nipote a lume di spinello e sul palco si esibisce in una sorprendente, molto credibile, performance rockettara.
Il musicista Marcello Zappatore è già da diverso tempo modello d’ispirazione per il regista leccese che iniziò a renderlo protagonista di un ritratto in digitale trasmesso da MTV nel 2004, a cui seguirà il corto In Religioso Disagio per infine amplificare il mondo Zappatore in un lungometraggio.
“Lo scopo di questo film, comunque, è sempre lo stesso. Dimostrare che un altro tipo di cinema è possibile. Aprire una porta per una sorta di commedia grottesca del tutto assente in Italia, forse ancora legata agli stereotipi e ai meccanismi della commedia brillante italiana. E come ultimo fattore, ma non meno importante, rendere Marcello Zappatore una star”. (Massimiliano Verdesca)
Camera fissa, scene che scorrono come una sequenza fotografica influenzata dall’opera di Luigi Ghirri, dialoghi lapidari, un flemmatico protagonista che potrebbe ricordare Cheyenne di This Must Be the Place e un po’ del cinema di Ciprì e Maresco, anche se gli unici riferimenti cinematografici nominati da Verdesca sono stati Leningrad Cowboys di Aki Kaurismaki e Napoleon Dynamite di Jared Hess.
Molti spunti lasciati incompiuti, una sceneggiatura fantasmatica, un compiacimento estetico spesso finalizzato a se stesso ma anche un’energia diversa, una voglia di sperimentare un linguaggio registico fuori dai canoni anche esagerando, rischiando senza troppo preoccuparsi di avere il fiato sul collo dei produttori.
Questo icastico sarcasmo ricorda Alessandro Piva che risvegliò i torpori del nostro cinema col suo folgorante esordio in LaCapaGira ambientato nel sottobosco criminale barese e abilmente costruito proprio su peculiarità, atteggiamenti e luoghi. Anche Massimiliano Verdesca ama rielaborare il cinema di genere inserendo nuove iconografie.
Il film W Zappatore uscirà il 15 Marzo nelle sale del circuito di Distribuzione Indipendente ma già ha riscontrato un certo interesse all’estero vincendo premi come miglior film e migliore attrice protagonista al Brooklyn Film Festival nel 2011.
Un film azzeccato per questi tempi senza Papa.