Mentre ancora echeggiano al Lido le polemiche sul lavoro di Antonello Sarno e Steve Della Casa Venezia 68 (e nel caso si dovessero spegnere è già pronta la gazzarra su La rabbia), giunge il momento dell’omaggio della retrospettiva Questi Fantasmi al quarantennale del ’68. La scelta dei curatori è stata tanto semplice quanto sottile: riproporre non i film figli o padri della cultura sessantottina, ma rimostrare, rispolverare, riselezionare i film selezionati allora dal professor Chiarini & co., i film che furono parte del programma della mostra di quell’anno fatidico. Nostra signora dei turchi di Carmelo Bene, Toh è morta la nonna di Monicelli, Fuoco! di Gian Vittorio Baldi (presente in concorso anche con due film da produttore: Diario di una schizofrenica di Nelo Risi e Cronaca di Anna Magdalena Bach di Jean-Marie Straub) e Flashback di Raffaele Andreassi: queste, insieme ovviamente a Teorema di Pasolini, le carte giocate dai selezionatori di quell’anno per cercare di arrestare la tempesta che stava per abbattersi sul palazzo del cinema. Ma non funzionò e lasciamo ad altri giudicare se fu un bene o un male.sessantotto

Ciò che invece tengo a sottolineare è come questi lavori siano tutte testimonianze di un modo di fare e usare il cinema che non esiste più, che non riesce più a esistere e che se per caso, da qualche parte, esiste ancora non sfila di certo in passerella. Erano anni di grandi concessioni, critiche più che produttive, all’immaginazione e alla creatività; c’era, in giro, un pubblico pagante pronto ad accettare le sfide dei Godard, dei Buñuel, dei Pasolini, ma anche, appunto, dei Bene e dei Baldi (che di Godard, Pasolini e Bresson fu anche produttore).

Fuoco! è un’allegoria della voglia catartica di annientamento del potere, della religione e della famiglia che esaltò i più giovani aderenti al movimento, ma che non lasciò indifferenti neanche i militanti del PCI. Il film inizia con una raffica di mitra su una processione, nel giorno di Ferragosto e della festa del paese. Nonostante sia tratto da un fatto di cronaca, i casi di stragi familiari erano allora episodi rari e Baldi, che del film è sceneggiatore, regista e produttore, non tenta minimamente l’analisi sociologica del fenomeno, né, tanto meno, ripercorre la strada de I pugni in tasca (1965), padre riconosciuto del ’68 cinematografico italiano. Fuoco! è il quadro, la messa in immagine, della crisi che esplode, che si fa piombo e pazzia e che allora diffondeva speranza, mica frustrazioni. Lo stile della regia è, come si dice, “senza fronzoli”, degno del rigore da cinema veritè di uno dei documentaristi più apprezzati dai critici francesi dei Cahiers du Cinema (La casa delle vedove, Luciano). Il Centro Cattolico Cinematografico lo giudicò così: “non esistendo alcun motivo che la giustifichi, la realtà rappresentata risulta una descrizione di un caso di dissociazione che non pone problemi morali”.

Meno eccitante Flashback di Raffaele Andreassi, poeta, pittore e documentarista abruzzese, classe 1924. Nonostante il folto gruppo di sceneggiatori che lo aveva animato (Nelo Risi, Callisto Cosulich, Maurizio Barendson e lo stesso Andreassi) questa produzione a bassissimo costo stenta a costruire opposizioni dialettiche che possano fornire spunti di riflessione allo spettatore. Dopo la contestualizzazione spazio-temporale dell’inizio (siamo nel 1944, durante la ritirata tedesca oltre la linea gotica) la storia del soldato Heinz Pruller, dimenticato dalle proprie truppe nel folto dei boschi sull’Appennino tosco emiliano, diventa un’esperienza panica solitaria e silenziosa. Il ricordo della guerra è scansato a poco a poco dalla serena immobilità della natura nella quale Heinz erra vagabondo, nella quale immagina ninfette nude stese al sole (la bionda e solare Pilar Castel sorella di Lou). Ma la fine delle ostilità è lontana e la pace si rivelerà un miraggio irraggiungibile.

Ancor meno eccitante il film del padre della commedia all’italiana Mario Monicelli. Toh è morta la nonna è una delle pochissime commedie di Monicelli mal riuscita e di totale insuccesso commerciale nonostante la presenza della bella e brava Valentina Cortese. Dell’ultra novantenne maestro toscano preferiamo raccontare il breve ma partecipato Dietro il Colosseo c’è Monti affresco variopinto del quartiere romano dove Monicelli risiede da decenni: un rapido giro della spesa dal macellaio, dal barbiere, al centro anziani. Tutto qui. Qualsiasi scusa sarebbe comunque buona pur di avere il signor Mario in forma in conferenza stampa, con le sue battute e il suo umorismo a sfondo resistenzialmente politico.

Ai film ufficialmente candidati a rievocare le atmosfere del Sessantotto vogliamo aggiungere un titolo, Arcana di Giulio Questi, che pur essendo uscito nel 1972 fu iniziato a scrivere dal regista insieme all’amico Franco Arcalli già nel 1968. Come ha detto lo stesso Questi a fine proiezione “è un film folle”, difficile da giudicare e da seguire per le troppe libertà grammaticali, ma che nella sua voglia di raccontare l’irrazionalità di quegli anni finisce nel farsi pazzo esso stesso. A nulla vale la didascalia iniziale che avverte non trattarsi di un film convenzionale (recita: “questo non è una storia, è una partita a carte”). Arcana è la favola della signora Tarantino (quando si dice il caso….), maga, strega e fattucchiera, interpretata dalla nerissima Lucia Bosè, donna di origini e tradizioni meridionali il cui contatto con la  moderna periferia milanese finirà con l’esserle fatale. L’aria di esoterismo che si respira nelle pratiche arcaiche mostrate nel film è bruscamente travolta dal surreale finale quando una carica della polizia travolge e uccide la protagonista.

2 Replies to “Venezia 65: Sessantotto in schegge”

  1. Le retrospettive “Storia segreta del cinema italiano” degli anni scorsi hanno avuto come seguito qualche collana di dvd in edicola. Magari succede anche quest’anno….Comunque una volta che i film sono stati ristampati in positivo c‘è sempre speranza.

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