A spasso per il Lido dove è giunto per presentare il mediometraggio Archivio Risi (passerà domani alle 15 in sala Volpi), il critico e storico del cinema stracult Marco Giusti si ferma un attimo a regalarci qualche impressione su questa Mostra del cinema numero 65.
Archivio Risi: di cosa si tratta?
È un omaggio e un ricordo di Dino Risi, maestro della commedia all’italiana scomparso da troppo poco tempo per non essere ancora presente tra noi a Venezia. Tutto materiale d’archivio: sono riprese effettuate sui set, interviste televisive, estratti dei suoi film, certamente, montati attorno ad un breve sketch, anch’esso già passato in TV, che Dino scrisse nel 2002, mi sembra, e che io stesso gli produssi tramite Stracult. Si tratta di una sorta di “avventura estiva” interpretata da Eva Henger e Natalie Caldonazzo. Dino doveva essere un protagonista di questa edizione della mostra, avrebbe dovuto presentare due episodi inediti de I mostri.
Come spettatore sei interessato alla retrospettiva sul cinema italiano di quest’anno?
Come spettatore e sottolineo come spettatore cinematografico e anche televisivo, non come critico o esperto, mi trovo ad aver già visto molte delle pellicole in cartello e questo è un punto a sfavore dell’appeal cinefile del programma. La retrospettiva di quest’anno si può grosso modo dividere in due grandi linee, due macro blocchi filmici: lo stravisto, come i film di Caprioli, e non mi sta bene, e i film del dopoguerra rimasti storicamente all’ombra dei grandi capolavori del neorealismo come Il grido della terra, e questo mi sta bene. Mi sembra però che le cose più interessanti, senza entrare in giudizi estetici, siano ai margini della retrospettiva vera e propria: La rabbia, Tutto è musica, Yuppi du, Orfeo 9. Arcana di Giulio Questi è l’unico punto di continuità con le precedenti storie segrete del cinema italiano da me curate. Non sono d’accordo con il discorso, apparso nei giorni scorsi su un famoso settimanale, che traccia una netta linea di continuità tra questa retrospettiva e quelle degli anni passati.
A proposito di Arcana è stato proiettato ieri in sala Perla ed è stata l’occasione per ricordare Franco Arcalli (detto Kim ndr) sceneggiatore e montatore del film.
Sono molto contento della messa in ristampa da parte di Marsilio del libro esaurito da anni Kim Arcalli: montare il cinema che io e Enrico Ghezzi scrivemmo giovanissimi (la prima edizione è del 1980 ndr). Io avevo 22 anni, mi ero appena laureato in architettura a Genova dove mi padre era questore e fui chiamato a Roma da Enrico per questa commissione ricevuta direttamente da Lino Miccichè, allora direttore della collana cinema della Marsilio. Miccichè, notoriamente di area socialista, ma di mentalità aperta, si rivolse a noi per l’eccezionalità del tema: credo fosse il primo libro in assoluto su un montatore italiano. Anche per me, cresciuto con il mito del piano sequenza e dell’autore, la figura del montatore era un oggetto oscuro, a metà strada fra l’infiltrato della produzione e lo schiavo del regista. La figura di Kim fu una rivelazione: un artigiano, un operaio, un creatore e un artista. Chiunque io abbia intervistato dei suoi amici mi ha detto la stessa cosa: “l’ho conosciuto in moviola”. È stato il montatore di una rosa di registi incredibile che va dall’unica regia dello scenografo Piero Zuffi (Colpo rovente, 1969) a Bertolucci e Antonioni (Novecento, Il conformista, Zabriskie point). Per il libro furono di grande aiuto i tanti racconti di Gabriella Crisitani, per sette anni assistente di Kim. Ricordo che, mentre scrivevo il libro, andai al cinema con lei a vedere Apocalypse Now: era un film che avrebbe dovuto montare Kim, ma non fece in tempo, morì prima. Questo per dire della genialità del personaggio.
Insomma contento della riedizione di Kim?
Avrei voluto cambiare qualcosa del libro, ma non è stato possibile. Nonostante io e Enrico fossimo due geni eravamo comunque troppo giovani: ci sono delle ingenuità e anche qualche errore. Soprattutto mi sarebbe piaciuto pubblicare i soggettini inediti di Kim che ho adesso e che non avevo allora. E mi spiace anche che insieme non sia stata ristampata la sua biografia: Kim fu un partigiano adolescente, armato già all’età di 15 anni. La presa della Fenice di Venezia con pubblico e SS dentro durante al Repubblica di Salò è ormai leggenda. Questo episodio della vita Kim è stato poi portato sullo schermo da Aldo Lado, suo amico e compagno, nel film La disubbidienza con Stefania Sandrelli.