Uscito postumo dopo la morte dello scrittore Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne (2005) – primo capitolo della trilogia “Millennium” – è presto diventato uno dei fenomeni editoriali più importanti e curiosi degli ultimi anni. Importante lo è stato di certo se si considerano le milioni di copie vendute a ogni latitudine del globo. Si potevano osservare, fino a non più di qualche mese fa, frotte di lettori della domenica in coda alle casse degli ipermercati del libro, in spasmodica ricerca dello “stregato” Paolo Giordano con la sua Solitudine dei numeri primi, dell’irresistibile eleganza, quella del riccio… della Muriel Barbery, e di questo thriller svedese che sembra avere meriti letterari non indifferenti a giudicare dal consenso ottenuto. Le componenti che avviano al successo di vendite di un romanzo sono spesso imponderabili, ma la geografia della letteratura odierna indica la Scandinavia come focolaio non trascurabile, luogo ispiratore di idee narrative molto gradite.
Tra le gelide atmosfere del grande nord, sono tornati i vampiri con Lasciami entrare (libro+film) e ora è giunto il momento di portare il massiccio esercito di lettori di Larsson al cinema. Il primo punto è stabilire a quale livello possiamo considerare il film una traduzione cinematografica del libro. Perché una serie di differenze tra le due opere ci sono e neanche minime. L’impressione è che nel film si cerchi da subito la strada che separi definitivamente i due corpi. Del resto l’assenza di adesione totale di tutti gli elementi del libro nel film non può che rivelarsi una liberazione per gli amanti del romanzo i quali non sentiranno l’offesa del tradimento in virtù della distanza svelata.
Dov’è la Svezia? Dov’è Stoccolma? E’ una delle domande che ci si pone durante la visione. Il film sembra ambientato in una qualsiasi città europea. Rifiutando la più suggestiva delle armi del cinema nordico, il paesaggio, il regista si nega (e ci nega) non tanto la cornice di un immaginario esotico riconoscibile, quanto la potenzialità espressiva che quell’immaginario può infondere in un thriller-movie che vorrebbe (?) raccontare la solitudine, la paura, le mostruosità dei rapporti umani, familiari e che invece nella sua struttura impersonale, cammina sulla superficie del genere senza disegnare altri tracciati. E allora inizi a sospettare l’inganno, capisci presto che l’uniformità stilistica che la pellicola adotta la priva di unicità, rendendola un prodotto piuttosto patinato forse pensato anticipatamente per l’home video. Magari ci scappa il capolavoro produttivo: un successo pari a quello del libro, ma chi si aspettava qualcosina in più ne esce deluso. La strategia distributiva ha la chiara finalità di abbracciare un pubblico trasversale, inserendo le proiezioni nei vari circuiti cinematografici, dai multisala alle sale che solitamente offrono il cosidetto “cinema d’autore”.
La storia (per i non lettori di Larsson) racconta un’indagine che un importante esponente della facoltosa famiglia Vanger affida a un giornalistra, Mikael Blomqvist, alle prese con guai professionali. Deve scoprire la verità sulla scomparsa di una nipote del magnate, Harriet, avvenuta quarant’anni prima. Durante l’indagine Blomqvist si imbatterà in Lisbeth, abilissima haker, tormentata da un duro passato familiare. La tatuatissima Lisbeth lo aiuterà a districare una matassa fatta di falsi sospetti, morti vere e presunte, nazisti assetati di vendetta, scoperte raccapriccianti. Filo conduttore del film: la violenza. Reale, fisica che arriva allo stomaco. Come la scena dello stupro di un sadico tutore della giovane dark (molto fumettistica) ai suoi danni, filmata con realismo raggelante. Ma l’orrore del mondo che si dipana di fronte a noi spettatori non ha la forza di penetrare in profondità fino a toccare le radici di tanto odio. La violenza a cui assistiamo non ha la funzione di strumento drammaturgico teso a denunciare, come fu per il film shock, lo svedese Racconti da Stoccolma. Il film resta un pò piatto, ma gli va riconosciuto il merito di non annoiare durante la lunga visione (2ore e 30!). Questo gli artigiani del cinema lo sanno fare.
Poco fa per strane “digitazioni” sn capitata in questo sito. Nella home delle recensioni ho cliccato sulla prima scheda che mi ispirava…Ti becco la scheda di questo film recensito proprio da te. Forse nn mi lascia neanche troppo perplessa la scelta. casualmente leggevo una recensione dello stesso film l’altro ieri, in sala d’attesa dal dottore. Ricordo che parlava di tutto(tra gli innumerevoli elogi) tranne che dell’uniformità stilistica che lo rende un film da home video. bello il mondo perchè è vario 🙂
Cmq ora andrò a vedere il film perchè mi avete incuriosito e poi cercherò di scrivere un commento + costruttivo di quello appena scritto. un modo come un altro per farti un saluto 🙂
Ciao Cubo
Giosss