Gli esclusi, quelli che rimangono ai margini di una vita che ti devi sudare giorno dopo giorno. Gli spartiacque sociali sono netti, duri, invalicabili nel cinema disincantato e carnale diJacques Audiard fatto di personaggi alla continua ricerca del loro posto nel mondo, sopravvissuti messi incessantemente alla prova. Alla conquista di una perduta umanità, incompresi o privi di comprensione, insofferenti del rapporto con la realtà. Prigionieri di un handicap fisico o mentale. Sembra già un mondo post-apocalittico popolato da nuovi ‘miserabili’ affamati d’amore e rivalse sociali in cui il meglio è riservato a pochi eletti. Gli esclusi diventano figure aliene che vagano nervosamente in una città ostile dalle anime raggelate.
Una costrizione quotidiana che comprime le vite dei protagonisti fino quasi ad un punto di rottura dardenniano. I loro sogni vengono spazzati via da una realtà crudele e assillante per tornare improvvisamente vividi a reclamare un’ultima possibilità.
La regia di Jacques Audiard rincorre senza respiro gli ambienti, i dettagli fisici, i desideri di questi outsider contemporanei disperatamente attaccati ad uno spirito di sopravvivenza.
In un decadente contesto sociale spiccano un uomo e una donna che riescono a far collimare le loro rispettive sofferenze. Dopo Sulle mie labbra e Tutti i battiti del mio cuore ecco un’altra coppia di combattenti: Stéphanie e Ali alleati per conquistarsi un riscatto dalla vita. Una donna menomata e un animale in gabbia.
Una strana attrazione tra due figure mitologiche: un bruto titano e una suadente sirena. Un pianeta solitario in collisione con il mondo e una creatura con le ali spezzate che fatica ad accettarsi.
Così diversi, ma stranamente così vicini. Entrambi convinti di non potersi permettere l’amore nella loro vita. Allora l’amore s’insinua secondo percorsi non canonici, fiorisce sopra il cemento e alla fine respingerlo non sarà più possibile. Complici senza troppe parole. Audiard non definisce il tipo di legame che li unisce, non sappiamo se si tratta proprio d’amore, perché nasce, perché continua, quando finirà. Nel dolore, nel sesso, nei gesti, nella violenza, nel sangue è il corpo che comunica e conduce la storia. Tramite immediato di tutte le nostre debolezze, veemenze, emozioni. Ali accetta il corpo fragile e reciso di Stéphanie con semplicità e senza commiserazione riuscendo a darle quella giusta spinta verso l’attaccamento alla vita. Stéphanie accetta il massiccio corpo da pugile ferito di Ali arrivando a far crollare quella fortezza intorno al suo cuore e spingendolo verso una rieducazione sentimentale.
Un sapore di ruggine e ossa è una dichiarazione di guerra contro i limiti fisici, sentimentali, sociali dimostrando la possibilità di un cambiamento. Un cammino dall’oscurità verso la luce.
Come sempre Audiard cattura perfettamente un determinato contesto sociale attraverso un crudo realismo documentarista che si scioglie in momenti di delicate visioni introspettive tra flashback e sogni ad occhi aperti. Deprimenti locali notturni, chiassosi parchi acquatici, soffocanti interni di case proletarie, anonimi edifici popolari. Fino ai margini della città nelle squallide tane dei combattimenti clandestini dove rimangono solo terra, corpi e sangue. La distesa marina è l’unico luogo puro, di ampio respiro, senza limiti, in cui fuggire per rigenerarsi. Il regista francese immerge lo spettatore, con forza, nel suo potente sguardo ravvicinato fatto di primi e primissimi piani, riprese con la macchina a mano, brevi sospensioni oniriche. Nella penombra ruota intorno agli attori. Ruota raggiungendo picchi d’intensità fortissimi ma poi stordito si disperde, inizia a distanziarsi dai suoi intenti diminuendo la presa emotiva, lasciando a tratti una sensazione di stallo e inconcludenza nonostante l’incanto generato dal personaggio di Stéphanie che cattura, affascina, commuove per tutta la durata del film; reclamato dai nostri cuori anche quando non è in scena. Forte, fragile, tormentata, misteriosa, vitale interpretata da una grande Marion Cotillard che riesce a dargli vita con straordinaria verità e spontaneità.