Mark, costretto in un polmone d’acciaio, a 38 anni vorrebbe finalmente perdere la verginità. Adam, brillante quarantenne newyorkese, è casto da cinque anni e segue una terapia per sex-addicted.
Il tormentato rapporto con la sessualità, seppure agli antipodi nei modi, lega i protagonisti di due film presentati al Torino Film Festival, The Sessions di Ben Lewin (nella sezione Festa Mobile) e Thanks for Sharing di Stuart Blumberg (in Rapporto Confidenziale).
The Sessions (che vedremo nelle sale a febbraio) è ispirato alla vera storia di Mark O’Brien (interpretato da John Hawkes), poeta e giornalista americano. Colpito da poliomelite all’età di quattro anni, è immobilizzato dal collo in giù e per respirare ha bisogno di un polmone d’acciaio, da cui può staccarsi solo per poche ore al giorno. Desideroso di scoprire l’amore fisico, ingaggia una “professionista” del settore, Cheryl (Helen Hunt), che lo introdurrà al piacere.
Le “sessioni” del titolo sono appunto gli incontri con Cheryl, di professione terapista sessuale. “La differenza tra me e una prostituta” – dice – “è che la prima vuole farti tornare da lei, mentre il mio scopo è farti ripetere con altre donne ciò che impari qui”. E infatti la terapia consiste in un massimo di sei appuntamenti, anche per evitare implicazioni sentimentali (inutilmente, come in ogni plot narrativo ben congegnato).
A dispetto dell’argomento scivoloso, il tono usato da Ben Lewin è quello della commedia leggera, che concede poco al pietismo e alla volgarità e a tratti – specie nei dialoghi tra Mark e il sacerdote suo confidente – risulta esilarante (frequenti gli scoppi di risa tra il pubblico del Festival).
Lo stesso tono, ma in una confezione più indie, è utilizzato da Stuart Blumberg (già co-sceneggiatore di I Ragazzi Stanno Bene) per il suo esordio da regista, Thanks for Sharing. In una comunità per guarire dalla dipendenza dal sesso si incrociano le vite di Adam (Mark Ruffalo), per così dire l’allievo-modello, Neil (Josh Gad) che sembra non impegnarsi a fondo ma compirà impensabili progressi, e Mike (Tim Robbins), il responsabile del progetto. Tra condivisioni di esperienze (il titolo si riferisce alla formula con cui viene salutato chi finisce di raccontarsi), medaglie come incentivo per celebrare un traguardo (giorni, mesi o anni di astinenza) e le tentazioni immancabili in una città come New York, per Adam sembra filare tutto liscio finché non subentra l’innamoramento per l’attraente Phoebe (Gwyneth Paltrow), e il dubbio se rivelarle o meno il suo segreto.
Come per ogni dipendenza, basta una leggerezza per ripiombare un attimo nel tunnel, e tutti i personaggi, anche i più positivi, hanno qui un lato oscuro (Mike ha un passato di alcolista e un rapporto conflittuale con il figlio, Phobe la mania dell’ordine e del controllo) che rischia di compromettere la situazione. In Thanks for Sharing tutto si ricompone però grazie all’amicizia e alla solidarietà tra i protagonisti, e tra Adam e Phoebe sembra poter rinascere un rapporto basato sulla sincerità e la reciproca fiducia. Meno immediato, almeno a prima vista, parlare di lieto fine per The Sessions, anche se è possibile leggerlo anche in quest’ottica. È curioso, in ogni caso, assistere alla faticosa conquista della “normalità” dei protagonisti dei due film, e pensare, forzando un po’ il discorso, che per ognuno essa consiste nell’arrivare al punto da cui l’altro è in fuga.