[***]- Cyrus è una storia vera, nel senso di autentica.
Presentato all’interno di “Festa mobile – Figure nel paesaggio ” del TFF, sezione che sceglie 30 film tra i più interessanti della scena internazionale del 2010 e non ancora visti in Italia, Cyrus – uscito questo weekend – racconta la storia di John (John C. Reilly, tra gli altri, Magnolia) che è ancora single a sette anni dalla fine del suo matrimonio. Un po’ imbranato, molto simpatico, John ha quasi rinunciato alla possibilità di avere una nuova relazione. Inaspettatamente incontra a una festa Molly (Marisa Tomei, bellissima. Mio cugino Vincenzo, Oscar come migliore attrice non protagonista). I due si piacciono, si danno un appuntamento, la loro storia procede rapidamente… fin quando John non scopre l’altro uomo della vita di Molly: il figlio Cyrus, che non è disposto a dividere la madre con nessuno. I due danno così inizio a una guerra di astuzie per conquistarsi le attenzioni della donna amata.
Cyrus è un film che presta cura all’atmosfera. Vi tesse dentro quell’aria strana e imbarazzante che si tocca a volte nella vita reale. La caratteristica che lo rende credibile.
Dal momento in cui non siamo abituati a vedere tanta verità di messa in scena al cinema, c’è uno spiazzamento iniziale e – francamente – duraturo, in cui si cerca di capire che cosa nasconde, che direzione vuole prendere, perché sembra che ci sia qualcosa che debba esplodere da un momento all’altro; non si capisce bene se assume all’improvviso la vocazione del thriller (perché in certi momenti è parecchio inquietante), o se si tratta semplicemente di un tono surreale che rende tutto equivocabile. E non si capisce perché c’è la stessa difficoltà interpretativa che qualche volta accade nei confronti dei fatti del mondo.
Solo alla fine ti rendi conto che non c’è niente che non va, è solo la sensazione di essere di fronte al dispiegarsi di una vicenda in uno spazio tridimensionale che comprende anche gli spettatori. Quella che racconta è una storia bizzarra (originale) per il cinema. Naturale, nella vita reale.
Solo dopo aver visto il film si scopre che, a detta degli stessi autori: “ Il motivo principale per cui il pubblico viene a vedere un film come questo è assistere a qualcosa che sia vero sullo schermo come potrebbe esserlo nella vita. Il nostro obiettivo è far sentire gli spettatori come se avessimo nascosto dei microfoni nelle loro camere da letto e registrato la loro ultima conversazione. Stiamo cercando di studiare la condizione umana, ma in un modo che sia divertente e non ci faccia sentire soli. Nel film ci sono personaggi stravaganti, ma la verità è che ci assomigliano molto”.
La realtà che imita l’arte che imita la realtà che imita l’arte, e così via.
Jay (’73) e Mark Duplass (’76) vengono da New Orleans, Louisiana, USA. Dopo una serie di cortometraggi hanno realizzato nel 2005 il loro primo lungometraggio, The puffy chair, presentato in concorso al Sundance e vincitore del premio per registi emergenti al South By South West Film Festival. Nello stesso anno hanno vinto a Berlino l’Orso d’Argento con The Invention per il miglior cortometraggio. Il loro secondo lungometraggio Baghead, è stato presentato al Sundance e al Tribeca.
La sezione Festa Mobile ha aperto il TFF con il film di Lola Doillon Contre Toi, un mélo-noir su una “sindrome di Stoccolma” tra Kristin Scott Thomas e l’emergente Pio Marmaï. Chiuderà con l’ultimo lavoro di Eastwood Hereafter con Matt Damon e Cécile De France. Tra gli autori di “Festa Mobile – Figure nel paesaggio”: Raul Ruiz, Danny Boyle, Peter Mullan, Philip Seymour Offman, Michael Nyman, Pietro Marcello, Gregg Araki e altri.
Sempre all’interno di “Festa Mobile”, il Gran Premio Torino a John Boorman che ha rilanciato la straordinaria proiezione di Deliverance (Un tranquillo Weekend di paura), USA, 1972.