Politica vissuta, a partire dalla vita quotidiana femminile. È così che Helke Sander (Berlino, 1937) – regista, scrittrice e femminista tedesca – ha combattuto per i diritti delle donne. È una donna che è abituata ad inventare se stessa e a configurare le proprie condizioni di vita. Dopo i lavori nel mondo del teatro e della televisione finlandese, nel 1965 ritorna a Berlino Ovest: con una prima carriera e un matrimonio alle spalle, con un figlio, ma senza marito. Tornare a Berlino per la ventottenne vuol dire ricominciare da capo: dopo gli studi presso l’Accademia di film e televisione DFFB, lavora come traduttrice e giornalista precaria. Dalla necessità quotidiana nasce l’azione e la Sander, impegnandosi fortemente per i diritti delle donne già prima e all’interno dell’emergente movimento sessantottesco tedesco, è tra le prime a fondare i famosi “Kinderläden” (nidi privati auto-organizzati dai genitori) di Berlino – un modello che in seguito si espanderà in tutto il paese. Sarà solo l’inizio di un lungo percorso artistico e politico: la Sander combatte in prima linea, svelando miti e tabù sulla condizione femminile. Lo fa attraverso l’attività giornalistica (nel 1974 fonda per esempio la rivista Frauen und Film/, Donne e Film, che esiste ancora oggi), l’organizzazione di dibattiti e gruppi politici (i più conosciuti Aktionsrat zur Befreiung der Frauen 1968, Brot und Rosen 1972) e la produzione di una ventina di film nel periodo 1971-2005 che parlano di una parte fondamentale dei temi caldi del secolo: il lavoro e la condizione della donna, l’espressione individuale e sociale femminile.
Voglio citare solo due dei film che spiegano bene lo stile e l’interesse rigorosamente politico di questa regista-femminista della prima ora in Germania: Der subjektive Faktor (Il fattore soggettivo, 1980/81), premiato alla Biennale di Venezia, un film sulla nascita del movimento femminista tedesco e sul ruolo dell’individuo all’interno del movimento studentesco berlinese, e il film BeFreier und Befreite, Krieg Vergewaltigungen Kinder (Redentori ed affrancati, guerra stupri bambini, 1992) che indaga sugli stupri di massa in Germania e in Russia alla fine della seconda guerra mondiale, che al tempo erano ancora argomento tabù. “Volevo far vedere come si prendevano le decisioni in un movimento politico e quanto individuali, differenti, casuali queste fossero”, dice la Sander del suo film. Attraverso il percorso della giovane madre Anni, che s’immerge nel movimento studentesco berlinese, il film intreccia una prospettiva femminile ed autobiografica alla documentazione storica del movimento politico, trattando lo scontro tra individuo e movimento attraverso memorie e associazioni, idee e citazioni non-collegate. La forza di questo film-collage fatto da pezzi di politica vissuta, infatti, è lo stile di una documentazione “a caldo” visto che la Sander stessa è stata testimone e attivista all’interno del movimento. Il film è l’espressione di una donna – in questo caso protagonista e regista coincidono – che partecipa attivamente alla costruzione della società e dell’immaginario collettivo mettendosi in contrapposizione alle decisioni prese solo in apparenza collettivamente, insieme ai documenti e alle immagini pubblicati durante e sul ’68 tedesco: “Esistono ed esistevano pochissimi documenti sulle donne o anche fatti da donne all’interno del movimento”, dice la Sander. Con le prime autrici e registe donne (prima erano relativamente poche le donne che studiavano o sapevano usare bene la tecnica cinematografica), infatti, l’immaginario del ’68 cambiava. Non erano le famose battaglie di strada tra studenti e forze dell’ordine che si vedevano nei loro film, ma scene semplici: la vita di famiglia, padri con bambini sulle strade, uomini e donne che decidevano insieme, che miglioravano i loro rapporti e comportamenti quotidiani. Neanche un autore critico e regista come Alexander Kluge ritiene opportuno parlare dei meriti dovuti alle donne: nessuna parola sul movimento femminista nel suo libro Öffentlichkeit und Erfahrung (Pubblicità ed esperienza, 1972, scritto con Oskar Negt riagganciandosi all’opera Strukturwandel der Öffentlichkeit di Habermas) in cui analizza i cambiamenti della sfera pubblica nel dopoguerra. Mentre Kluge, affermato e conosciuto internazionalmente come autore e regista cinematografico e televisivo, sorvola su una parte fondamentale della storia tedesca, Helke Sander l’ha promossa, vissuta e documentata, sempre combattendo (anche con pochi soldi e strumenti limitati), per una sfera pubblica femminile. Al contrario di Kluge la Sander, per esempio, non ha mai potuto comprarsi degli spazi all’interno della televisione privata, anche se l’idea ce l’aveva. Se l’avesse fatto chissà quale tipo di “contro-produzione femminile televisiva” oggi arricchirebbe la televisione tedesca…
Mentre Il fattore soggettivo parte da una prospettiva soggettiva che poi diventa rappresentativa per le donne tedesche del Sessantotto, il film BeFreier und Befreite, Krieg Vergewaltigungen Kinder (Redentori ed affrancati, Guerra Stupri Bambini, 1992) per la regista è uno strumento esplicitamente rivelatore ed esplorativo che si interroga sugli stupri di massa. Dà delle risposte tanto esatte quanto scioccanti basandosi su una larga ricerca storica, includendo analisi d’archivio e interviste a testimoni, vittime e discendenti. Il film svela la cifra esatta delle vittime degli stupri negli ultimi anni della seconda guerra mondiale a Berlino. Sottolinea i danni complessi di questa pratica crudele universale di guerra che avviene indipendentemente da nazionalità, geografia, livello culturale e ideologia. Negli Stati Uniti il film che da subito suscitò l’interesse internazionale, diventò uno spunto per polemiche e pubblicazioni perché tra i “carnefici” la Sander individuava non solo russi e tedeschi ma anche “i presunti redentori americani”.
Politica vissuta, a partire dalla vita quotidiana femminile. È così che Helke Sander – regista, scrittrice e femminista tedesca – ha combattuto per i diritti delle donne.