Appena giungo davanti ad un gruppo di foto sugli anni sessanta il Vietnam mi esplode davanti agli occhi. Sangue, feriti, concitazione. Soldati bianchi e neri di vent’anni persi nella giungla infida e nei tramonti rosso-sangue. Sono immagini già presenti nell’archivio della mia memoria. Tanti sono i film che le hanno mostrate. Ma qui il fotografo è parte della scena. Immortala in presa diretta la realtà di cui non è solo testimone, ma parte attiva. Non c’è niente di evocativo. Solo verità viva. Che è carne, paura, morte. Poi una foto calma i nervi. E’ quella di un giovanissimo soldato dentro una stanza, seduto su un baule che, piegato in avanti, si tiene il capo. Piange. Sale un brivido dietro la schiena, le mandibole si stringono e gli occhi si fanno lucidi. E’ una foto davvero toccante. Che chiude uno dei segmenti di storia americana qui rappresentati.
I fotografi di Life di storie ne hanno immortalate a migliaia. “Vedere la vita, vedere il mondo”. Iniziava così il primo editoriale di Henry Luce, fondatore della rivista che dal 1936 agli anni settanta è stata parte stessa della storia degli Stati Uniti. I suoi fotografi hanno dato volti, colore, corpo ai più grandi eventi. Hanno affiancato i soldati in guerra, cercando di non allontanarsi mai da quel crocevia fatale dove il caso incontra la storia. Sono stati tra i più grandi testimoni e narratori del secolo scorso. E per questo alcuni di loro hanno pagato prezzi altissimi. La loro funzione non si è esaurita nella testimonianza della realtà perchè il loro occhio è riuscito spesso a cogliere un frammento, un istante di senso diventato poi il racconto compiuto di un’epoca. Il loro costante presidio della realtà presupponeva l’intervento su di essa e la costruzione stessa della reale.
Nel nuovo spazio espositivo dell’auditorium, appositamente inaugurato per la mostra fotografica, si compie un vero e proprio viaggio attraverso quarant’anni di storia americana. Ma è storia del Novecento. Storia di tutti. Una grande narrazione che inizia con le foto della grande depressione, che pare di vedere tradotte in immagini le pagine di Steinbeck. Poi la seconda guerra mondiale e lo sbarco in Normandia. Nessuna rielaborazione tecnologica può gareggiare con queste foto in termini di realismo. L’azione dinamica è tutta in un’istantanea che ritrae un soldato in acqua che avanza a carponi con i contorni sfumati.
Le foto di Life hanno colmato l’assenza di immagini fino agli anni cinquanta, quando nacque la televisione. Prima, costituivano il completamento icastico delle notizie che la popolazione americana riceveva dalla radio. I fotografi hanno così assolto il ruolo di cronisti e interpretato il loro lavoro come servizio giornalistico almeno fino agli anni sessanta, con l’adozione definitiva del colore. Il viaggio procede attraverso i ritratti delle dive hollywoodiane, dei presidenti americani. Possibilmente colti da vicino, di sorpresa, nei loro gesti spontanei, perchè come diceva Robert Capa “Se le tue foto non sono abbastanza buone è perchè non sei abbastanza vicino”. Nel 1954 Capa saltò su una mina in Indocina e morì.
Fotografie di: Margaret Bourke-White, Larry Burrows, Cornell Capa, Robert Capa, Ed Clark, Ralph Crane, Loomis Dean, John Dominis, Eliot Elisofon, Bill Eppridge, J.R.Eyerman, Alfred Eisenstaedt, Andreas Feininger, Albert Fenn, Fritz Goro, Martha Holmes, Yale Joel, Dmitri Kessel, George Lacks, Lisa Larsen e al.
Auditorium Parco della Musica, Spazio Auditorium Expo
Dal 1 Maggio al 4 agosto
Ingresso: intero 8 euro, ridotto 6/7 euro, scuole 4 euro
Una produzione della Fondazione Musica per Roma e della Fondazione FORMA per la fotografia, in collaborazione con Life e Contasto.