La sera del primo marzo scorso a Theran, degli agenti in borghese, hanno bussato alla porta del regista iraniano Jafar Panahi, con lui vi erano quindici persone che discutevano sul progetto di un documentario sulle proteste di piazza contro il presidente Ahmadinejad, una volta entrati dentro l’appartamento hanno tratto tutti in arresto. Gran parte di loro sono poi stati liberati, tranne due. Il primo è il regista Mohammad Rasulof che giovedì della settimana passata è uscito dal carcere grazie al pagamento di una cauzione temporanea, così riferisce il sito riformista Rahesabz. La scarcerazione che durerà 20 giorni è costata 100 milioni di toman (circa 75mila euro). Il secondo è Panahi che si trova ancora recluso nel penitenziario di Evin, nei pressi della capitale. Le autorità iraniane hanno motivato l’arresto sostenendo che i registi stavano girando un film antigovernativo senza aver chiesto le necessarie autorizzazioni. Fin qui la cronaca, per quanto assurda, dei fatti. Prima che la sorte dell’autore de Il cerchio, film vincitore del Leone d’oro nel 2000 a Venezia, finisca nell'oblio, il mondo del cinema italiano prova a mobilitarsi per chiedere la sua liberazione.
Il 26 marzo la Casa del Cinema di Roma, per iniziativa di Felice Laudadio, con il sostegno delle maggiori associazioni italiane di autori, critici, organizzatori di festival e giornalisti cinematografici, insieme a rappresentanti di organizzazioni umanitarie come Amnesty International e Un Ponte Per, dedicherà al cinema di Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof e alla situazione iraniana una giornata di proiezioni e un incontro/dibattito coordinato da Serafino Murri. "Quando viene commesso un sopruso contro la libertà di espressione, quando ci sono uomini che vengono privati della loro libertà individuale semplicemente perché tentano di dar voce a un dissenso con la propria arte, il mondo civile non può restare a guardare – scrivono in una nota congiunta Felice Laudadio e Serafino Murri -. In qualunque posto del mondo venga consumato questo delitto, il silenzio e l’oblio sono la condanna più grande, per chi cade sotto i colpi della repressione.” L’iniziativa di venerdì serve anche a fare il punto sulle iniziative prese dalla Rete attraverso i gruppi Facebook "Protestiamo per l’arresto del regista Jafar Panahi a Teheran", con la petizione rivolta alla Presidenza della Repubblica e al Ministero degli Esteri italiani affinché protestino presso le autorità di Teheran, e "Spezziamo il cerchio. Liberta’ per Panahi e gli altri arrestati in Iran", con un appello internazionale promosso dal premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e Fabio Alberti, fondatore di "Un Ponte per…" per la scarcerazione dei registi detenuti a Evin.
Continuano Laudadio e Murri: “Per non dimenticare questi artisti a cui e’ stata chiusa la bocca, dobbiamo continuare a insistere affinché nel mondo prosegua la protesta, perché né i governi, né i singoli cittadini dimentichino che in Iran tantissime persone meno note all’opinione pubblica internazionale di Panahi si trovano nelle stesse condizioni, e rischiano la propria libertà, e nei casi peggiori la vita, solo per aver manifestato la loro opinione, che differisce da quella del governo del proprio paese".