Riciclaggio mediatico da non perdere: non Blob ma la “cronacarte” di Mario Schifano, in mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ancora fino al 28 settembre 2008.
In tempi in cui l’11 settembre è stato interpretato come “l’opera d’arte assoluta” (Karlheinz Stockhausen) e in cui teschi coperti di diamanti da millioni d’euro (Damien Hirst) agitano il mercato d’arte, una mostra sulla pop art di Mario Schifano dà l’impressione di un innocente e decorativo residuo del mondo passato. Ai suoi esordi, però, Schifano è stato un artista d’avanguardia. Il “Warhol italiano”, nato nel 1934 e morto dieci anni fa, è stato uno dei primi artisti in Italia che applicava i linguaggi della comunicazione di massa alla pittura, riproducendo e combinando tecniche della tipografia, della fotografia e del film.
La rassegna Mario Schifano 1934-1998 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma comprende circa settanta dipinti e cinquanta disegni, cronologicamente distribuiti attraverso i diversi cicli d’attività dell’artista: dai monocromi dei primi anni Sessanta, la pittura iconografica dei secondi anni Sessanta passando attraverso la sperimentazione tra pittura e fotografia degli anni Settanta fino ad arrivare al ritorno ad una pittura di “cronacarte” negli anni Ottanta e Novanta. E’ stato nella società dei consumi e dei mass media che Schifano ha trovato la sua vera “tavolozza infinita” (Ghezzi): la televisione. Circondato da televisori accesi, da computer collegati ad internet e da macchine fotografiche sempre pronte a fissare un’immagine, Schifano si è ispirato a temi di cronaca, pubblicità e spettacolo per la sua pittura, stendendo colori e forme senza riflessione per poi, con gli anni, manipolare le immagini sempre di più col computer prima di passarle sulla tela. “Paesaggi televisivi” e “film di pittura”: Schifano, infatti, è anche considerato uno dei più grandi autori del cinema d’arte. I suoi film spesso anti-narrativi, frammentati e sinestetici, in quanto alla ricerca di correspondenze tra suoni ed immagini, sono l’espressione della sua contestazione sociale e politica. Tra i suoi cortometraggi memorabili Round Trip (1964), realizzato durante un soggiorno in America, Jean-Luc ciné, girato sul set di Week-end di Jean-Luc Godard, Vietnam (1967) basato su immagini di repertorio della guerra del Vietnam, e la trilogia Satellite (1968), Umano non umano (1969) con Carmelo Bene, Trapianto. Consunzione e morte di Franco Brocani (1969).
Quel “blobbista-pittore” a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta che cosa ci può dire oggi? Uno dei suoi ultimi quadri è un televisore spento: uno schermo senza luce, un trasmettitore che non trasmette più. Se spegnere (citando l’inventore di Blob) vuol dire “riaccendere gli occhi” – cosa vedremo?