“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane su chi non chiede altro che solidarietà e rispetto”.
Sembrano parole dette ieri da un immigrato che si trovi a sopravvivere in Italia. E invece sono di Jerry Essan Masslo, migrante sudafricano sfuggito all’apartheid e poi ucciso con tre colpi di pistola all’addome il 24 agosto del 1989 nelle campagne di Villa Literno, in provincia di Caserta. La sua storia, narrata nel documentario Non è un paese per neri di Luca Romano, Francesco Amodeo, Armando Andria e Mario Leombruno, aprì finalmente le coscienze dell’Italia degli anni Ottanta, un paese che fino ad allora si era rifiutato di comprendere le motivazioni del fenomeno dell’immigrazione.
Il documentario sarà presentato giovedì 7 luglio alle 21 .00 nell’ambito della I edizione di DinamoFest (info: www.dinamofest.it), festival di musica, cultura e politica che si terrà a Roma, negli spazi della Città dell’AltraEconomia di Testaccio (l’ex Mattatoio). Un’iniziativa “dal basso”, totalmente autofinanziata, promossa da Action, Brancaleone, Esc, Horus e Radio Popolare Roma, che dal 7 al 10 luglio proporrà oltre settanta eventi, dalla musica al teatro, dallo sport ai dibattiti, dalle presentazioni di libri alle mostre, dalle proiezioni alle degustazioni en plein air.
Il lavoro dei quattro napoletani, già passato lo scorso novembre al III Festival del Cinema dei Diritti Umani, è un viaggio nel mondo difficile dell’integrazione in una realtà, come quella casertana, dove camorra e imprenditoria senza scrupoli continuano ancora oggi ad arricchirsi sfruttando il lavoro dei migranti per la raccolta del pomodoro. È un cammino in un passato ancora presente fatto di intolleranza e indifferenza verso le condizioni di vita di migliaia di giovani che tutti i giorni lavorano nei nostri territori senza il diritto alla casa, alla salute, all’acqua potabile, improvvisando una quotidiana resistenza.
Non è un paese per neri pone la storia di Masslo come un drammatico paradigma che arriva fino ai giorni nostri, passa attraverso una delle terre più martoriate della Campania, tocca gli interessi della camorra e giunge fino a Castel Volturno dove “le piazze degli schiavi della terra” restano immutate. Dopo la barbara uccisione di Masslo, l’Italia si svegliò, approvò la prima legge sull’immigrazione, manifestò per le strade. Giornalisti, sindacalisti e politici scoprirono una realtà dura al limite dello schiavismo. Il film mette i ricordi in sequenza, lascia parlare alcuni dei protagonisti, gli osservatori e gli immigrati. Masslo è il filo conduttore per raccontare una lunga vicenda di difficoltà e miseria che arriva fino alla strage di San Gennaro del 2008, quando la camorra uccise sei giovani migranti. Ma la memoria è corta. E la storia dell’immigrazione in questo paese per bianchi forse ancora non è stata scritta.