Martedì 29 e mercoledì 30 alle ore 21 al cineclub Detour proiezione di Scorie in libertà – L’incredibile avventura del nucleare in Italia di Gianfranco Pannone. Martedì 29 incontro con il regista. Appuntamento in via Urbana 107.
Dopo Piccola America (1991) e Latina/Littoria (2001), Gianfranco Pannone fa ritorno nella città natale con Scorie in Libertà per recuperare le fila di un discorso politico, sociale e antropologico iniziato intorno alla metà degli anni Ottanta, quando, assieme ad un gruppo di amici cineasti ambientalisti e antinuclearisti – “la banda del Super8” – , catturava le immagini meno edificanti, edulcorate, e senza dubbio meno note ai cittadini di Latina. Città inquinata dalle radiazioni emesse dalla centrale nucleare costruita nel 1963 a Borgo Sabotino, abbandonata a se stessa, ma, anche, esaltata dallo spirito combattivo dei dissidenti ecologisti, impegnati in una battaglia civile, prima che ideologica, a difesa di un territorio troppo a lungo soggetto alle spregiudicate sperimentazioni del progresso, dai governi nazionali durante il ventennio fascista alle autorità locali negli anni del “boom” e della democrazia cristiana. Il documentario, frutto di una gestazione piuttosto lunga e complessa, è stato presentato all’ultimo Festival di Pesaro e, dopo una sortita a Torino e una brevissima permanenza al Nuovo Cinema l’Aquila di Roma, sembra destinato a percorrere il circuito frammentato ed “elitario” dei festival, pur affrontando una tematica civile tutt’altro che anacronistica e particolaristica, ancor oggi scottante e scomoda per molti. Il punto di partenza di Pannone, è vero, prende le mosse dal dato di fatto dell’abrogazione della proposta di legge sul nucleare a seguito del referendum indetto nella primavera del 2011, ma la sua riflessione si concentra sulla ricerca degli effetti negativi prodotti dall’uso e poi dallo stazionamento dei due reattori nucleari – il secondo dei quali, il “Cirene”, è un impianto a forma di supposta installato nei primi anni Ottanta e mai entrato in funzione – sulla flora e la fauna dell’area circostante, sui danni provocati alla salute fisica e, in qualche modo, alle coscienze degli abitanti della zona.
L’analisi su una realtà circoscritta, microcosmica, come quella del litorale latinense, diviene poi, attraverso l’indagine storica e l’inchiesta giornalistica il riflesso inquietante di un malcostume generalizzato, di un modo di essere, agire e pensare tipicamente – e in toto – “italiano”. Affidandosi prevalentemente alla testimonianza diretta, all’opinione, cioè, della gente comune, di amici, parenti e conoscenti nonché ai pareri degli esperti (uno studioso di agricoltura biologica, un fisico nucleare, un giovane biologo e un politico all’opposizione, fratello del regista) Pannone interroga e si interroga, procede mettendo da parte qualunque pregiudizio, registra una polifonia di voci non sempre concordanti, si limita ad annotare i diversi punti di vista connotando la narrazione di un’impronta diaristica per giungere a delle ipotesi che sanno di certezza soltanto in relazione alla sincerità dell’approccio umano condotto sul campo e di fronte all’obbiettività statistica del dato. Accanto alle metodologie etnografico-antropologiche di studio e documentazione si avvale del composito materiale d’archivio dell’Istituto Luce, “saccheggiato” per l’occasione di numerosi spezzoni di cinegiornali e pomposi reportage dell’epoca osannanti la meraviglia avanguardistica del progetto nucleare come simbolo di modernità e prestigio internazionale; e di alcuni frammenti delle sue pellicole littoriane precedenti, nel tentativo di delineare un quadro storico complessivo che consenta di sollevare dubbi legittimi circa la veridicità e lo spessore del problema, le cause culturali e politiche che lo hanno generato, le responsabilità individuali e collettive. Su tutte, le questioni più interessanti caldeggiate dal confronto con i compagni di viaggio, come Nanni, il gestore dello stabilimento balneare distante poche centinaia di metri dal reattore atomico, sembrano quelle relative al perché della scelta di Latina come luogo deputato alle sperimentazioni energetiche e militari (a un tiro di schioppo dalla centrale vi è infatti un poligono per le esercitazioni): la città manca di Storia e Tradizioni, come afferma il disincantato imprenditore, oppure è vero il contrario, come si chiede il regista in voice off, attribuendo proprio alla storia della città creata “dall’alto”e dal nulla, predisposta quindi ad accogliere le novità del progresso incondizionatamente, le responsabilità della sproporzionata espansione edilizia già a partire dagli anni Cinquanta, dell’abusivismo e, infine, dell’insediamento di ben due stazioni nucleari. E, sempre a partire dalla Storia, stavolta quella nazionale, che fa discendere la sudditanza politica, economica e psicologica del nostro Paese dalle potenze occidentali un tempo Alleate, è così folle sospettare che l’esito del referendum del 1987 sia stato più o meno direttamente influenzato, o comunque strumentalizzato, dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, quest’ultima per di più ideatrice e artefice principale del progetto nucleare in terra pontina?
Gli intenti di denuncia, connaturati all’oggetto stesso della ricerca, assumono tuttavia nel documenario i toni di un impegno civile privo d’indignazione grazie a un’ironia di fondo stemperante cui corrisponde la partecipazione accorata dell’autore in prima persona, spesso presente nelle inquadrature mentre è al lavoro per il film o assieme ai suoi collaboratori, come testimone di un amore sofferto e mai pienamente riconciliato con la propria terra. Serpeggia ovunque, e in maniera costante, la sensazione di una minaccia tuttora incombente: si avverte il pericolo di certe “scorie in libertà”, eredi di un passato con cui occorre fare i conti, che ci obbliga ad adottare un nuovo sguardo sul mondo.
Dal 17 ottobre prossimo Scorie in libertà esce
per una settimana all’Oxer di Latina. Poi tra fine ottobre e novembre sarà in sala anche a Pisa, Padova, Milano, Torino, Vercelli, Gaeta, Bologna.
Presto nuovo aggiornamento.