Poeticamente, Palombella rossa del bel quarantenne che non ha mai gridato cose brutte Nanni Moretti, si chiudeva con il primo piano di un bambino che tenta di imitare degli adulti protesi verso il “sol dell’avvenire” appena sorto sul Circo Massimo: non ci riesce e sbotta a ridere. Il sol dell’avvenire verso cui si protesero senza raggiungerlo, sul finire dei Sessanta, una trentina di ragazzi emiliani di Reggio in rotta con il PCI, non fa ridere: è roba seria. E quegli adulti che, come bambini, hanno imitato uomini e donne più grandi di loro, ne hanno riciclato armi e retoriche a trent’anni di distanza, fanno ancora meno ridere. Che cosa sono le BR (altro che il pasoliniano Che cosa sono le nuvole…) è il titolo del libro di Alberto Franceschini e Giovanni Fasanella pubblicato dalla BUR nel 2004 che tenta di organizzare, da un punto di vista biografico-testimoniale, la cronistoria delle emozioni di massa che portarono alla nascita della (red) star dei movimenti armati italiani: le Brigate Rosse. A partire da queste pagine, Gianfranco Pannone ha tessuto la trama de Il sol dell’avvenire, documentario (tratto da un libro!) invitato allo scorso Festival di Locarno dove non fece neanche in tempo a mettere il naso che già le guardie svizzere di palazzo lo confinarono nel purgatorio della distribuzione italiana. Al sommo vate e Ministro della Cultura Sandro Bondi non piacque l’assenza di contradditorio stile TG1 in regime di par condicio e, raccogliendo lo sdegno delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo, attaccò a mezzo stampa la produzione. Il progetto di Pannone è molto semplice: mettere intorno a un tavolo i “ragazzi dell’appartamento” a quasi quarant'anni di distanza. Come in un convegno, in una conferenza, se non fosse che il tavolo è quello della qualunquissima trattoria “da Gianni” dove avvenne il primo incontro tra i ragazzi dell’appartamento e i milanesi di Renato Curcio. Oltre il mai fuoriuscito Adelmo Cervi (figlio di uno dei fratelli Cervi), solo in cinque hanno raccolto la sfida: tre ex brigatisti, di cui due dissociati ed uno mai dissociato né pentito, un sindacalista e un militante del PD (partito lodato come unione delle forze migliori di cattolici e socialisti). Tutti loro, seppur vicini ai “compagni che sbagliavano”, non scelsero mai l’opzione armata. È il classico castello dei fantasmi nel quale scalpita e freme d’ansia chi subisce il perturbante ritorno del rimosso mentre rimane freddo chi non perde la razionalità d’analisi.
Qualche centinaio di persone hanno avuto l’occasione di vedere il film di Pannone e Fasanella giovedì scorso, unica data, al Nuovo Cinema Aquila e con gli autori in sala, nell’ambito di un minifestival di 25 documentari organizzato dai cineclub Alphaville e Officine come parte delle iniziative collaterali (ma in catalogo) del Festival del Cinema di Rondi. Ed ecco la rimozione del ritorno: il giorno successivo, con un comunicato stampa, la direzione del Festival e il direttore della sezione Extra, Mario Sesti, disconoscevano, in un colpo solo, film e proiezione. Nelle brevi gesta della storia del festival di Roma, prossimo tassello delle magnifiche ere veltroniane a cadere nel dimenticatoio, nell’edizione in cui fanno spettacolo la lotta armata e la Resistenza come guerra civile (i due film tedeschi sulla Baader Meinhof e il nostro Il sangue dei vinti), c’è ancora spazio per un po’ di codardia politica.
Pannone, di mestiere regista, amante del cinema d’autore, esperto documentarista, dopo le belle indagini di Lettere dall’America, Piccola America (con dentro una punta di Genina de Il cielo sulla palude), L’America a Roma e Latina/Littoria, ha speso invece bene il proprio coraggio e la propria creatività. Il sol dell’avvenire non ha pretese di esaustività, racconta un frammento di storia, lo fa senza nostalgia o compiacimento, registra senza commentare. La marca dell’autore lascia tracce pesanti solo in alcuni momenti: la figura ormai istituzionalizzata del “regista in campo” alla Michael Moore (di cui Pannone faceva uso in tempi lontani dal trend) compare solo all’inizio; i videoclip geniali e ironici degli Offlaga Disco Pax si fanno da parte man mano che le parole dei protagonisti si fanno gravi. Non si tenta la razionalizzazione dell’irrazionalizzabile, non si tentano equazioni: ma se i singoli non accettano il passato di altri singoli, lo Stato italiano quando potrà confessare pubblicamente quale fu il suo ruolo negli anni di piombo alla collettività che rappresenta (cossigate a parte)? Certo, non è uno scherzo vedere uomini che hanno sparato e ucciso pasciare in trattoria e cantare insieme “buttiamo a mare le basi americane” di Rudy Assuntino. Vedere che hanno tutti scontato le proprie pene e che ora sembrano un gruppo di pensionati ex-colleghi a pranzo fuori porta nel nome degli ideali che “ci unirono un giorno”. Per la mia generazione, che ha sostituito i compagni di partito con i compagni di Erasmus, è un’esperienza testuale in cascata: dagli articoli di giornale e dai frammenti di telegiornale, alle pagine dei libri, ai film, sembrano mancare le conoscenze comuni. L’esperienza del precariato ha sostituito l’esperienza del conflitto di classe e anche la resistenza da collettiva è divenuta individuale. Quella della pacificazione raggiunta o meno è un falso problema: Il sol dell’avvenire pone altre domande. Mentre laicismo e socialismo sono definitivamente scivolati fuori dal parlamento e mentre la globalizzazione sta per investire anche le economie occidentali noi cosa sappiamo fare? Cosa stiamo facendo? Cosa possiamo fare? Per questo, forse, un piccolo film documentario potrebbe anche essere pericoloso.
non credo che il film sia pericoloso. solo le smanie di protagonismo politico, dico quelle del ministro, hanno trasformato un doc in qualcosa d’altro. come spesso accade, in questo occasioni, il ministro ha offerto pubblicità gratuita al “sol dell’avvenire”. in italia in genere è raro trovare una distribuzione per un doc. la crisi economico finanziaria dovrebbe favorire un ripesamento delle politiche liberista (da regan in avanti), lo spero. non credo però in direzione del ritorno ad un’economia di piano. anzi mi auguro proprio che ciò non accada.
il sole dell’avvenire non c‘è nel catalogo ufficiale del festival di roma. sta in una guida per gli accreditati dove ci sono i ristoranti i percorsi e i titoli di quei film scelti autonomamente dai cineclub. la scelta è di questi ultimi.