Il cast di Easy virtue giunge nella sala Santa Cecilia con rituale ritardo dopo aver percorso un “red carpet” zuppo d'acqua a causa della pioggia caduta copiosamente sull'Auditorium. Guidato da un sorridente Stephan Elliot, regista australiano redivivo, dopo il lontano Priscilla regina del deserto (di nove anni fa), illuminato dalla bellezza di Jessica Biel e privo dell'attore Collin Firth, si accomoda in sala tra gli applausi del pubblico che lo accoglie calorosamente. Easy virtue è “in competition” come informa la guida del programma-proiezioni e la sensazione che si fa largo al termine della visione è che questo spassoso e intelligente film verrà preso in considerazione per il premio finale. Sarà complicato per la giuria ignorare questa deliziosa commedia tratta da una piece teatrale degli anni Venti di Noel Coward e rivisitata in seguito da Alferd  Hitchcock per un adattamento cinematografico. Lui, ne fece un film muto. Ci si chiede come potè il grande regista inglese rinunciare a ciò che appare come il vero punto di forza del film di Elliot, ovvero i dialoghi.

Serrati, affilati, puntuali sono proprio questi a determinare il ritmo della pellicola e a rivelare le psicologie dei personaggi e delle loro relazioni. Nel film (ambientato negli anni Trenta) Jessica Biel (finora conosciuta soltanto per qualche fiction e un po' di gossip) interpreta magnificamente Larita, una ragazza americana di umili origini dall'oscuro e doloroso passato, appassionata di motori, estroversa e anticonformista. Sposa un membro di una nobile famiglia inglese che vive dentro una gabbia di soffocanti regole conservatrici e quando i novelli sposi si trasferiscono nella grande tenuta della famiglia di lui, avviene il cortocircuito dal quale nascono contrasti irreversibili. L'irrompere a piè pari della disinvolta e disinibita Larita nelle abitudini della famiglia mette catastroficamente a confronto due modi di vivere antitetici, uno schiavo delle proprie tradizioni, bigotto, ultraconservatore impersonificato dalla signora Whittaker, madre del giovane (strepitosa interpretazione di Kristin Scott Thomas), l'altro anticonvenzionale, libero, incarnato dalla giovane americana.

Tra battute sferzanti e momenti di irresistibile comicità (La Biel che uccide accidentalmente il cane o lo scabroso can can), il film trascina lo spettatore in un ritmo vorticoso il cui motore non è l'azione, ma la parola, qui elevata al suo massimo valore espressivo. Easy virtue non è certo il primo film che utilizza la formula nella quale l'avvento di una giovane donna nella famiglia del marito la pone in posizione di contrasto con la suocera, il dualismo suocera contro nuora funziona sempre, ma nel film di Elliot il tema acquista spessore in quanto rappresentativo di una più ampia conflittualità di tipo culturale (il tradizionalismo inglese contro la modernità americana), di classe (la prosperità economica della famiglia di lui contro la mancanza di mezzi di lei), sociale (l'inossidabile appartenenza familiare contro lo sradicamento e l'individualismo). Ad assistere a questa gustosa partita giocata a colpi di battute graffianti e humor corrosivo, un coro di personaggi azzeccatissimi che partecipano e parteggiano come l' introverso signor Whittaker (Collin Firth), reduce di guerra, che spara continue battute al vetriolo contro la propria famiglia.

Il tentativo di riconciliazione da parte di Larita impatterà contro l'ostinazione della suocera e la condurrà all'inevitabile scelta finale che riserva una sorpresa. Il cupo paesaggio della campagna inglese dona al film un'adeguatissima atmosfera decadente nella quale vive la famiglia e forse tutta la società inglese di quegli anni, arroccate (siamo a cavallo tra le due guerre mondiali) e incapaci di cogliere i grandi sconvolgimenti internazionali.

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