Nella Mostra del Leone d’Oro alla carriera al bergamasco Ermanno Olmi non potevano mancare in retrospettiva i film del cinema italiano che talvolta hanno raccontato l’Italia del boom economico svincolati dall’ottica romanocentrica dei Ponti, dei De Laurentis e di tutta la sacra carovana che dal ministero porta a Cinecittà. Stringendo ancora il target e soffermandoci sui film che l’hanno fatto in ottica puramente milanese, troviamo la sceneggiatura pasoliniana La nebbiosa che partita come la storia di un accattone della Brianza è poi divenuta il rarissimo Milano nera (1960, oggi edito in dvd in una collana di poliziottesco all’italiana!) di Gian Rocco e Pino Serpi, bellissimo affresco sul disfacimento della gioventù borghese sotto la madonnina, e il titolo di Lizzani tratto da Bianciardi La vita agra (1963) sul minatore kamikaze Tognazzi partito dalla provincia per far saltare il pirellone e presto convertito agli agi della piccola borghesia.
Se però si desidera una storia ambientata a Milano nei primi anni Sessanta e narrata dal punto di vista della base, dell’esercito dei lavoratori che a lacrime e sangue permettevano ai politici di pavoneggiarsi con lo slogan “Milano ovvero l’Italia fra 5 anni”, allora credo che rimangano giusto un paio di titoli: Il posto, prodotto da Olmi con la 22 Dicembre Cinematografica fondata insieme all’amico Tullio Kezich (attore nel film) e Pelle viva di Giuseppe Fina, cineamatore autodidatta con all’attivo solo questo lungometraggio e una partecipazione nel zavattiniano Le italiane e l’amore (1961).
Pelle viva è un ordinato e pacato racconto nello stile del migliore neorealismo sulle centinaia di migliaia di operai pendolari che per anni hanno popolato il capoluogo lombardo solo nei giorni feriali e nelle ore di turno. Scritto insieme a Carlo Castellaneta, i personaggi immersi nelle nebbie di Andrea e Rosaria sono figure di italiani nel passaggio dalla società della terra a quella della fabbrica e dell'emigrazione interna sud-nord. Ragazza madre inibita dalla religione cattolica lei e sindacalista di base lui, attento alle sorti dei colleghi invalidi e ammalati di silicosi, la loro ascesa al paradiso va in direzione di un matrimonio civile e di un portierato nei nuovi palazzi delle periferie (che per una volta non è l’EUR). Teneramente seguiti con aderenza documentarista nella piacevolezza della musicalità del dialetto del nord, Pelle viva evita enfasi melodrammatiche ed esasperazioni politiche perseguendo il solo fine della quotidianità, della fatica, della speranza. Elsa Martinelli, all’epoca già star internazionale, già Orso d’Argento a Berlino nel 1956 con Donatella di Monicelli (a soli 18 anni) e quello stesso anno protagonista de La risaia di Raffaello Materazzo, accettò di lavorare per Fina sottopagata perché affascinata dal copione, “romantico e insieme forte”. Altrettanto il suo personaggio di donna dai lineamenti modernissimi: non si ammala di depressioni di fronte a chi le vorrebbe imporre una fittizia diversità, non subisce, non si arrende.