GRAZIA E MUSICALITA
LOCARNO 74
Con Petite Solange, Axelle Ropert (già in concorso a Locarno nel 2016 con La Prunelle de mes yeux), ci offre un vero momento di grazia.
Raramente il dolore e l’impotenza di un’adolescente che vede la sua felicità infranta dalle decisioni degli adulti sono stati descritti con tanta delicatezza e pudore.
Osservando attentamente la vita emotiva dei suoi personaggi, Axelle Ropert rifiuta il melodramma e sceglie invece la sobrietà. La sua messa in scena può essere paragonata alla partitura di un quartetto d’archi, dove ogni strumento è parte di un unico, armonioso insieme.
Ropert trova il giusto equilibrio sia nella sceneggiatura, meticolosamente dettagliata, che nelle interpretazioni dei suoi attori che, senza alcun eccesso, trasmettono con naturalezza la fragile intimità dei legami familiari.
L’atmosfera di Petite Solange ha un fascino antico e discreto; l’unico aspetto magniloquente del film – una scelta deliberata da parte della regista – è quello della colonna sonora, dominata da una melodia neoclassica irrompente composta da Benjamin Esdraffo.
Ambientando il film a Nantes, città culto del cinema francese, e nel famoso centro commerciale Passage Pommeraye, la regista evoca senza dubbio lo spirito di Jacques Demy. Tuttavia, nella sua sobrietà, Petite Solange è anche un omaggio al cinema in generale. Axelle Ropert, vera cinefila, s’ispira alla Nouvelle Vague, al neorealismo italiano e all’opera di Luigi Comencini, e non è un caso che un poster dell’Incompreso sia appeso nell’aula di Solange.
Solange, la giovane protagonista della storia, è una ragazza di tredici anni, gentile, sensibile, un po’ timida ma piena di vita, sempre sorridente e premurosa. Vive felice e spensierata in una famiglia espansiva e affettuosa: la madre, Aurélia Maserati, è un’attrice di teatro che lavora con una compagnia locale, il padre, Antoine Maserati, è proprietario di un negozio di strumenti musicali e il fratello maggiore Romain (Grégoire Montana), un ragazzo serio e riservato, è uno studente.
In una sorta di preludio, vediamo Solange piangere in classe mentre legge una poesia. Per spiegare il motivo della sua angoscia, la storia riprende qualche mese prima, in una luminosa giornata estiva in cui la famiglia e gli amici sono riuniti nel giardino di casa per festeggiare il 20° anniversario di matrimonio dei suoi genitori. La telecamera inizia il suo viaggio seguendo la coppia mentre si prepara allegramente alla festa. Antoine, interpretato con finezza dall’attore-cantante Philippe Katerine, posa il suo regalo, una sottile catena d’oro, intorno al collo della moglie, mentre Aurélia, la splendida Léa Drucker, gli sorride serenamente. Solange fa del suo meglio per aiutare tutti, felice di vedere i suoi cari tutti riuniti. In un intenso scambio di sguardi, i quattro protagonisti si guardano, rivelando la forza del loro rapporto.
Quando Solange, che adora la sua famiglia, scopre gradualmente delle inquietanti crepe nel rapporto dei suoi genitori, si rifiuta di arrendersi all’evidenza e si aggrappa risolutamente all’idea dell’unità della sua famiglia. La giovane Jade Springer rende meravigliosamente la complessità del carattere fragile ma risoluto di Solange. Axelle Ropert racconta il suo smarrimento con intelligenza e comprensione, passando dalla descrizione di una quotidianità normale fatta di lezioni, passeggiate con la sua migliore amica, shopping, visite al teatro della madre o al negozio del padre, a quella di un crollo totale. Persa nella sua disperazione, la ragazza inizia a vagare da sola per le strade, incapace di accettare che anche l’amore possa finire un giorno. Una sera, sopraffatta da una profonda malinconia, Solange si lascia cadere nel fiume; la sua sciarpa blu emerge per un attimo sulla superficie cupa dell’acqua. Il tempo si ferma. La magia del film sta proprio in questi dettagli fugaci; nella sua capacità di esprimere, con una semplice pennellata, un intero mondo che va in pezzi.
La trama riprende con un’ellissi di qualche mese, vi scopriamo una Solange diversa: matura, responsabile, pronta a perdonare e a iniziare una nuova vita. La graffiante intensità della sequenza finale del film – l’ultimo pasto di famiglia nel giardino della casa già venduta – ci commuove fino alle lacrime.