La storia di Muccino Silvio è sempre quella di un ragazzo che vorrebbe essere quello della porta accanto per pulirsi la coscienza o forse, semplicemente, per rendersi più appetitoso alle conigliette motorizzate, che prima lo guardano ammirate e poi versano nelle sue “casse” i pomeriggi e i sogni facili della loro età. Muccino Silvio si toglie i gradi della sua estrazione sociale e si camuffa da figlio poco amato, lasciato solo al freddo e al gelo dei nostri tempi di disagio, droga e solitudine. Si riempie di fango e barcolla. Urla sofferenza e piange, se c’è da piangere, perché gli uomini veri prima piangono e poi reagiscono.
Silvio rassomiglia a quegli eroi dei film americani che a un certo punto della pellicola toccano il fondo, ma negli occhi mantengono la certezza che ne verranno fuori. Come faranno non lo sai, ma l’esperienza ti fa scommettere sulla loro vittoria. E così fa Silvio quando struscia nella melma e lo picchiano in quattro: incassa silenzioso e immagina come sarà la sua vendetta. Tanto, adesso, c’ha persino il fisico dalla sua: se n’è andato in palestra a farsi i muscoli, che tanto quel visetto d’alta montagna pura e ossigenata, gli garantisce il carattere che lui cerca e preferisce. Non usa pugni per uscire dalla crisi ma quella disarmante presunta onestà convenzionale che la sua giovane età ancora gli consente. La butta sul sentimentale e su quello che fa intenerire le donne. Sgomina a colpi di buoni pensieri i cattivi che paga a comparse e schiva i trabocchetti che si è scritto a tavolino. Alla fine del viaggio lo vediamo finalmente nudo e liscio che s’avvinghia a donne belle e se le bacia, come il più tenero dei pulcini adulti.
“Tromba” da sempre, Silvio Muccino, lui che nemmeno immaginava come fosse fatto il sesso quando il fratellone scrisse insieme a lui il primo di una lunga serie di film. E ogni volta che tromba ci convince che lo sta facendo per amore. Il sesso secco non gli interessa, neanche ci prova, come fanno mille suoi coetanei, a scoprire la via facendo la strada. Lui no, la trova al primo colpo, la strada, e trova pure quell’altra cosa. Che i suoi amici sfigati lo invidiano senza poterlo odiare e i cattivi stanno a terra come Bruto dopo averle buscate da Braccio di ferro. Che però, da vero anatroccolo, trombava Olivia, mentre Silvio, una come Olivia nemmeno la vede. E se la vede le parla e le spiega come fare a essere felice. “Devi ascoltare il tuo cuore”, le direbbe, “guardarti dentro, quelli fuori sono tutti stronzi, gente cattiva”. Poi se l’abbraccerebbe un attimo regalandole uno dei suoi enormi e rassicuranti sorrisi. Lei si innamorerebbe e lui non ci sarebbe più: sarebbe già corso via a cercare quello vero, d’amore. Un amore grande come quello di Come te nessuno mai, fatto su un terrazzo con vista cupole mentre gli altri giocano a simulare il sessantotto. Aveva sedici anni e trombava solo lui, dopo che la mamma voleva portarlo dallo psicanalista perché lo vedeva strano.
Era il giorno più bello della sua vita ma era solo il primo. Ne sarebbero arrivati tanti altri di giorni meravigliosi, con gli amici più vicini alla realtà che intanto soffrivano davvero a causa della loro normalità. Che ne sarà di noi? Gli faceva domandare Giovanni Veronesi quando gli chiedeva consigli per un film che funzionasse sulle masse. Silvio gli rispose che serviva uno sfigato pasoliniano (Elio Germano era perfetto) e un mezzo tontolone buono e onesto per davvero. “E tu?” si incuriosiva il povero regista, “Io trombo, dammi il tempo e un po’ di sacrificio che alla fine trombo, stai sicuro”. Veronesi lasciò fare e gli convalidò il personaggio di un maturando pratino, romano di centro, che si intestardiva con una squinzia più grande e più ricca di lui. Silvio si armò di ossigeno, parole e abbronzatura. Si mise a caccia della preda – il viaggio era lungo fino in Grecia – e agli amici dovette dire qualche bugia. Tanto l’amicizia è bella perché è meno forte dell’amore e puoi fare sempre un po’ come ti pare. Era il leader già da allora, un leader silenzioso e dolce, con la faccia da angioletto e l’ostentazione di mille, scaltre, fragilità. La lotta fu dura ma Silvio vinse ai punti, dopo qualche rifiuto, qualche urlo, un mezzo pianto e un tuffo iniziatico da quaranta metri di scoglio. Il fatto avvenne nella barca del rivale, (tiè!), all’alba di una notte impossibile, faticosa, magica, come solo a vent’anni può essere. Voto sempre alto: dolcezza, sicurezza, durata. Complimenti, punti e vittoria. Lei era Violante Placido: niente male per una “nullità” da vespetta ed eschimo fuori tempo massimo.
Poi, nel primo episodio di Manuale d’amore, toccò alla new entry Jasmine Trinca, una innamorabile a trecentosessanta gradi. La bellezza acqua e sapone che punta tutto sul viso, gli occhi e la voce. Ancora Veronesi, un amico vero. Con Jasmine andò più o meno nella stessa maniera. Sudore, rifiuti, umiliazioni e poi trionfo. Il ragazzo selvaggio, figlio per finta del popolo capitolino, seduceva e conquistava, con la sua bellezza interiore, la ragazza del piano superiore. Un alloggio ben arredato, curato e parlato in italiano.
E sono tre, ma ci voleva qualcosa di più per rendere credibile questo personaggio sospeso tra potere e semplicità, tra educazione e coraggio. Bisognava decidere da che parte stare, perché, gira che ti rigira, qualcuno avrebbe capito il trucco, avrebbe masticato che quella sicurezza era figlia di una formazione troppo sana. Si sentiva puzza dei quartieri bene e l’eroe avrebbe perso la fiducia delle ingenue topoline della periferia. L’amico Verdone giunge in suo soccorso: Il mio miglior nemico. Per la topa di turno non c’è problema: la porta Carlo e poi ormai c’è la fila. Silvio deve soltanto stanarla; ha quasi due ore di tempo. Il gioco è un po’ più duro del solito perché la sceneggiatura prevede che i problemi familiari del ragazzo, stavolta, sono roba seria: la madre beve; il padre non c’è più chissà da quanto. “E dove sta il problema?” rassicura Silvio, “E’ una vita che fatico per trombare, vorrà dire che ci metterò più grinta. E poi mi piace ‘sto ragazzo tosto e sfigato che combatte contro tutto e contro tutti. Mi annulla pure quel fastidioso senso di colpa che mi porto dentro”. Nessun dubbio, nessun problema. Ancora una volta il maschietto tenero e deciso butta giù i paletti della sfortuna e arriva in pompa magna al suo traguardo tutto libidine e cuoricini. Ha sudato sette camicie, corso come Forrest Gump, perso chili e anni di vita. Rischiato mille volte di non farcela, senza aver pensato mai, nemmeno per un istante, di fallire.Intanto, a colpi d’amore ricambiati e rigeneranti, Silvio era diventato grandicello, romanziere e regista. E che ti potevi aspettare da uno che tromba da sempre, quando le decisioni sono tutte sue e nessuno potrà dirgli “Ma, però, stai attento?”. E infatti accade che di donne in Parlami d’amore ce ne sono due: entrambe belle, affascinanti e piene di finta
vita e finta umanità. Il ragazzo è cresciuto in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Attenzione, però, lui non ha nessuna colpa. E ci mancherebbe altro. C’è cresciuto perché i genitori erano due disgraziati che si facevano. Povero Silvio, questo ragazzo è davvero tanto sfortunato. Morale: Muccino innamora tutte e due le donne e tutte e due le assapora da vicino, vicinissimo. Sbaraglia i cattivi vincendo denaro e fustigando i ricchi senza urlare mai. Beato lui, beato questo nostro autore fragile e umano che sa amare la gente e la vita, le cose piccole e grandi del mondo. Silvio, sei un mito, parlaci d’amore, di come si sta al mondo, parlaci di quello che vuoi tu. Sei troppo forte.
Ho appena finito di leggere questa recensione che, per quanto col suo stile mi susciti spesso sorrisi (ma io sono una che apprezza sempre l’ironia e un tocco pungente-peperoncino in una lettura),trovo dal principio quantomeno criticabile. O meglio, dal titolo. Se “Parlami d’amore” doveva essere, l’autore della recensione avrebbe forse fatto bene a “parlarci del film”. Sembrerebbe invece che conosca personalmente il regista,nel qual caso vien da chiedersi se non gli abbia ad esempio rubato la merenda alle medie visto che ce l’ha con lui con tal veemenza..? o non sarà forse che buttare cacca addosso a un ..muccino silvio (che poi si mette il nome prima del cognome pure se sei figlio di Pacino Al) sia il vestito più comodo per riconfermare agli occhi di chi legge la tanto cara immagine da intellettuale(e da snob, che ci si intona)? Caro Edoardo, competenza, passione, cultura ce l’hai, e si vede. Padronanza della lingua pure, e mi inchino. Fantasia poi, non ne parliamo. Ma, a mio avviso, sei uscito fuori tema. Scegliere l’Indifferenza non sarebbe stato meglio? Decisamente stroncato.
Cara R. Il tuo post mi offre l’occasione per chiarire i perchè di un pezzo particolare e un pizzico pericoloso. Non conosco Muccino e la mia riflessione non era per nulla legata alla sua persona. Ci mancherebbe altro. Mi andava solo di ironizzare su un personaggio che salta di film in film quasi alla stregua del Michele Apicella di Moretti, dell’Alberto del primo Corso Salani e dell’Antoine Doinel di Truffaut. E’ innegabile che Muccino sia andato via via sviluppando una cratura transfilmica monotona, un pò furba e sempre più lontana da quella autobiografica che occupava distrattamente il Mamiani. Il problema è che questo individuo di pellicola è caratterizzato una serietà ed una autorialità spocchiose che lo rendono poco digeribile. Mi andava di smontare questa figura con un pizzico di innocua cattiveria, forse con alcuni toni esagerati dei quali io stesso mo sono reso conto riflettendo. Accetto tranquillamente la tua stroncatura e la utilizzo per riflettere sulla mia sincerità e la mia maturità. Spero che lo facciano anche altre persone.
Un saluto Edoardo.
..non c‘è giorno che io non rifletta sulla mia maturità e cresceremo ne sono sicura. quando parli di “coscienza” la sfera personale è implicita.. quando parli di “furbizia” neghi la sincerità di un atto. tutto questo è personale. e se parli di “conigliette motorizzate” e “topoline di periferia”..offendi. ti concedo la spocchia. e per prima io trovo “parlami d’amore”-film, un passo più lungo della gamba per alcuni elementi. ma ci tengo ad avere una vostra recensione del film, fatta da voi di schermaglie che di questo vi occupate. io sono pubblico pagante e niente’altro che questo; ho una testolina che si muove da sola, innegabile. ma voi siete competenti. e quando scelgo schermaglie per leggere di cinema, voglio leggere di cinema. il gossip possiamo farlo nel salotto di casa. il punto è ancora che non ho capito cosa pensi del FILM: regia, fotografia, musica, interpretazioni, atmosfera eccetera..e perdonami ma insisto: ti chiedo una signora Recensione. se credi, bocciami sto film come si deve. stroncalo facendomi aprire gli occhi su dettagli che altrimenti non coglierei. così magari sì le “topoline” di cui sopra distoglieranno ogni tanto lo sguardo da quel ragazzone col fisicaccio, i capelli biondi e gli occhi azzurri. che il cinema è cosa seria. siamo tutti d’accordo. grazie e baci r.
Devi sapere che questo pezzo non era nato come recensione ed aveva un titolo che citava Totò. E’ stato eliminato dopo un consulto redazionale perchè ritenuto troppo colorito. Forse avrebbe aiutato a chiarire il carattere del pezzo, o forse no. Alla fine si è pensato di mettere il titolo del film per catturare l’interesse del lettore ma l’equivoco risulta abbastanza chiaro. Del film penso sia un’opera troppo lussuosa per un esordio, un film vuoto di verità ed imperdonabilmente attento a darsi un tono ed uno stile. Muccino non vuole somigliare ai tanti film che impone il nostro cinema ma non fa nulla per allontarsene davvero. L’autorialità è un’altra cosa. E’ verità, indagine, sguardo, umanità, sincerità. Silvio elimina la commedia ma lascia intatto tutto il resto. Compreso, anzi centrale, il suo eroismo metropolitano. Esclusivamente cinematografico e completamente avulso dal rapporto cinema-vita. E’ innegabile che il Muccino (personaggio filmico) viva per sedurre e conquistare, che l’unica cosa importante della sua vita sia il binomio sesso amore. Non fa piacere vedere che la libertà creativa (quella del regista) non faccia altro che esaltare fino all’incredibile le corde sempre identiche del cinema interpretato, scritto dal nostro. Si potrebbe ringraziarlo per aver provato a dare luci nuove e originali atmosfere al cinema italiano commerciale, e da un punto di vista storico critico questo suo esperimento potrebbe aver segnato un solco. Tra l’altro qualcosa di simile s’era già vista nel film di Wolfango De Biasi, “Come tu mi vuoi”. Parlo del disprezzo con cui erano trattati certi ambienti molto alto borghesi e della presenza della cocaina tra quel tipo di giovanotti. Finora di cocaina nella commedia giovanilistica non se ne era vista. Potremmo ringraziare Muccino, dicevo, ma la sua ossessione è un altra, la storia d’amore ripassata in padella che lo fa volare alto mentre da sotto tutti fanno il tifo per lui. Avrà tempo per maturare, perchè di film continuerà a farne. magari si stancherà presto di questo tema strategia e parlerà di nuove verità che incontrerà strada facendo. Del resto è un ragazzo molto giovane.
Per il resto ripeto, si voleva anche un pò giocare con questo cinema che, se preso troppo sul serio, diventa praticamente inafferabile.
Edoardo.
Faccio un piccolo intervento in questo dialogo davvero molto stimolante per dire che secondo me l’approccio di Edoardo al cinema mucciniano è criticabile per tanti motivi, ma non si tratta di gossip: è un’analisi trasversale del personaggio che Silvio Muccino scrive per se’, e mette a fuoco le costanti di questo personaggio (come facevano i giovani turchi dei cahiers con Hitchcock, Ford, Rossellini o Clozot!). Io non ci leggo attacchi personali, anzi, ma il sintomo di un’attenzione piuttosto seria. In pratica Edoardo ha applicato la famosa “politique des auteurs” a Silvio Muccino! Se fossi in lui, e me ne accorgessi (ma lui dovrebbe accorgersene perché cita sempre la nouvelle vague…), mi sentirei molto gratificato…
io no invece..a meno di non voler vedere sempre per forza del buono in tutto. Tra l’altro, per stessa ammissione di Edoardo, le intenzioni della prima recensione non erano queste e l’attenzione voleva essere tutt’altro che seria. E qualcosa mi dice che Silvio si rallegrebbe ben poco alla lettura delle prime pagine.. “nouvelle vague” va bene, ma io scommetto tutto sulle umane reazioni.. 🙂 Teoricamente affascinante la tua chiave di lettura, è forse pure lei (parafrasando Zaccagnini)completamente avulsa dal rapporto parola scritta-vita.
Edoardo grazie, davvero. Questa sì che è una signora Recensione! Bella. E grazie a entrambi per avermi letto, risposto, ascoltato. D’accordissimo con Giovanna: è stato molto stimolante.. a presto, baci r.
A me il pezzo è piaciuto molto! e non lo dico per piaggeria nei confronti di Zaccagnini.Non si legge molto spesso un articolo così vivace e trasversale, l’antica satira di “Cuore” fa il suo ritorno. giocare in questo modo con il personaggio che ritroviamo in ogni film di e con Muccino Silvio è molto divertente. e non si legge nulla di personale a mio avviso, se qualcuno ha visto un suo film, non può che ritrovarsi divertito in questa lettura. del resto con “Parlami d’amore” fa un cinema commerciale, ci guadagna un bel po’ di soldini e un articoli critico-satirico se lo porta a casa con una certa soddisfazione. Trovo invece qualcosa di personale nei commenti firmati r. piuttosto…
ma detto questo, il titolo doveva essere cambiato. è ovvio che non si tratta di una recensione. Trattandosi di Totò e dal contenuto del testo mi viene in mente che lo scarto fosse “Quel Trombone di suo padre…” riferito a Gabriele sarebbe stato “mi saluti quel trombone di suo fratello” sarebbe stato divertente e di gusto fino, chi non conosce le battute di Toto’? solo a pensarci mi viene da ridere adesso. se poi pensiamo alle battute di Fiorello? Sasha, alias Muccino Silvio, che fonda il club dei miracolati insieme a Moccia e Muciaccia. Mi viene da pensare di essere così disabituati alla satira dal non riconoscerla più e soprattutto dal confonderla con la volgarità e gli sfregi personali…
caro o caro Cabiria (nome o pseudonimo chissà) devo confermare ogni frase scritta nei miei post. le prime pagine di Zaccagnini hanno avuto il merito di suscitarmi sorrisi, e l’ho detto. e in assoluto santa subito la Satira! però no, non funziona.. resto ancora immobile con le mie opinioni, mi dispiace non cambio una virgola. ribadire mi sembra superfluo, non ho nulla da aggiungere e rischierei di annoiare ripetendomi. e con la noia davvero non vado d’accordo 😉 tu insinui piuttosto qualcosa di personale da parte mia. questo mi fa, di nuovo, sorridere, ma mi fa pure alzare il sopracciglio sinistro della perplessità..mumble mumble..e come mai pensi questo? accetterò (anche divertita, ammetto) la provocazione solo se mi spiegherai nei dettagli dov‘è che cogli quel che di personale che dici tra i miei commenti, così esclusivamente rivolti neanche a Zaccagnini, ma a quello che lui ha scritto in smisurata veste di ‘recensione del film’.. comincia tu, spiegami bene tutto, che poi io ti seguo. promesso.