O Curt è tornato a Napoli. La XIV edizione del festival del cortometraggio, ideato e fondato nel lontano 1996 dalla Mediateca di Santa Sofia, ha ripreso vita dopo due anni di blackout grazie alla stessa Mediateca e ai ragazzi dell’Associazione Tycho, con il sostegno dell’Assessorato ai Giovani del Comune di Napoli.

 

Il ritorno della rassegna – svoltasi in 4 giorni, dal 19 al 22 novembre – non ha lasciato indifferenti appassionati e cinefili, né naturalmente gli addetti ai lavori: i sessanta cortometraggi in gara, suddivisi nelle varie sezioni, sono stati scelti tra 1074 (record di partecipazione per il festival), provenienti da tutto il mondo. A presiedere la giuria è stato invitato il regista Daniele Ciprì, particolarmente legato a questa forma di espressione – ha infatti presentato in anteprima assoluta il suo ultimo corto, Il piano, oltre a una serie di lavori di cui ha curato la fotografia, spiegando tra il rassegnato e l’apocalittico, in un incontro col pubblico, come il corto sia a suo avviso l’unica forma di cinema ad avere un futuro.

 

Tra le tematiche delle opere in gara (di qualità media piuttosto alta) il dramma del genocidio curdo nello  struggente Home & Key, l’amara ironia su precariato e disoccupazione dello spagnolo Casitas, l’edonismo e la vanità in Facing off, la bestialità degli istinti umani nell’animazione del raggelante Canis. Premi per Rest is pending di Ho Yin Ng (Hong Kong), una riflessione sulla morte e sulla memoria, nella sezione Internazionale, per Janvier di Pier Paolo Patti nella sezione Napoli, per The Gift del cileno Julio Pot Espiñeira nella sezione Corti Animati, e per AS636NH Ad memoriam di Simona Verrusio, una sorta di elegia funebre per una vecchia auto rottamata, nella sezione Leggerocorto.

 

Le vere chicche della rassegna, però, erano rappresentate da alcuni eventi collaterali. Per esempio, la retrospettiva dedicata a Mikheil Kobakhidze, cineasta georgiano dalla vicenda singolare. Ha infatti al suo attivo appena sei cortometraggi in quarant’anni di carriera: i primi cinque realizzati in patria negli anni Sessanta, l’ultimo in Francia nel 2003. Kobakhidze fu ostracizzato ed emarginato dal regime sovietico, che riteneva il suo cinema troppo lezioso e disimpegnato, non sufficientemente operaio e rivoluzionario. I suoi corti – che alcuni fortunati cinefili partenopei ebbero già modo di (ri)scoprire lo scorso anno, sempre grazie alla Mediateca Santa Sofia e alla rassegna Il cinema al quadrato – delicati, poetici e muti, con una grande attenzione dedicata alla musica, strizzano l’occhio ora a Buster Keaton, ora a Jacques Tati, ora a modo loro alla nouvelle vague che andava diffondendosi in quegli anni Oltrecortina. Va menzionato tra tutti almeno Le parapluie, il cui protagonista è un ombrello che volteggia tra due giovani innamorati, si lascia inseguire da loro per far poi perdere le sue tracce, in una sorta di balletto scandito dalle note di Bach e de La matchiche di Felix Mayol.

 

Altro evento dei giorni del festival – “fuori scala” trattandosi di un lungometraggio – la presentazione in anteprima per Napoli dell’ultimo lavoro di Michel Gondry, Is the man who is tall happy? . Un film, come spesso capita alle opere del cineasta francese, inclassificabile. Un’ intervista al filosofo e linguista Noam Chomsky, in cui i volti degli interlocutori non si vedono se non per brevi istanti, sostituiti sullo schermo da didascalie animate, disegni e colori. Un dialogo, brillante pur se a volte un po’ ostico, sulla lingua, sull’apprendimento, sui ricordi e sulla felicità.

 

Altre manifestazioni di contorno, infine, la mostra Cliciak, dedicata ai fotografi di scena, e quella delle affiches ispirate appunto ai corti di Kobakhidze, realizzate da cinque illustratrici provenienti dalla Scuola Italiana di Comix.

 

One Reply to “‘O CURT – Festival del cortometraggio”

  1. Gondry su Chomsky, Is the man who is tall happy!!?!! Delizia inenarrata. Lo si porti al Detù..lossiporti, ortzù!!!

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