[***1/2] – L’amore per il proprio paese natìo ha spinto il regista etiope Haile Gerima a realizzare un film sui ricordi, sulla memoria di un luogo che oramai è diverso da come lo si portava nel cuore. Nel corso degli anni l’Etiopia ha subito numerosi cambiamenti, da quelli ecologici come l’avanzamento della desertificazione del territorio a quelli causati dalla ritrovata libertà dal colonialismo. Il regista mostra l’errore che si può commettere nel buttare via tutta la propria tradizione convinti di diventare migliori rifiutando il passato. Il messaggio più importante che Gerima vuole dare con Teza è rivolto alle nuove generazioni affinché non prendano per buono tutto ciò che viene da fuori e non combattano tutto ciò che fa parte del proprio paese.
Anberer è un medico che, dopo parecchi anni lontano dalla casa materna, vi ritorna per ritrovare la serenità perduta. La madre lo accoglie a braccia aperte e gli dà molta più considerazione del figlio maggiore, invidioso della posizione del fratello. Anberer è afflitto da incubi che gli lacerano l’anima. Durante la messa in atto di antichi rituali, l’uomo ritrova i ricordi sommersi nel suo inconscio e con essi l’accettazione della sua appartenenza a quel mondo.
Haile Gerima mette in scena le tappe fondamentali della vita del protagonista, e nel farlo delinea un periodo storico costellato da disordini, ribellioni, prelevamento forzato di bambini costretti a mettersi a servizio della lotta. Nonostante il tentativo della famiglie di nasconderli, i soldati rastrellavano periodicamente le case e i più finivano nelle loro mani o ammazzati durate la fuga. Anberer, tornato a casa, assiste impotente a tutto ciò, rivedendo in uno di quei piccoli, il bambino che lui era stato.
Un avvenimento incisivo all’interno del racconto è l’incontro di Anberer col maestro. L’uomo non comprende a cosa serva insegnare a quei bambini, se il loro destino è diventare dei soldati. Il maestro gli fa notare come quei bambini hanno sete di conoscenza e se anche pochi riusciranno a sfuggire al tragico destino, porteranno avanti la memoria collettiva del loro popolo.
La fotografia è calda, la scelta di inquadrare una canoa sull’acqua al tramonto è avvolgente, infonde una pacificazione interiore che il protagonista cerca di raggiungere, e stempera le scene emotivamente più forti e drammatiche. C’è un frammento in cui il regista lascia che la macchina da presa indugi sull’alba, per poi scuotere lo spettatore con le urla di Anberer che si legano all’unisono alla zoommata dell’inquadratura scossa per dare la sensazione dell’inquietitudine che sta provando l’uomo.
I ricordi sono il mezzo attraverso il quale il protagonista si relaziona con i propri desideri e, alla fine, comprende il cammino da intraprendere, visualizzando un modo per poter aiutare il suo paese. Per arrivare alla consapevolezza il regista mostra la difficoltà insita nel protagonista di relazionarsi con i propri ricordi. Sottolinea un rifiuto inconscio iniziale: Anberer si vuole liberare dei suoi incubi.
Teza è la rugiada del mattino, utilizzata dal regista come metafora del risveglio dal torpore in cui l’individuo si ritrova. Il film vuole essere un monito per le nuove generazioni, che subiscono passivamente sia il bene che il male. Unico neo della pellicola è l’eccessivo soffermarsi su alcuni eventi che rallenta l’evolversi della storia, ma ciò nonostante Teza è un film interessante e riflessivo.