Ottimo film confezionato dall’ottimo Moretti. E allora perché non mi è piaciuto?
Non mi è piaciuto il doppio registro comico/tragico. E non perché il comico non possa essere, o meglio non sia, in certi casi, una rappresentazione del tragico -anzi, il comico è per definizione una maschera- è la realtà invece ad essere sempre tragica, e quindi non ci sarebbe nulla di male ad usare il registro comico non per sollevare l’animo dal tragico ma, semmai, a rafforzarlo, a dare maggior risalto alla chiarezza e alla comprensione del tragico.
Ecco, in questo caso a me sembra che il registro comico sia completamente staccato, non aderente alla visione dolorosa della tragedia. È qui che Moretti fallisce. Ad essere tragica non è la morte ma la vita. La morte non è; è la vita che nella sua scarsità di risorse non riesce a rappresentare la simbiosi con l’Assenza, ad esaltare la bellezza del mistero.
Pippo Delbono in “Sangue” scandisce bene questi concetti, è analitico nell’indagare il dolore e artistico nel raffigurarlo, e lo fa con il realismo più vero che si possa immaginare: mostra la vita/morte della propria madre, con un naturalismo e una acutezza assoluti, e il suo dolore è sincero e non è fatto di grandi occhi che inclinano al pianto.
In Moretti la naturalezza, che non è una astrazione dall’intelletto, semmai il contrario, se ne va a farsi benedire. Si fotte nei meccanismi di maniera che si ritrovano (e in questo caso direi stancamente) in molti dei suoi film e che ne hanno fatto un’icona, quasi, della rappresentazione dei tarli del proprio essere borghese, anzi, piccolo borghese, con una mamma insegnante, un padre professore universitario (che dovevano essere delle persone meravigliose) e una casa fatta di corridoi dove perdersi in partite infinite di pallone, dilaniato tra il suo ego e la sua sensibilità.
Moretti è un maestro nel mettere in scena se stesso, le sue manie, le sue fobie, le sue volontà, ed è bravo! È rigoroso , sincero, profondo colto e spiritoso, ma questa volta non basta per avanzare nel corridoio tortuoso della verità, non basta per superare un clichè che voleva, nelle ambizioni del film, essere finalmente oltrepassato.
Durante il film ho provato un continuo senso di fastidio, e forse anche noia, ma la cosa che mi ha maggiormente irritato è stata quando ho riso alla comicità di Turturro. Ho riso perché Turturro faceva proprio ridere e avrebbe fatto ridere se fosse stato usato in qualsiasi altro film, non c’era una relazione vera tra la maschera comica e la realtà tragica.
Di nuovo, siamo nell’ennesimo sapiente gioco morettiano che mette in scena sempre e soltanto se stesso –cosa tra l’altro dichiarata e rivendicata sulla quale io personalmente non ho nulla in contrario – e lo scatto che si vorrebbe compiere, rispetto al già detto e visto è troppo piccolo per fare uscire il film dagli schemi già sperimentati e far esplodere finalmente una forza creativa dirompente. Siamo lontani da Hanneke di Amour e chi sa se Nanni ce la farà mai, certo gli osanna generali e magari il leone d’oro non lo aiuteranno per questa strada.
Vincenzo, mi hai convinto.
Se prima avevo qualche dubbio suscitato dai trailer visti, nei quali è lapalissiano al mondo intero (ma evidentemente non al regista Moretti) che l’attore Moretti proprio non sa recitare, non è proprio nelle sue corde e capacità — ora ne sono convinto.
Proseguirò nella mia igienica “astensione”. Ho già una legittima suspicione sui registi italiani che stava scemando nel momento in cui partecipano a produzioni internazionali, dove fanno fare loro solo ciò in cui sono appunto bravi.
Ma Moretti è, disgraziatamente, Moretti. E il mondo è, sciaguratamente (come dicevi) reale — vale a dire: tragico.
Bel commento, complimenti!