Isild Le Besco è stata senza dubbio una delle personalità artistiche che hanno marcato con la loro presenza la 63ma edizione del Festival di Locarno; splendida ed ambigua eroina di Au fonds des bois di Benoît Jacquot, film di apertura della manifestazione, Isild Le Besco ci ha offerto con Bas-fonds, una delle opere più forti, sconvolgenti e sublimi del concorso internazionale di quest’anno.
La vicenda è stata ispirata alla regista da un fatto di cronaca reale accaduto in Francia nel 2002; l’omicidio gratuito di un panettiere da parte di tre ragazze. Questo evento è stato lo spunto di cui Isild Le Besco si è servita per sondare gli effetti che l’indigenza, l’abbandono, la mancanza di affetto e di educazione possono avere su delle giovani ragazze allo sbando.
Lo studio preciso e spietato di una forma estrema di marginalità diventa nelle mani della regista l’occasione per sviluppare un discorso profondo ed inatteso sulla grazia divina. La coesistenza e lo scontro fra queste due dimensioni costituisce il campo di alta tensione in cui si muove Bas-fonds: il film di Isild Le Besco è violento, sordido e spirituale al tempo stesso.
Il setting della vicenda è un appartamento in una casa disabitata ai margini di un bosco. La sporcizia e il disordine regnano in questo spazio semi-vuoto, dai muri scrostati; il pavimento è ricoperto di spazzatura, resti di cibo, giornali porno e stracci. Dei vecchi mobili; un unico letto in cui le tre ragazze dormono spesso tutte insieme, un materasso macchiato e due vecchi televisori, ne costituiscono l’arredo sommario.
In questo ambiente squallido vivono tre giovani abbandonate a se stesse: Magalì, il capo del gruppo, una ragazza massiccia e turpe che urla, insulta le sue coinquiline e da loro continuamente degli ordini, Marie-Steph, la sua sorella minore, un’adolescente gelosa ed immatura che le obbedisce ciecamente e Barbara, una giovane donna in sé non priva di una certa bellezza, che è la sua amante.
La vita scorre per le tre ragazze secondo una cadenza molto particolare: ottusa e brutale Magalì passa per lo più le sue giornate a letto a guardare dei film porno, Marie-Steph fa le spese e sembra a tratti volere mettere ordine in casa, Barbara infine, l’unica che ha un lavoro stabile – è addetta alle pulizie in una ditta – s’incontra occasionalmente con un uomo e sembra avere, più che le sue compagne, un’apparenza di vita normale.
Perse nell’alcool e in una sorta di animalità regressiva – le scene che ci mostrano il trio mangiare delle lattine di ravioli malamente riscaldate sono fra le più dure del film – le ragazze sono in realtà vittime della loro presunta autarchia. Questa dinamica di gruppo basata sulla dipendenza reciproca, sull’amore ma anche su un complesso meccanismo sado-masochista fatto di sottomissione, gelosia e violenza, è una bomba ad orologeria.
L’esplosione, prevedibile, ha luogo una sera quando le tre ragazze escono per andare a cercare dell’alcol e del cibo; quasi per scherzo si portano dietro un vecchio fucile da caccia. Nel corso di una scena brutale in cui, per puro divertimento, umiliano un giovane panettiere obbligandolo a spogliarsi e cospargendolo di cibo sotto la minaccia dell’arma, Magalì lascia fortuitamente partire un colpo ed uccide l’uomo. Le tre complici si mettono in salvo; di fatto nessuno le cerca, nessuno le sospetta ed in teoria il loro crimine potrebbe restare per sempre impunito se non fosse che quest’evento sembra avere cambiato la loro vita in modo radicale.
Magalì ormai silenziosa, precipita in uno stato catatonico e si disinteressa a tutto e a tutti, Barbara cerca sempre più spesso l’affetto di un uomo conosciuto in un bar, Marie-Steph la spia e vuole vendicarsi in nome di sua sorella. La situazione diventa sempre più insostenibile per questa piccola comunità fuori dalle norme. Quando Barbara si rende conto di essere lei stessa in pericolo di vita decide di denunciare i fatti alla polizia.
L’ultima parte del film ci narra l’imprigionamento, il processo e il giudizio del gruppo: Barbara verrà lasciata libera, Marie-Steph sarà condannata ad una pena di otto anni per complicità, Magalì, dichiarata colpevole, dovrà restare in prigione per vent’anni. Ma Magalì è ormai un’altra persona; l’omicidio è stato per lei un evento catalizzante che l’ha trasformata e trasfigurata radicalmente aprendole il cammino luminoso e pieno di speranza della fede. Il cambiamento nell’intimo della protagonista si riflette in un cambiamento di tono dell’ultima parte del film in cui dominano il pudore, la lucidità, il ritegno ed una chiarezza verbale sobria e tagliente come una punta di diamante.
Il fascino peculiare di questo segmento finale è dovuto anche alla decisione della regista di illustrare il processo dalle quinte del palazzo di giustizia mostrandoci solo le celle in cui sono tenute prigioniere le ragazze ed i lunghi corridoi che le collegano alla sala delle udienze. Su queste immagini le testimonianze del processo sono riportate in voce-off.
Il film si chiude sull’immagine di Barbara qualche tempo dopo il processo: aspetterà Magalì fino alla sua liberazione per vivere con lei il resto della sua vita.
Bas-fonds è anche un film sull’amore, un amore complesso, passionale e assoluto fra due ragazze che sembrano avere trovato l’una nell’altra, in mezzo ad un’esistenza triste, marginale e solitaria una specie di rifugio, un luogo dove posarsi e sentirsi se stesse.
La messa in scena di Bas-fonds è costruita in modo contrappuntistico e si basa sul contrasto fra la quotidianità delle tre ragazze, filmata in un lungo flash-back, con un realismo al limite del trash e delle spiagge visuali che interrompono, di tanto in tanto, il flusso degli venti per trasportarci in un mondo fuori dal tempo.
Con un taglio netto la realtà narrata scompare in una dissolvenza in nero da cui emerge, come dal buio che precede la creazione, una dimensione altra. Immagini di lirica bellezza – un cielo screziato di nuvole, un corso d’acqua, le cime degli alberi – e la voce off di Isild Le Besco calda, profonda, disincarnata, abitano questo luogo in cui l’essere umano si rivolge alla trascendenza in un’ode piena di dolore, di speranza e di gratitudine.
Le cesure intervengono, con un tempismo liberatorio, sempre nel momento in cui la scena che stiamo osservando raggiunge i limiti estremi del parossismo. Senza questi inserti il film sarebbe difficilmente sostenibile. Questi dialoghi della voce-off con Dio compaiono nella prima parte di Bas-fonds in modo astratto e aleatorio, creando un’atmosfera di mistero ma, man mano che la storia avanza, rivelano il loro intimo legame con la diegesi. La storia delle tre ragazze, raccontata come un ricordo ed una riflessione sul passato, si ricongiunge nell’ultima parte del film con il presente; nella sequenza finale la voce off di Isild Le Besco – una voce neutra e non identificabile – si incarna e vien
e sostituita da quella di Magalì in uno struggente apologo davanti ai suoi giudici.
Bas-fonds esprime, con una crudezza inaudita e con una grande dolcezza al contempo, l’anelito umano verso l’assoluto e la dimensione della trascendenza che, come ha spiegato la regista durante la conferenza stampa, è comune a tutte le religioni del mondo; la presenza del cristianesimo nel film è, in questo senso, una scelta contingente dovuta all’appartenenza socio-culturale della protagonista. Bas-fonds è un film che disturba di primo acchito perché mette in scena violenza, degradazione, sordidezza e ottusità bestiale ma di fatto ci propone, attraverso questo cammino, un incontro con la fede. Il personaggio principale è miracolosamente toccato dalla grazia che opera un cambiamento radicale nel suo essere trasformandolo completamente e salvandolo proprio nel più profondo della disperazione e dell’abiezione.
Nonostante la sua giovane età Isild Le Besco è un’artista con una carriera considerabile alle sue spalle. Come attrice ha già partecipato ad una ventina di film fra cui si annoverano gli ultimi quattro film di Benoît Jacquot di cui è diventata la musa. Come regista ha realizzato la sua prima opera, Demi Tarif (2004), una cronaca semi-documentaria sulla vita quotidiana dei suoi fratelli, a soli diciannove anni. Nel 2007 ha girato Charly, Bas-fonds è il suo terzo lungometraggio. L’autrice dimostra qui, oltre alle sue indubbie qualità di messa in scena, una grande bravura nella direzione delle sue attrici; le interpretazioni delle tre giovani protagoniste: Valérie Nataf, Ginger Romàn e Noémie Le Carter, tutte debuttanti, sono di una naturalezza e di una forza sorprendenti.
Bas-fonds ci porta dalle tenebre verso la luce e ci rivela una regista radicale, scomoda, sensibilissima, con un enorme talento.