"C’è scritto che c’era anche Javier Bardem nel premio?” Chiese spiritosamente Elio Germano quando nel 2010 gli venne consegnata la Palma d’oro a Cannes ex aequo con l’attore spagnolo (http://www.youtube.com/watch?v=dWT7DtW0sCA).
L’episodio viene giustamente ricordato da Davide Mazzocco, nel suo bel saggio su Javier Bardem, per dimostrare di quanto prestigio goda ormai, anche nel competitivo mondo degli attori, l’interprete che cominciò nel 1990 con un ruolo secondario in Le età di Lulù (se si esclude una particina fatta a cinque anni per la Tv) e che ha già collezionato un Oscar per Non è un paese per vecchi, la Palma d’oro per Biutiful, due Coppe Volpi a Venezia per Prima che sia notte e Mare dentro oltre a numerosi altri premi internazionali e spagnoli.
La copertina scelta dalla Falsopiano spiazzerà sicuramente qualche lettrice perché mostra Bardem con il caschetto nel ruolo dell’omicida Anton Chigurh, una maschera irresistibile che però depotenzia fortemente il sex appeal dell’attore. Sex appeal e fisicità che furono sicuramente sfruttate nei ruoli di inizio carriera, tant’è che Mazzocco titola il capitolo ad essi dedicato “Nel segno dell’eros”.
I primi ruoli di Bardem vanno dal gigolò di L’età di Lulù a Prosciutto prosciutto dove si divide tra le giovani grazie di Penelope Cruz (sua futura compagna nella vita) e quelle mature di Stefania Sandrelli; da L’amante bilingue dove viene sedotto da Ornella Muti a Uova d’oro ove è affiancato dalla sensuale Maribel Verdù e da Maria De Medeiros.
Viste le prime interpretazioni si potrebbe limitare la valenza dell’apporto di Bardem ad una fotogenia e ad una fisicità esibita (Javier fu anche nelle nazionali giovanili di rugby), ma in realtà la sfida con il proprio corpo e la metodologia interpretativa si rifanno ai grandi modelli del metodo Strasberg nonché al pane, teatro e cinema assimilato in famiglia, in particolare nel ramo materno. Tant’è che proprio a sua madre e agli attori spagnoli dedicherà il suo Oscar.
Sua madre, Pilar la ritroviamo accanto a lui nel film di Almodovar Carne tremula.
Con questo film iniziano quelle che Davide Mazzocco definisce le sue “sfide del corpo”: troviamo Bardem paraplegico e vincente giocatore di basket in carrozzina per Almodovar, dimagrito e sofferente nel ruolo di Reinaldo Arenas, scrittore cubano anticastrista e omosessuale morto di Aids (Prima che sia notte, Schnabel), proletario disoccupato nei Lunedì del sole di Aranoa, inchiodato a letto e desideroso di porre fine con serenità alla sua vita di sofferenze per Mare dentro di Amenabar.
Uno degli aspetti più interessanti del libro è la ricchezza di citazioni tratte dalla stampa internazionale; un utile intarsio di dichiarazioni e interviste a Bardem e agli artisti che lo hanno visto all’opera, che permette a noi lettori di farci un’idea dell’accuratezza con cui l’attore prepara le sue parti, della sua scelta oculata dei ruoli e della capacità di prendere posizione da cittadino, come quando ai premi Goya del 2003 polemizzò contro il governo Aznar per l’intervento armato in Iraq.
Mazzocco, che oltre alla competenza cinefila ha alle spalle anni di giornalismo e di libri sullo sport, scrive in maniera molto scorrevole. Il suo libro, corredato da numerose foto in bianco e nero, la cui stampa purtroppo lascia un po’ a desiderare, ci fa seguire la carriera di Bardem con dovizia di particolari fino ai recenti impegni con Inàrritu e alla nuova opera di Malick ancora avvolta nel mistero, che dovrebbe titolarsi The Burial.
Davide Mazzocco, Javier Bardem. Biutifulactor, Falsopiano, 2011, pagine 200, 19 euro