Questo film non rimarrà nella storia. Sia chiaro, però, diciamolo pure, Lezioni di cioccolato è un film gradevole e divertente senza essere mai volgare. Se non altro per una volta ci siamo liberati di Bahamas, India, Egitto e tutto quello che nel cinema italiano (non) fa Natale. Come pure per una volta ci tuffiamo nelle splendide piazze di Perugia, abbandonando le realtà metropolitane popolate da writers, bulli e maturandi vari, tanto cari a un certo recente filone cinematografico nostrano, che pretenderebbe di analizzarne tendenze e disagi.
Luca, diamogliene atto, sempre più Argentero e meno “del Grande Fratello”, è Mattia, giovane e rampante geometra di provincia, il cui l’unico obiettivo è di sfondare e fare soldi nel tipico modo italico, ossia in barba alle leggi e alle regole; nel suo cantiere, infatti, l’unica legge è lavorare sodo senza lamentarsi e protestare. L’egiziano Kamal non può che adeguarsi al modo di fare senza scrupoli del bel Mattia, ma un giorno cade mentre sta lavorando, da un tetto senza ponteggio; per il geometra potrebbe essere la fine ed è invece l’inizio della sua salvazione. Kamal rinuncerà infatti a denunciare Mattia se il giovane parteciperà al suo posto ad un prestigioso corso della Scuola del cioccolato di Perugia. Mattia dovrà quindi fingersi Kamal, impossibilitato a frequentare il corso a seguito dell’incidente, e riuscire a vincere il primo premio che darebbe al simpatico egiziano la possibilità di abbandonare il lavoro di manovale per aprire una pasticceria. Sarà così che Mattia si separerà da belle macchine, cellulari di ultima generazione e vestiti alla moda per impersonare un perfetto manovale egiziano; e nella scuola troverà persone fantastiche, che gli perdoneranno tutto, che lo sosterranno, che lo aiuteranno, insomma dei veri e propri extraterrestri in tempi di egoismo sfrenato come quelli di oggi. Ne passerà di tutti i colori fino all’inevitabile e finale resa dei conti, ma soprattutto incontrerà l’amore (quello un po’ isterico della bella ma sempre uguale a se stessa Violante Placido) e scoprirà i nuovi valori della solidarietà e del rispetto verso gli altri.
La commedia, dinamica e ben costruita, rappresenta un vero e proprio percorso di formazione e di crescita: lo “stronzetto” che, grazie a eventi che lo travolgono, è costretto a cambiare e a maturare, per diventare alla fine un uomo migliore. Inoltre ha il merito di porre all’attenzione i temi, molto attuali, della sicurezza nel lavoro e dell’incontro tra culture diverse, anche se i differenti spunti appaiono un po’ annacquati nel calderone un po’ scontato, dove molto è già deciso e prevedibile prima di giungere alla metà del film e dove il simbolo dell’Italia può diventare “il gondolo” e quello egiziano la lampada di Aladino. Se in Chocolat le colate invitanti di cioccolato diventavano simbolo di trasgressione nei confronti di una società autoritaria e chiusa, qui sembrano essere esclusivamente funzionali a un bel megaspot per la più nota casa dolciaria italiana: la scena in cui il dottore offre a Mattia una tavoletta di cioccolato per rimettersi in forze richiama alla mente gli attori dei film anni Settanta, che nell’accendersi una sigaretta erano sempre accorti a mettere bene in vista la marca del pacchetto. Insomma se Mattia fosse stato costretto a frequentare un corso di danza anziché di cioccolato, non ci saremmo accorti della differenza. Ma al di là di queste considerazioni rimane un film italiano, che sembra prendere il meglio dalle commedie americane, con la partecipazione di bravi attori sempre “in parte”: Luca Argentero ci sorprende sempre più e riesce ad apparire credibile nei suoi diversi “volti”; Violante Placido è perfetta nel vestire i panni bizzarri del suo personaggio; Neri Marcorè si conferma attore sempre giusto e Hassan Shapi è a dir poco strepitoso (indimenticabile la sua ingessatura). Un’opera fresca e non comunissima nel panorama italiano. E di questi tempi non è poco.