Pa-ra-da di Marco Pontecorvo, figlio del grande Gillo, a cui il film è dedicato, racconta la vera storia del clown di strada franco-algerino Miloud Oukili che nel 1992 è partito per la Romania appena liberata dalla dittatura di Ceausescu ed è entrato in contatto con i cosiddetti “boskettari”, bambini sbandati, senza famiglia, che vivono nella rete fognaria delle città e sniffano colla, conducendo un’esistenza fatta di prostituzione e piccoli furti. Miloud si immerge nei tombini che puzzano di vomito e urina e con la sua ostinazione riuscirà a regalare a quei bambini un’idea diversa di vita e di futuro, strappandoli a un destino di distruzione: insegnerà loro i suoi trucchi da circo e, tra mille intoppi, avendo contro la polizia corrotta, le Ong troppo burocratizzate e la malavita locale metterà in piedi uno spettacolo in una piazza di Bucarest e l’anno successivo a Parigi. Dal 1992 l’associazione Parada, che dà il titolo al film, ha salvato più di mille ragazzini rumeni dalla vita di strada; il regista, al suo primo lungometraggio, ha scelto di fare questo film dopo aver letto su un giornale la storia di Miloud: è riuscito a mettersi in contatto con lui ed è volato in Romania dove, per dieci giorni, ha vissuto in prima persona l’esperienza devastante dei tombini.

Il film alterna momenti anche divertenti ad altri fortemente drammatici e punta dritto al cuore, sollecitando l’emotività dello spettatore, ma riesce a sfuggire al pericolo della retorica attraverso una rappresentazione realistica, anche se romanzata, e non pietistica delle vicende dei protagonisti come lo stesso Pontecorvo ha dichiarato : “Credo che in alcune situazioni ci sia uno sguardo carico di affetto, ma ho sempre cercato di allontanarmi dalla retorica e dal voyeurismo sulla violenza che si trova per strada. Non ho voluto suscitare un sentimento di pietà verso i ragazzi, vorrei che lo spettatore li amasse o odiasse come qualsiasi altro personaggio di un film. La loro vita è varia e oscilla tra cose positive e negative”. Per far questo, il regista ha utilizzato per gran parte del film macchina a mano e teleobiettivi. La macchina da presa insegue senza soluzione di continuità le innumerevoli peripezie dei bambini, i loro salti, le corse, le esplosioni di gioia e di rabbia in un ritmo a tratti incessante a tratti, al contrario, estremamente disteso come quando indugia a fissare i volti, gli sguardi, gli occhi che conservano intatta l’innocenza, anche quando l’innocenza è stata brutalmente strappata.

Presentato all’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, nella Sezione Orizzonti, il film è stato accolto da una vera e propria ovazione, convincendo e commuovendo il pubblico della sala Grande alla presenza di tutto il cast, con oltre dieci minuti di applausi che hanno sommerso i visi stupiti e anche un po’ disorientati dei piccoli protagonisti. E c’è da scommettere che altrettanto successo il film riscuoterà nelle sale grazie alla sua capacità di strizzare l’occhio allo spettatore, senza risentirne in sincerità. La sceneggiatura si basa, infatti, su un plot tradizionale che prevede inizio, sviluppo e punto di rottura, poco prima del lieto fine che giunge, prevedibilmente, quando tutto sembrava essere andato in fumo. Inoltre, nonostante il personaggio di Miloud non venga idealizzato e sia presentato, al contrario, anche con tutti i suoi dubbi e i suoi limiti, è indubbio che eserciti un fascino particolare, un leader carismatico, che ci riporta alla memoria personaggi che sono cinematografici e che abbiamo già incontrato altrove, come quel professor Keating dell’Attimo fuggente, capace, alla pari del nostro protagonista, di indicare nuove strade da percorrere. Insomma, Pontecorvo dimostra di saper il fatto suo confezionando un bel film che non disdegna il grande pubblico, e che tuttavia si mantiene sempre al di qua della deriva melodrammatica, capace di coinvolgere lo spettatore fino all’inevitabile applauso finale.

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