Aspettando Gran Budapest Hotel in arrivo nelle sale italiane il 10 aprile, sabato 5 aprile al cineclub Detour in Via Urbana 107 (Roma): Fantastic Mr Anderson! Serata organizzata in collaborazione con Schermaglie di proiezioni inedite e riflessioni ai marigini sul cinema di Wes Anderson. Alle ore 19.30 Verso GRAN BUDAPEST HOTEL, Aperitivo con Wes Anderson (proiezioni di cortometraggi), ore 21.00 Rushmore (Usa 1998).
I cineasti, o forse sarebbe più corretto dire gli autori, capaci di creare attraverso le loro opere un proprio “mondo” (Fellini, Burton, Kaurismaki), regalano a noi spettatori questo immaginario personale facendolo diventare presto anche nostro: parlano molto di sé per parlare delle paure e delle gioie di tutti.
Wes Anderson è tra questi. Il suo personale mondo cinematografico è geometrico, perfettamente ricostruito nella finzione scenica, popolato di figure bizzarre, non comuni. Studenti di college folli di gelosia, ex campioni di tennis votati al suicidio (figura ricorrente anche nella letteratura americana postmoderna), oceanografi a caccia di fantomatici squali-giaguaro, scout dodicenni in fuga d’amore. I personaggi (nel senso proprio di persone singolari) sono infatti al centro del suo cinema, mostrati dall’autore sempre con grazia e indulgenza in tutta la loro vulnerabilità, incarnano i nostri difetti vale a dire la nostra umanità.
Dopo il suo esordio nel 1996 con Un colpo da dilettanti (estensione di un corto presentato due anni prima al Sundance Film Festival) Wes Anderson delinea il suo stile col film successivo, quel Rushmore che vede per la prima volta la presenza di colui che diventerà poi il suo attore-feticcio: Bill Murray. Qui, rispetto all’opera prima, c’è già un’attenzione maggiore nel tratteggiare i protagonisti, una cura per la storia e per l’impianto scenografico nonché per una messa in scena più rigorosa. Tutte caratteristiche che avranno pieno compimento nel suo terzo e forse più noto film, I Tenenbaum, dove un sorprendente Gene Hackman interpreta la pecora nera della bizzarra famiglia del titolo, un padre senza scrupoli, immaturo e bugiardo che tuttavia alla fine supera per vitalità (e umanità appunto) tutti gli altri componenti della famiglia -una famiglia in cui il QI corre di pari passo con una sofferta originalità, un po’ come accade nella famiglia Glass (con i suoi “bambini eccezionali”) descritta da Salinger in quasi tutti i suoi libri.
Insomma, tra i registi americani della generazione degli attuali quarantenni, Wes Anderson è senza dubbio tra i più interessanti, di sicuro il più originale. Le sue tenere commedie venate di malinconia divertono e commuovono con una tale leggerezza da rappresentare in fondo una novità nell’ambito del cinema contemporaneo d’autore, spesso abbastanza lugubre.
Ora sta per uscire la sua ottava fatica nel lungometraggio The Grand Budapest Hotel. Ma nonostante la oramai riconoscibile poetica, che Anderson ha costruito fin nei minimi dettagli film dopo film, in Italia purtroppo non sono ancora usciti studi monografici dedicati al regista. E per noi “viziosi di cinema” ci sembra una lacuna da colmare al più presto.
Wesss. Semplice, attonito, laconico anche quando nevrotico..come schwartzman (o wilson, o stiller, o hackman, o defoe, o norton) dignitoso pretendente alla soavedova olivia, che tanto qualcuna mi ricorda..come d’altronde la claire di Shopgirl. Impasto sonoro di musica e silenzio, di arie e parole e scarni goffi gesti e sguardi carichi della malinconia degli asceti ipersociali.. Solo Wes, al pari di Jim, può valorizzare un viso privo di qualità quale quello di Bill..che tiri le cuoia nella stanza dove s’entra solo con sforzo di fantasia dei Limits o venga evocato dalla Oli che sibila all’alter ego reciprocoinverso 15/40N suo fischermax (suo di lui 40/15N)..: “You’re both little children!!! Nella geometria nauseata ipnotizzante dei saloni, cricketprati, teatri, sale-da-bagno, ballatoi, pagliai, sotto-marini, ovo-vie, trenini, rupi-tarpee, cime svettanti.. Grazie Wes.. siano ancor, li tuoi girati, tanti!!!