Il regista giapponese Sakaki Hideo presenta la sua ultima opera, The Accidental Kidnapper, alla dodicesima edizione dell’Udine Far East Film Festival (appena concluso) dove è stato premiato come vincitore l’originale Castaway on the Moon di Lee Hey-jun, seguito a breve distanza di voti proprio da The Accidental Kidnapper. Sakaki ha iniziato la sua carriera cinematografica da attore, per poi avvicinarsi alla regia, che oggi è la sua passione più grande. Questo è il suo terzo film e racconta la storia di Date Hideyoshi, un ex carcerato, che cerca di farla finita inutilmente. Questo perchè un ragazzino si è infilato di nascosto nella sua macchina: Densuke ha sei anni e racconta a Date di essere scappato di casa e di non volervi tornare. All’uomo viene un’idea, orchestrare un rapimento chiedendo un riscatto alla famiglia del bambino che sembra provenire da una famiglia molto ricca. Date promette al bambino di portarlo con sé a fare visita alla nonna. Nel frattempo chiede a Densuke di prestargli il cellulare e chiama la famiglia del bambino. Date pensa di essersi sistemato e che tutto filerà liscio. Infatti in breve tempo riesce a organizzare lo scambio, ma quale sorpresa quando si vede inseguire da alcuni uomini in nero, che altri non sono che degli yakuza? Date scopre così che il padre di Densuke è un gangster, cosa farà ora?
Sakaki riesce con abilità a creare variazioni narrative, mescola comicità e dramma con intelligenza, dando vita a un film raffinato, divertente che emana tenerezza, posizionando tutto nei tempi più opportuni. All’incontro con la stampa al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” era presente insieme al suo produttore.
Cosa l’ha portata a diventare regista?
Ho fatto l’attore per molto tempo, ma non riuscivo a viverci. Ero spesso nervoso e mi sono trovato coinvolto nell’alcol, ne bevevo quantità eccessive. Un giorno un’amica mi ha consigliato di sfruttare la mia creatività e il tempo libero che avevo a disposizione in modo produttivo. Questa è stata la ragione che mi ha spinto a occuparmi di cinema in prima persona e a fare film autoprodotti. Ho trovato che fosse molto interessante. Ho appena finito di girare il mio quarto film. Non ho imparato a fare il regista in qualche scuola specializzata, ho imparato sul campo. Ammetto di non conoscere tutte le regole del linguaggio cinematografico, ma amo questo lavoro e cerco di approfondire sempre ogni aspetto, facendo del mio meglio.
Cosa mette nei suoi film, quale esperienza vi viene incanalata?
Ogni film che realizzo rappresenta un lato interiore di me, un lato della mia umanità. Ciò a cui sono interessato è che vengano raccontati i rapporti umani che si avvicinano alla mia sensibilità. Metto situazioni che mi piacciono e che scaturiscono da me. Quando mi chiamavano per interpretare un ruolo ricoprivo sempre quello del cattivo, non potevo scegliere, come regista ho libertà di scelta.
Ho iniziato le riprese di The Accidental Kidnapper poco prima che mio padre venisse a mancare. Abbiamo parlato di alcune sequenze, come quella sotto il ciliegio fiorito, perché volevo la sua opinione. Questo film è un requiem per mio padre. Quello che ho voluto sottolineare nel film è come un rapitore diventi un padre fasullo, ma sincero. La palla rossa, del finale, rappresenta il cuore del protagonista. Con l’atto del rilancio si vuol delineare il sentimento che prova. Il mio punto di partenza per il film è stato mio padre a cui piaceva la pioggia, dato che in Colazione da Tiffany ha visto nella pioggia un caldo sentimento.
Ci sono film che hanno influenzato il suo lavoro o che semplicemente lo hanno fatto crescere come regista?
Sakaki Hideo: Le influenze da parte di altri film ci sono state. Per un lungo periodo sono stato a digiuno di cinema, quando ho iniziato a vedere film per imparare dai grandi non ho più smesso. Tra i tanti ho visto “La strada” di Federico Fellini e quelli di Clint Eastwood, tutti film che mi piacciono e che hanno influenzato il mio sguardo.
Nel film lei interpreta il ruolo del più cattivo. Perché questa scelta?
In Giappone mi è successo di tutto e di più, in periodi anche ravvicinati. Ho dovuto affrontare un’altra problematica, oltre la perdita di mio padre. Un attore molto più famoso di me doveva impersonare quel personaggio, ma ha commesso un crimine (l’attore Oshio Manabu è stato arrestato per droga nell’agosto dello scorso anno ndr) ed è finito dietro le sbarre. Per riuscire ad andare avanti con le riprese, si è cercato con la produzione di vedere come risolvere il problema. Mi ero ripromesso di non fare l’attore in questo film, ma mi sono assunto la responsabilità di portarlo a temine e così ho interpretato quel ruolo. Il film non doveva andarci di mezzo. Il peccato non è il peccatore.
Produttore: Il budget era un po’ basso, ma Sakaki è riuscito a volgere le sfortune in fortune.
Come si è trovato nell’utilizzare una Red Camera per fare le riprese?
A noi giapponesi piacciono molto i film in pellicola 35mm. Per questo film mi hanno proposto di usare la Red Camera che si trova a metà strada tra una 35mm e una ad alta definizione. Ci ho pensato, non ne capivo i dettagli tecnici, ma mi son detto proviamoci e così è stato.
Cosa hapermesso di decidere alla casa di produzione, la Kadokawa Pictures, di produrre il film?
Produttore: Il film possiede delle tematiche internazionali e quindi poteva essere ben recepito da tutti, occidentali e orientali. La Kadokawa Pictures ha creduto in questo film e ha messo ogni sforzo per produrlo.
Per fare fare film autoprodotti, qual è l’iter che deve seguire?
Per tutte le pellicole ho cercato di fare tutto da me, in tutto ciò che rappresenta la fase decisionale. Per scegliere il bambino adatto mi sono affidato a un’audizione, ma ho visionato e scelto io quello giusto. Seguo il processo decisionale dall’inizio alla fine. Faccio io le telefonate agli attori, come agli addetti al lavoro, il budget risulta contenuto e faccio il film come io lo vedo. L’opportunità di presentare The Accidental Kidnapper all’Udine Far East Film Festival è molto bella, e non è detto che non chieda dei finanziamenti per il mio prossimo film al Festival o a singole persone. A me basta una macchina da presa e della gente per fare un film.