Qualche timore a mio avviso Spielberg ce l’aveva nel riportare sullo schermo per la quarta volta Harrison Ford nei panni di Indiana Jones, dopo ben 27 anni dal primo episodio, e così nel film finisce per metterci molto più cervello che cuore ed istinto, ma il risultato è sicuramente di ottimo livello. Infatti ,di fronte alla possibilità di ripetere un prodotto di successo, ma che forse poteva risentire del trascorrere degli anni, Spielberg decide di organizzare per lo spettatore un bel viaggio premio nel suo personale immaginario cinematografico costruendo una storia nella quale vengono attirati, come fossero preda dello stesso campo magnetico che ogni tanto appare nel film a caratterizzare alcuni oggetti simbolici, pezzi della storia cinematografica sia di Indy, sia dello stesso Spielberg. Così ritroviamo la presenza degli extraterrestri di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, l’Arca dell’Alleanza proveniente da primo IJ (abbandonata in un magazzino militare ultraprotetto) e l’amica rivale di Harrison Ford, Karen Allen, nelle vesti di “donna della sua vita”, in compagnia addirittura di un simpatico ragazzetto che scopriamo essere frutto della loro relazione, da cui Indy era ovviamente fuggito alle prime avvisaglie di routine, in perfetta coerenza con il suo personaggio. Ovviamente essendo un film tutto – o quasi – di testa, è costruito in maniera ineccepibile con effetti speciali e montaggio sempre incalzanti e strumentali ad un racconto avvincente. Forse possiamo aggiungere che con gli anni Spielberg ha molto migliorato le parti cosiddette di collegamento tra un inseguimento nella giungla ed uno in motocicletta tra i corridoi della sua università, evidenziando dialoghi molto più credibili ed un’ironia meno grossolana. Decisamente divertente poi l’ambientazione storica in piena guerra fredda, in cui tutti fanno i conti con i sospetti di spionaggio e connivenza con la pericolosissima ideologia “comunista”, con il povero Indiana che ad un certo punto si trova nel bel mezzo di un esperimento nucleare, abbandonato in una città fantasma costruita per verificare l’effetto dell’esplosione di una bomba atomica. Ma si salva?? Certo che si salva, l’episodio poi è solo marginale rispetto alla ricerca del teschio di cristallo incalzato dalla spia Sovietica Irina Spalko interpretata da Cate Blanchett.
E qui c’è da dire che Spielberg si concede una botta di cuore creando nella dottoressa, allieva prediletta di Stalin, un personaggio dotato di una carica erotica formidabile, pur restando perfettamente inserito in un blockbuster per famiglie. Cate Blanchett nel ruolo assegnatole, appare con un caschetto nero corvino alla Louise Brooks, vestita sempre con una tuta da lavoro aderente quanto basta e con una piccola ed elegante falce e martello sulla schiena sormontata dalla scritta CCCP, stivali neri e, all’occorrenza – vale a dire quando si occupa personalmente di convincere Indy a collaborare – guanti neri quasi sino al gomito. Se questa non vi sembra un’epifania sessuale costruita ad arte… allora forse siete fatti di pietra o il carisma della “dominatrice” è uno stato mentale che proprio non vi appartiene. A mio avviso Spielberg non la pensa così e a creare il personaggio della diabolica spia si è divertito come un matto. Avendo a disposizione la Blanchett poi…. Ecco forse a questo punto qualcuno deciderà di accompagnare il figlio al cinema solo per questo, ma credo che sia grosso il rischio che si appassioni molto a tutta la vicenda e per giustificarsi tiri ancora fuori la storia che in fondo anche Truffaut è stato interprete di un film di Spielberg, in cui il poeta del mondo dei bambini ha lasciato il suo testimone (almeno per questo ambito) al bambinone americano geniale creatore di E.T.
Che Spielberg abbia scelto la Blanchett avendo in mente Marlene Dietrich? Almeno un po’..