Cecilia Mangini è una specie di istituzione nel panorama cinematografico italiano, soprattutto di un certo tipo – più raffinato e impegnato -: è lei la prima donna a girare documentari nel dopoguerra in Italia; è lei l’autrice di capolavori come Ignoti alla città (1958) e La canta delle marane (1963); è lei che ha raccontato così bene il periodo compreso fra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, un periodo in cui il nostro Paese era profondamente diviso tra il boom economico, tipico del dopoguerra, e le forti contraddizioni sociali, tipiche anch’esse di una nazione traumatizzata e in lotta per la ripresa.
Questa volta Cecilia prova a mettersi in viaggio insieme ad un’altra regista, Mariangela Barbanente (Ferrhotel, 2011) e sceneggiatrice (L’intervallo di Leonardo Di Costanzo ad esempio), con la quale è intenzionata a condividere un racconto on the road su come sia cambiata la loro terra, la Puglia, rispetto a alla stessa terra raccontata dai suoi documentari cinquant’anni fa. In viaggio con Cecilia viene scelto come Evento speciale per aprire il 54° Festival dei Popoli e solo allora si rivela per ciò che realmente è. Non un viaggio fisico per i luoghi dei ricordi e delle radici, ma un viaggio psicologico, riflessivo, mentale, sulla Puglia oggi, sull’Italia oggi, che alla fine non sono poi così diverse da quelle raccontate dalla regista nei suoi primi lavori. Quanto meno le problematiche sono rimaste le stesse: il rapporto fra progresso tecnologico e abbandono della ruralità, delle tradizioni, dei valori. Una contraddizione fra industria e civiltà che non potrebbe essere più attuale nel tempo in cui, nell’estate 2012 appunto, un giudice decreta che Taranto è una città in ostaggio dell’inquinamento prodotto dall’acciaieria ILVA e ordina l’arresto del proprietario, Emilio Riva. Il viaggio a questo punto diventa interno a noi, non più esterno, diventa un modo per ragionare, per mettersi in discussione, per ascoltare ciò che le persone hanno da dire su questa faccenda.
“Il film è cambiato in corsa perché la realtà ci ha sorpreso”, raccontano le registe. “Siamo partite con l’idea di raccontare come un territorio è mutato in 50 anni – in un confronto tra due sguardi diversi e grazie alla testimonianza dei documentari girati da Cecilia negli anni ’60 – ma quando siamo arrivate a Taranto, e poi a Brindisi, le due città, seppure in modo differente, si sono rivelate un laboratorio di quello che stava succedendo nell’intero Paese e ci siamo buttate nella mischia: abbiamo parlato con le persone che incontravamo, ci siamo confrontati con la loro storia”, confessano. Un viaggio emotivo, fatto di memorie passate, testimonianze presenti e riflessioni per il futuro. Si alternano immagini di oggi ai lavori di ieri della Mangini, questa base di partenza è rimasta fissa, per cui vediamo spunti tratti da Brindisi ’65 e Tommaso (1966), più specifici sul problema della industrializzazione meridionale, e da Comizi d’amore ’80 (1982, realizzato insieme a Lino Del Fra) e Essere Donne (1964), concentrati invece sul ruolo della donna in una società così diversa dal passato e in costante mutamento.
Due voci fuori dal coro. Due voci femminili che urlano con forza. Due donne in viaggio. Due visioni per un’unica riflessione. Per un unico Paese, in viaggio con loro.