Sabato 17 Maggio l’inedito Limits of Control al Cineclub Detour (Via Urbana 107, Roma) è il film proiettato per la nuova serata Cineapertivo sotto lo schermo organizzata da Schermaglie e Detour. L’appuntamento è alle ore 19.30 per apertivo e alle 20.45 Limits of Control (vo con sottotitoli).
Sono più interessato ai momenti in between, gente che aspetta un taxi piuttosto che gente in un taxi” (Jim Jarmusch).
Dopo il suo primo film, Permanent Vacation, Jim Jarmusch voleva farla finita col cinema e tornare alla sua prima passione, la musica (faceva parte del gruppo punk rock Del Byzanteens). Ma poi aveva trovato il denaro necessario a produrre Stranger than Paradise, aveva vinto Locarno e la Camera d’Or a Cannes ed era per forza di cose tornato sui suoi passi: da allora non ha più smesso di fare cinema. Con un ritmo di una pellicola ogni tre quattro anni, il regista di Akron (Ohio) ha messo su in trent’anni di carriera una filmografia invidiabile composta di autentici cult (Daunbailò, Dead Man) e perfette prove d’autore come Ghost dog: Il codice del samurai e Broken Flowers fino a The limits of control, autentico punto di non ritorno del suo cinema in cui a una nuova libertà visiva si contrappone un lavoro di sottrazione sulla trama e sui personaggi sino a rendere il tutto maggiormente ambiguo quanto enigmatico.
Quel “minimalismo jarmuschiano” che l’ha reso famoso fin dagli esordi tra i giovani autori dell’ underground newyorkese anni ’80, è fatto di uno stile essenziale (specie nei primi lavori la messa in scena predilige campi lunghi o totali con una macchina da presa per lo più fissa, poco o nient’affatto mobile), fresco, riflessivo; un universo popolato di figure bizzarre dalla vita sospesa, precaria, in perenne viaggio verso mete assolutamente vaghe e incerte (“L’unico modo di abitare il territorio sembra dunque quello di percorrerlo”) dove l’umorismo diventa strumento necessario a sdrammatizzare la malinconia di cui sono intrise le sue storie.
“La gente dice che esiste un numero limitato di possibili storie, e che sono già state raccontate tutte. Credo che questo sia sostanzialmente vero. Ma ciò che mi affascina è il fatto che la prospettiva nei confronti della vita di ogni singola persona è individuale e diversa da quella di chiunque altro. Il mio interesse sta in quelle minime differenze di prospettiva e circostanza. Quelle differenze, e le sfumature dei contorni, sono le cose che più mi eccitano nel fatto di vivere su questo pianeta”.
Dal B-movie americano agli autori europei (Bresson, Dreyer, Godard ) e giapponesi (Ozu, Mizogichi), il cinema di Jarmusch si è nutrito di questi referenti per creare uno stile personale, fiero della propria indipendenza produttiva e in questo certamente figlio del New American Cinema degli anni ’60 che ha avuto tra i suoi padri John Cassavetes.
(Le dichiarazioni di Jim Jarmusch sono tratte da: Chiara Renda, “Jim Jarmusch. Il fascino della malinconia”, Le Mani, Recco – Genova 2008).
JJ. Semplice, attonito, interstiziale essenziale anche quando logorroico..come il benigni dei notturni taxisti omologo del parigin de bankolè, a scarrozzar bonacelli stordito quasi come la omologa passeggera beba dalle. Impasto sonoro di musica e silenzio, di ritmo e di parola e scarni e goffi movimenti e sguardo carico di significato anche quando perso nel vuoto.. Solo Jim, al pari di Wes, può valorizzare un viso privo di qualità quale quello di Bill..che tiri palledagolf nella piscina di Rushmore o porga AirdePanache a monsieur Gustav H..ovver sussurri..:“I know you walk..” all’azotoliquida Jessica nei Broken Flowers che la gelosofuriosa Chloe gli sbatte addosso al suon di..: “MisterJohnston..forgot your flowers!!! Nella contreplongee dei tanti troppi Coffee ben + che doppi al pari delle Cigarettes..sovrano orchestrator de’ dialoghi tra i male assortiti cugini cougan/molina..o degli ineffabili white stripes di tesla discettanti.. Grazie JJ..siano ancor, li tuoi girati, tanti!!!