Il secondo film è sempre un problema. E’ un appuntamento per chi lo aspetta, oltre che per chi lo produce, e per chi spera sempre in un prosieguo dell’opera prima. Questo è ciò che è avvenuto con Il mattino ha l’oro in bocca, seconda fatica di Francesco Patierno. Questo film è molto diverso dal primo, Pater Familias, ma non per questo è un film brutto o non riuscito, come hanno scritto in molti.
E’ la storia personale di Marco Baldini, o meglio del personaggio Marco Baldini, un uomo che incontra il mondo del gioco e contemporaneamente ascende alla carriera di speaker radiofonico. La sua è una personalità doppia, capace di incappare in strozzini portatori di pericolosissimi debiti e di lavorare in radio con Fiorello per far ridere mezzo paese. Questo è il personaggio sdoppiato che hanno raccontato Patierno e insieme a lui Elio Germano, straordinario nel cogliere la “pazzia” e, se vogliamo, la spregiudicatezza di un personaggio come Baldini: il suo coraggio raggiunge il limite dell’incoscienza, i paradossi cui il gioco spinge. La regia è al servizio di questa storia e non molla mai il ritmo, riuscendo a farci affezionare a ogni personaggio, anche negativo o fuori di testa, come lo strozzino Umberto Orsini, e a tenere insieme un manipolo di personaggi a dir poco strampalati, senza esitare a scendere fino in fondo… il fondo che prima o poi arriva nella vita di chi gioca, di chi si dichiara malato di gioco e che ammette di non poter guarire, ma solo di astenersi.
Il mattino ha l’oro in bocca è un film riuscito nella rappresentazione del circo della vita, perchè se sei malato di gioco, questa diventa ancora più estrema e ti fa dimenticare anche la pietà per te stesso. Si giunge così a una scena precisa nel taglio, nelle inquadrature e nella metrica recitativa, all’unico segno di cedimento umano e sentimentale del Baldini giocatore, in cui il protagonista è costretto a guardare in faccia il problema mentre suo padre gli offre i sacrifici di una vita trasformati in un assegno che lo aiuterà a uscire dai debiti. La ruota del circo si ferma, non c’è più spazio per ridere, c’è il bambino cresciuto che si rende conto del punto a cui è arrivato con la sua malattia. Per chi volesse vedere come può essere rappresentata la pietà, questo è un esempio. Per chi va al cinema a guardare un film, ne Il mattino ha l’oro in bocca c’è un bel racconto, per chi vuole andare a vedere Francesco Patierno che fa il secondo film non c’è racconto. Mi spiego meglio: nel leggere le recensioni su questo film (per lo più su internet) sembrava che tutti andassero a vedere il suo secondo film avendone leggiucchiato su trama e contenuti. E come sempre avviene rispetto alle aspettative, ecco che si incappa nelle delusioni… eh sì… succede anche nelle migliori famiglie! Ma la mia sensazione di spettatrice cui è piaciuto Pater Familias è quella di aver letto recensioni di gente che voleva vedere qualcosa di ben preciso. Spesso credo che alcuni critici farebbero meglio a mettersi dietro la macchina da presa e girare una volta per tutte quel film della loro vita che non riescono a vedere nei film degli altri. Qualche esempio. Primo: si è scritto che doveva essere un film sugli anni ’80 e che invece gli anni ’80 non c’erano… ma chi l’ha detto? Ma quando mai solo perché un film è ambientato in un`epoca deve mostrare a 360 gradi quel periodo? La prima deduzione è che si avesse voglia di vedere un film sugli anni ’80. Secondo: si è detto che Patierno non è riuscito a raccontare il mondo della radio. Dunque in un film non ci si può soffermare sul mestiere del protagonista, in questo caso Marco Baldini e il suo ambiente lavorativo? C’è bisogno della musica, della radio a gogò? Senza aggiungere che quello che contava era l’ascesa di Baldini in un mondo esclusivo e ricco, fatto per pochi insomma. E invece no! Bisognava parlare più della radio: vorrà dire che c’è nostalgia anche di un film sulla radio.
E’ sicuramente giusto che un autore sottoponga la sua opera alla critica e al pubblico e che questi abbiano la libertà di giudicare, ma è anche vero che bisogna lasciare a Patierno, in questo caso, la libertà di raccontare ciò che lui vuole e non ciò che ci si aspetta che lui faccia. In pochi infatti hanno colto un altro aspetto importante del film: la difficoltà nel raccontare personaggi e vicende ancora contemporanee. Questo aspetto mi ha incuriosito sin da quando ho sentito del progetto e trovo che l’equilibrio incontrato dal regista non sia affato forzato nel film. Anzi, una nota personale e positiva, nel cast, va all’interpretazione brillante e sobria di Dario Vergassola, attore rivelazione tra i “comici”. Anch’io come cinefila ho commesso degli errori di valutazione, anche enormi. Quando uscì Il Caimano per esempio, ero furiosa, perché ero stufa della “pappetta Berlusconi” e mi aspettavo un film altrettanto incazzato, qualcosa come Viva Zapatero!, e invece Moretti mi ha spiazzato mettendo in primo piano il dramma umano rispetto a quello politico. Ho reagito malissimo, ovviamente. Di recente l’ho rivisto e mi è molto piaciuto. Ho apprezzato soprattutto la delicatezza tra i racconti privati e quelli politico-criminali dei personaggi. Forse questo capiterà anche a qualche critico tiepido rivedendo Il mattino ha l’oro in bocca tra qualche tempo. Forse.
un film orribile… trama inconsistente e recitazione da cani (eccetto quella di Vergassola)
non so se peggiore del film ‘senza filtro’, anche lì con personaggi di radio deejay…