Dalla Grecia.
Da un po’ di tempo sentivo fare da vari professionisti del mondo del cinema dei commenti molto positivi sul Festival di Salonicco e così, incuriosita, ho deciso di recarmi nel mio paese d’origine per conoscere da vicino questa manifestazione. Se non fosse stato per il Festival di Salonicco avrei vissuto gli eventi di questi ultimi giorni, da lontano, alla televisione, da spettatrice. Quanto sta succedendo in questo periodo in Grecia ha messo noi tutti qui in uno stato d’animo che è difficile descrivere: una situazione d’urgenza, piena di contraddizioni, di confusione, di paura, di rabbia, un clima di tensione inusitato che nessuno di noi aveva vissuto dalla fine della dittatura in poi. Il flusso della vita quotidiana è entrato in subbuglio e nessuno è veramente in grado di prevedere quando, ma soprattutto come tutto ciò andrà a finire. Il mio resoconto sul festival di Salonicco (che si è svolto dal 14 al 23 novembre) è stato ritardato ed inibito da queste circostanze straordinarie. Passata la prima ondata di sconforto penso che, proprio adesso, sia ancora più doveroso mostrare anche un altro volto della Grecia. Come ha dichiarato Despoina Mousaki, direttrice del festival, in occasione dell’inaugurazione: “In periodi di crisi il cinema diventa ancora più necessario”.
Il Thessaloniki International Film Festival, che vanta 49 anni di esistenza, si è sviluppato negli ultimi anni in modo notevole diventando una manifestazione importante a livello internazionale con delle sue caratteristiche specifiche che la differenziano da altri eventi del genere. Evidentemente il festival apre le sue porte alla produzione greca ma è diventato, nel corso del tempo, anche la vetrina privilegiata per una serie di filmografie nazionali un po’ decentrate rispetto all’Europa occidentale. Trovano qui un loro spazio i paesi dei Balcani, la Turchia, la Romania, i paesi del Medio Oriente. Thessaloniki è un festival competitivo che premia il migliore film con l’Alessandro d’oro – ed una somma di 37.000 Euro- ma conta nell’insieme 23 premi, molti dei quali rappresentano un prezioso sostegno finanziario per i loro vincitori. La competizione internazionale, e questa è un’altra particolarità del festival, accoglie quasi esclusivamente delle opere prime e seconde diventando così un luogo di scoperta dei nuovi talenti di domani. Fra i 14 film in lizza quest’anno c’erano delle prime mondiali come Selda di Paolo Villaluna e Ellen Ramos e dei film che avevano fatto il loro debutto in altri festival: Hooked di Adrian Sitaru, Voy a explotar di Gerardo Naranjo e Una settimana soli di Celina Murgia visti a Venezia, Laggiù di Abdolreza Kahani, Three blinde mice di Matthew Newton. Comune denominatore di queste proposte: una visione innovatrice del cinema, un linguaggio personale, una sensibilità per i problemi sociali e politici e, come si è gia detto, dei registi giovani ancora poco conosciuti al grande pubblico.
Despoina Mousaki che dirige il Thessaloniki Film Festival dal 2004 ha saputo riconoscere l’importanza di arricchire la parte artistica della manifestazione con la presenza di un mercato. L’Agora é diventata nel frattempo un vero polo d’attrazione per i professionisti del settore che accorrono a Salonicco da diverse parti del mondo per l’atmosfera conviviale, la grande professionalità delle strutture e un’ospitalità indimenticabile da parte dell’organizzazione del festival. Oltre al mercato vero e proprio l’Agora ospita varie altre iniziative: Crossroads, un forum di co-produzione, il Balkan Found, che offre dei finanziamenti per lo sviluppo della sceneggiatura e Work in progress, una struttura che permette ai registi di film in via di produzione di ampliare i loro contatti. Il punto forte del festival è ovviamente la sua programmazione molto ricca e variegata che si articola in una serie di sezioni specifiche: Programma ufficiale/Competizione internazionale, Indipendence days, Cinema greco 2008, Forum sperimentale, Occhiate ai Balcani, Focus, Retrospettiva internazionale, Retrospettiva greca, Cinematografie nazionali, tutte all’insegna della qualità artistica, della ricerca formale e dell’innovazione. Il festival privilegia le produzioni indipendenti e dà molto spazio ai talenti emergenti, ma al contempo presenta, con una serie di retrospettive degne di nota, anche dei grandi maestri del cinema. All’onore quest’anno erano: i Fratelli Dardenne, Manos Zacharias, un regista greco che ha girato quasi tutti i suoi film in Unione Sovietica, e l’artista sperimentale ungaro Ivan Ladislav Galeta.
Una sezione che ha galvanizzato l’attenzione è stata quella dell’Indipendence days organizzata da un giovane programmatore di talento, Lefteris Adamidis, che ha saputo presentarci quanto di più interessante ci ha offerto quest’anno il cinema indipendente nel mondo. Mi limiterò a citare, a titolo indicativo, Gabbla di Tariq Teguia, presentato a Salonicco in un nuovo montaggio, l’eccezionale Serbis di Brillante Mendoza, El cielo, la terra e la lluvia del giovane cileno José Luis Torres Leiva e il lavoro appassionante dell’americano Azazel Jacobs: The GodtimesKid e Momma’s Man. Due interessanti retrospettive completavano questa sezione: una dedicata all’opera di Osumane Sembene e una a quella di Terence Davies. Maestro eclettico e discreto, Davies ha fatto quest’anno il suo ritorno sugli schermi a Cannes, dopo ben otto anni di assenza, con Del tempo e della città uno straordinario documentario poetico fatto di materiali d’archivio su Liverpool, sua città natale. Questa retrospettiva, affiancata da una Master class del regista è stata per me uno dei momenti più preziosi e commoventi del festival.
Il festival ha saputo attrarre degli artisti di fama mondiale venuti non solo per presentare i propri film ma anche per offrire al pubblico una Master class di due ore. Abbiamo così avuto l’occasione di sentire parlare del proprio lavoro: Takeshi Kitano, Oliver Stone, Luc Dardenne, il già citato Terence Davies e l’attore Wiliam Dafoe, protagonista del nuovo film di Theo Angelopoulos La polvere del tempo, presentato in anteprima mondiale a Salonicco. Il festival é affiancato inoltre da una serie di manifestazioni parallele: tavole rotonde, dibattiti con il pubblico, concerti, esposizioni di video-arte e di fotografia negli antichi bagni turchi della città e, ogni sera, una festa aperta a tutti! Quest’ anno la manifestazione ha accolto in undici giorni più di 160.000 spettatori registrando quotidianamente il tutto esaurito. L’entusiasmo e l’interesse era tale che le sale erano spesso stracolme con gente in piedi e seduta per terra: un pubblico giovane, appassionato, curioso, composto soprattutto da una folla di studenti – Salonicco è la città studentesca per eccellenza in Grecia – ma anche da molte persone che avevano preso una settimana di ferie per potere assistere alle proiezioni. Anche la magia del luogo contribuisce alla popolarità di questo festival: le sale e i vari edifici della manifestazione sono quasi tutti ubicati negli ex-magazzini di un molo del vecchio porto di Salonicco. È uno spazio molto suggestivo immerso nel mare con una vista splendid
a su tutta la città dove, fra una proiezione e l’altra, si passeggia, ci si incontra facilmente, si scambiano commenti sui film e si beve salepi, una bevanda calda tipica del luogo.
Le palmares dei vincitori non ci hanno deluso: l’Alessandro d’Oro è stato attribuito a Over there di Abdolreza Kahani, un film in bianco e nero, formalmente molto interessante che riesce a fondere in un insieme omogeneo una tensione sotterranea costante con un linguaggio poetico di rara finezza ed una grande vena di umanità. Over there, censurato in Iran, é la storia di Payman, un giovane uomo che ha solo dieci giorni di tempo per rinnovare la sua Green card, ma non riesce a lasciare il paese a causa dei suoi problemi di coppia con Leila, sua moglie. L’Alessandro d’Argento è stato vinto da Pescuit sportiv (Hooked) del regista rumeno Adrian Sitaru. Il film ci racconta la vicenda di una giovane coppia la cui gita domenicale si trasforma inaspettatamente in un incubo. La messa in scena di Sitaru riesce a dare ampiezza e profondità a questo dramma psicologico interpretato magistralmente dalle due giovani attrici Maria Dinulescu e Ioana Flora, premiate entrambe per la loro prestazione. Il premio Fipresci è andato a Voy a explotar del messicano Gerardo Naranjo. Opera prima molto personale, il film, già notato a Venezia (Orizzonti), ci narra la tragica storia di due adolescenti in rivolta e riesce a coinvolgerci pienamente nel suo mondo fatto di indomito furore e di grande tenerezza. Vorrei citare infine le due cerimonie di apertura e di chiusura del festival, le migliori che io abbia mai visto finora: un vero spettacolo, perfettamente organizzato, senza sbavature, senza noia, un autentico “viaggio” cinematografico.
Il bilancio del festival è dunque tutto positivo: io, l’anno prossimo, ci ritornerò!