Cavalo Dinheiro/ Un confronto dopo la proiezione e l’incontro con il regista

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  • Questo topic ha 1 risposta, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 2 anni, 5 mesi fa da Fabrizio Croce.
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    • #10097 Rispondi
      Fabrizio Croce
      Amministratore del forum

       Sara Marullo

      Il film di Pedro Costa non mi è piaciuto, non dal punto di vista estetico ma di contenuto. Ho fatto un intervento a riguardo, durante il confronto con il regista. Spero di non essere stata troppo negativa ma la negatività, il nichilismo del film mi ha sovrastato.
      Comunque mi piacerebbe parlarne

      Serena Soccio

      Anche io l’ho sopportato a stento, duro e oscuro con un piacere quasi sadico verso lo spettatore (a proposito dell’altro) e in fondo non ho capito cosa volesse comunicare a parte l’estenuante difficoltà dei capoverdiani. Anche esteticamente seppur ricercato e contaminato dall’arte contemporanea e ascrivibile anche al cinema dei volti (le riprese quasi allucinate dei visi alla Dreyer),  l’ho trovato pesante, anche poetico a volte, ma di un lirismo eccessivo che abbatte. Ho tirato un sospiro di sollievo alla prima musica capoverdiana e sperato che risollevasse almeno per un momento le complesse sfumature di quel popolo e invece …

      Stefania Bonelli

      A me è piaciuto molto invece..forse per certe opere è necessario andare oltre la dialettica mi piace/non mi piace. E’ un film complesso, ancora non mi è chiaro molto di ciò che voleva esprimere, di un notevole impatto formale e emotivo. Davvero concordo con molto di ciò che ne ha scritto Maria Giovanna sul sito.

      Non sono d’accordo invece con l’obiezione che gli hai fatto tu Sara. Per quel che ho capito del tuo intervento posso dirti che: l’universale di cui tu accennavi fosse mancante il film, qualora fosse questo il problema, c’è eccome. Nella condizione dell’essere umano come misero e reietto, nella ricerca di senso e di identità quando tutto si è perduto che tutti noi possiamo ben vedere anche sotto casa;

      Nel modo di porsi presuntuoso di Pedro Costa attraverso questo film, beh, ancora meno mi trovo in accordo. Il suo atteggiamento ieri al Detour sofferente, dimesso, empatico e da anti divo lo ha contraddetto con evidenza.

      Sara Marullo

      Usare il termine universale si riferiva alla  fruibilità del messaggio e della visione da parte di un pubblico “non addetto ai lavori”, un pubblico che non si sente compiaciuto nel decodificare un messaggio espresso in modo anche criptico e simbolico,  a cui non piace sottoporsi a un giudizio martellante su quanto e come l’Occidente sia colpevole, questo  senso di colpa cattolico con cui facciamo i conti da secoli. Un modo di contrapporre la realtà tra vincitori e vittime, tra chi è stato sfruttato, diseredato, manipolato e costretto al silenzio e gli altri, noi uomini bianchi felici e saziati dall’ingordigia del dominio. Quando si trattano certi temi  si dovrebbe considerare anche l’altro che ti guarda, a come  percepisce il tuo prodotto, e come l’altro, che non è il possessore di una multinazionale ad esempio, può essere un povero cristo  schiacciato da poteri e dinamiche più forti di lui.

      Dov’è l’empatia, spiegami, quando mi consideri al pari di Alex di Arancia meccanica e mi sottoponi a due ore di straziante dolore che non ha via d’uscita perché mi ritieni colpevole ?. Il buio, la costrizione, e il buio, solo buio. Una spirale , un tunnel oscuro senza via d’uscita.
      Quale pensiero può stimolare, se non la morte, l’impossibilità di un riscatto, di una salvezza. Un pensiero nichilista…
      Costa ha parlato di critica all’occidente, l’ha detto lui, ma questa critica a chi doveva arrivare?
      Non riesco, e probabilmente non sono neanche in grado, di capire quanto sia innovativo il suo modo di girare, o non girare visto che ritiene che la fotografia, l’immagine ferma, sia la più consona ad esprimere la sua idea di cinema, questo almeno ho capito. Però anche tale ricerca estetica non mi ha convinto, proprio per la sua ripetitività e immobilità.
      Non mi è piaciuto e lo grido forte, non mi è piaciuto anche se sono sempre aperta ad accogliere altri punti di vista, altri stimoli.
      Devo confessare che sarà difficile trasformare il malessere  provato durante la visione, non me ne sono andata prima della fine soltanto per onestà intellettuale e umiltà, pensavo che ci fosse qualcosa che mi era sfuggito, che non avevo colto, e che forse potevano esserci delle svolte, diversi sviluppi nella narrazione.
      L’empatia del regista, poi, non mi è arrivata, neanche questo. Forse il mio giudizio è superficiale, ma tutti noi ci siamo fermati a un giudizio  meramente estetico, e la sua faccia triste, mono espressiva, priva di entusiasmo che altro poteva dirmi?
      Stefania Bonelli
      Cara Sara,

      nessuno viene costretto a vedere un’opera d’arte. tu puoi arrivare a fare tutte le critiche che vuoi, quello che ti contesto in questo tuo argomentare è spiegare ad un regista quello che avrebbe dovuto fare. uno crea, l’altro critica. l’universale non appartiene a nessuno, tanto meno a noi che ne contestiamo l’assenza in un film. se non ti piace un’opera la puoi criticare, alzarti e andartene a vedere altro. tutto qui.
      Sara Marullo
      Cara Stefania no eri stata tu a suggerirmi di esprimere le mie critiche direttamente al regista?

      Stefania Bonelli

      Certo! ben venga la critica, è quello il “nostro” mestiere. il suo è quello di fare film..

      Sara Marullo

      Comunque stefania non mi sarei mai permessa di dire al regista cosa deve fare, non ho mai fatto un film.

    • #10101 Rispondi
      Serena
      Ospite

      Scrivo al volo da una piazza (bella piazza), e forse un po’ confusamente perdonate, per dire che sono d’accordo con sara e ne abbiamo parlato a lungo e che la recensione di Maria Giovanna mi è sembrata molto più bella piena di speranza e generosità rispetto al film. Però forse quello che mi sembra rilevante ora e che forse trova un collegamento tra chi ‘critica’ -scrive e chi riprende, sia la difficoltà di trovare un linguaggio consono a rappresentare il momento storico critico in cui ci troviamo (e che non a caso ha tratti comuni con gli anni della contestazione foss’anche solo nell’intenzione, se proprio la rivoluzione non si riesce a fare). Mi sembra peraltro come faceva notare giovannella alla scorsa riunione possa essere un’indicazione di una riflessione che attraversa il cinema (vari autori che vagano irrequieti tra fiction e documentario, tra digitale arti visive e pellicola) e arte in genere. Una crisi che ci investe su più piani formale e semantico e per questo mi sembra che Costa abbia fatto un po confusione (forse il progetto era ambizioso) e si sia nascosto dove non arrivava, in una ricerca estetica che attingeva altrove e non sia riuscito a domare quel ‘cavallo’ (che prende il nome di denaro – capitale) che continua la sua corsa pazza verso la distruzione. Però mi sembra doveroso rivendicare e incoraggiare invece una fortissima spinta alla resistenza che l’Europa tenta a più riprese di manifestare e di cui l’informazione non parla molto e nemmeno il cinema a quanto pare, o non ancora per lo meno. Mi sembra un passaggio fondamentale, epocale e capisco che sia difficile maneggiare e provare a comprendere e a restituire una sostanza così complessa come la realtà che attraversiamo. Però proviamoci per lo meno con un’attitudine più propositiva e incoraggiante che in questo film a me personalmente è mancata tanto.

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