Disse Indro Montanelli dei bordelli: “Le uniche istituzioni italiane dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto”.
Quando nel 1958 la senatrice Merlin pose fine alla legittimità del mestiere più antico del mondo qualcuno maliziosamente la definì una legge spacca-famiglie. Perchè nell’Italia conformista degli anni cinquanta, per dirla alla Moretti, le prostitute garantivano, nell’ipocrisia familista di quell’italietta provinciale e ancora contadina, il soddisfacimento sessuale di mariti ufficialmente monogami, ma segretamente fedifraghi e deboli di carne. Case chiuse, il documentario di Filippo Soldi, passeggia attraverso la storia provando a capire più che spiegare, il mistero che avvolge le bottegaie del sesso. Ed è proprio entrando nelle stanze dell’antichità, prima che il cristianesimo si producesse in una delle più decisive invenzioni della storia dell’uomo, il senso di colpa, che gli autori iniziano il viaggio della lussuria a pagamento. Gli ornamenti parietali ritraggono scene erotiche, penetrazioni e falli giganti nei bordelli costruiti a Roma, dove l’esercizio del meretricio veniva assolto anche dagli uomini. Come nell’antica Grecia. Ma nella Roma imperiale la sessualità doveva essere strumento di dominio e sottomissione. In corrispondenza con la potenza dell’impero. Dei lupanari del Foro vi sono ancora i resti.
Il film compie il suo viaggio attraverso le varie epoche storiche evidenziando il peso sostanziale che le prostitute hanno sempre avuto nelle diverse società, alternando il piano archeologico con uno sguardo deciso sul presente. E allora la macchina da presa si incunea nei corridoi del piacere dell’Artemis, a Berlino, dove Safina ci spiega il suo lavoro. Lo ha cambiato perchè quello di segretaria d’ufficio era noioso e poco remunerativo. Le prostitute sono figure eversive, come gli artisti. Le puttane e gli artisti. Un connubio saldo, come dicono le scene raccontate in Roma di Fellini, l’aneddotica ridanciana di Tinto Brass, le avventure precoci di un dodicenne Lando Buzzanca. Si sorride quando sono gli scrittori, i registi, gli avventori, per i quail i bordelli sono stazioni del piacere prima di rigettarsi nel binario sicuro della normalità, a raccontare l’epica erotica delle eroine della carne. Ma se la voce si fa graffiata e il tono abbandona il farsesco, se sono loro a raccontare le proprie storie, le prostitute, allora non si ride più. I loro racconti sono finestre verso la disperazione, la sofferenza, l’abbandono. Le loro vite grondano di disperazione nelle lettere inviate alla senatrice Merlin, dopo la legge del’58 che porta il suo nome. Paura, disorientamento, rassegnazione. Filippo Soldi affida le loro parole alle voci di Piera Degli Esposti e Mariangela d’Abbraccio. E’ un momento commovente del documentario.
Il dibattito sulle case chiuse è ancora aperto e forse lo sarà per sempre, ma il regista non concede spazio a posizioni politiche e ideologiche, piuttosto tenta di mettere insieme sguardi e testimonianze per cercare di capire, ovviamente senza riuscirci, il mestiere e il mistero più antico del mondo.
Caro Andrea, davvero un bel articolo, mi piace anche il tuo stile.
Il viaggio che ci fai compiere nel descrivere il doc è interessante.
Un unico appunto faccio, nel rispetto della tua sincerità e della cultura umana. Il “senso di colpa” di cui parli non è affatto un’invenzione cristiana. Anzi. E’ molto più antico, risale ai nostri padri greci che con Platone hanno introdotto una scissione tra il mondo spirituale e quello materiale, attribuendo a quest’ultimo un valore minore se non un disprezzo in alcuni passaggi.
Nel cristianesimo il corpo ha la stessa ed identica vitale importanza dello spirito.
Detto questo, mi sento di aggiungere che la sessualità cristiana e sicuramente anche umana non devono certo passare per un lupanare per essere soddisfatta. La mercificazione del corpo è un concetto umanamente ed eticamente da respingere non credi? Ne sono un esempio le signorine Bunga Bunga che tanto ci colpiscono di questi tempi. Sarebbe stato interessante (forse ma non lo so perchè non ho visto l’opera di Sordi) concludere con questa appendice, magari citando Lorella Zanardo. Chissà…
Comunque sono molto curiosa di andare a vedere questo documentario. Grazie!