Piuttosto fiduciosa nelle capacità di scaltro regista di genere di Michele Soavi, acquisto l’ultimo biglietto disponibile al Festival di Roma per Il sangue dei vinti, incuriosita anche dal fatto che il film è tratto dal discusso libro di Giampaolo Pansa e che è previsto un dibattito. Arrivederci amore ciao, l’ultimo film di Soavi, in fondo era un film cupo, ma interessante e pieno di trovate di regia. Ci vuole un certo coraggio per affrontare un tema scottante come le vendette partigiane sui repubblichini sconfitti – mi sono detta – vale la pena andarlo a vedere. Certo, una delle motivazioni per fare il film deve essere stata anche la speranza di attirare il pubblico con le polemiche, tuttavia mi faccio trascinare lo stesso. Arrivo in sala e una voce annuncia gli ospiti del dibattito successivo, che saranno moderati da Antonello Piroso, direttore del Tg de La7: oltre ad attori, produttore, regista, sceneggiatori, ci sarà Giampaolo Pansa, Savino Pezzotta, Miriam Mafai, Maurizio Gasparri… già è chiaro da questo parterre che il film sarà un elemento molto marginale del dibattito… comunque, vediamolo questo film.
Il protagonista è Michele Placido, un poliziotto piemontese di stanza a Roma che, anche in piena guerra, decide di continuare a cercare gli autori dei delitti, senza immischiarsi nella politica. Al contrario dei due fratelli più giovani, che invece scelgono di arruolarsi su fronti opposti: il fratello (Alessandro Preziosi) coi partigiani, la sorella (la brava Alina Nedelea) con quelli di Salò. I genitori (Giovanna Ralli e Philippe Leroy), invece, cercano orgogliosamente di non schierarsi. Finirà malissimo, per questa famiglia: i genitori saranno costretti al suicidio per scampare alla vendetta di una brigata partigiana e la sorella, ormai sconfitta, si ritroverà a sparare il colpo fatale al fratello mentre sta portando, tra la folla festante, la bandiera rossa della vittoria. Sarà fucilata insieme a molti dei suoi camerati e il suo corpo verrà gettato in una fossa comune. Michele Placido, unico superstite della famiglia, non si darà pace fino a che non ritroverà il corpo della sorella.
Dalla trama, solo in parte ispirata ad alcune storie raccontate da Pansa nel libro, si evince che gli sceneggiatori, Dardano Sacchetti e Massimo Sebastiani, si sono barcamenati come meglio potevano per cercare di raggiungere un impossibile equilibrio: già la scelta di un protagonista come Placido (personaggio di fantasia), integerrimo poliziotto che anche di fronte alla morte dei genitori si tiene equidistante dalle parti in lotta, denuncia questo imbarazzo. Per il resto il film, che risulta davvero scombinato nel voler tenere insieme troppe cose, si limita a farci vedere che in quella che da sempre si chiama guerra partigiana di liberazione (ma molti sostengono che fu guerra civile vera e propria), furono molte anche le vittime dei partigiani, i quali non esitarono a fucilare i prigionieri dell’altra parte, né a compiere azioni punitive contro povera gente che magari aveva la sola colpa di avere un figlio repubblichino. Tutto questo è atroce, ma fa parte della guerra e, a parere di chi scrive, è del tutto chiaro che i combattenti partigiani, che pure hanno fatto benissimo a prendere le armi perché non c’era altra scelta con i nazisti in casa, non erano tutti stinchi di santo e che si sono macchiati certamente di delitti gratuiti.
Questo per quanto riguarda il contenuto, diciamo, caldo politicamente: al di là di ciò però, dispiace dirlo, non è un buon film: i dialoghi sono troppo esplicativi, letterari, a tratti retorici (il poliziotto Placido cita addirittura Sofocle parlando con un soldato!), tutta la sotto trama che riguarda il delitto romano e che ha per protagonista Barbora Bobulova si lega malissimo con le altre storie dei due fratelli e la regia, seppur curata e corretta, si distacca poco da una fiction di buona qualità – d’altronde il film non è altro che la versione breve della fiction in due puntate che andrà in onda sulla Rai nella prossima primavera. Il finale poi, con Placido che si commuove vedendo un fiore nato dalla zolla di terra nella quale la sorella è sepolta, è davvero troppo.
La visione è stata poi funestata dal dibattito successivo, in cui sembrava improvvisamente di essere a casa davanti al televisore, con gli ospiti che smaniavano per prendere la parola e per tenersela più a lungo possibile; il moderatore che dava la parola prima all’esponente di destra e poi a quello di sinistra e il regista Michele Soavi inspiegabilmente assente dal palco a sottolineare che il film era davvero l’ultimo dei pretesti. L’unica differenza sono stati gli applausi e i fischi del pubblico che, bisogna dirlo, si sono alzati poderosi (soprattutto per Gasparri). Dopo un iniziale giro di pareri sul film, la maggior parte assai tiepida per la verità (si capiva tra le righe che aveva scontentato tutti), i nodi hanno cominciato a venire al pettine e, mentre da una parte il rappresentante dell’ANPI leggeva un discorso zeppo di retorica sull’eroismo dei partigiani, dall’altra Pansa e Gasparri, assai complici nei loro interventi, ribadivano che in realtà nel film “il sangue dei vinti non c’è” e che bisognerebbe fare un altro film per raccontare delle uccisioni di ex repubblichini avvenute a freddo nel periodo ’46-’48. Gasparri, tra l’altro, si è più volte rivolto ai molti dirigenti della Rai presenti in sala per sollecitare “Il sangue dei vinti 2” con un piglio che sembrava assai poco interlocutorio. Gli sceneggiatori hanno difeso il film assai tiepidamente, mentre Placido è l’unico che lo ha fatto calorosamente, alzandosi in piedi e mettendosi ad urlare contro uno spettatore che lo contestava.
Nell’insieme uno spettacolo piuttosto deprimente, che rivela quanto gli steccati ideologici siano ancora vivi in molti italiani, soprattutto in quelli che hanno passato i cinquanta. Sul palco, naturalmente, erano tutti avanti con gli anni mentre il pubblico, cui non è stato consentito neanche di fare una domanda, era giovane e fischiava non tanto questa o quell’altra parte, ma entrambe perché rappresentano un mondo vecchio.
Grande Giovanna!
Sicuramente molto interessante, un pò romanzato ma dopo tanti anni è molto difficile appurare alcune verità, in primo luogo sono venuti a mancare i protagonisti, che per anni hanno tenuto segreti,imposti da una certa volontà politica, ma pare che almeno in linea di massima con queto film si accennato alla storia italiana, che molti giovani non conoscono.