Cosa ha portato George Hickenlooper a realizzare, ai giorni nostri, un film come Factory girl? La risposta, in fondo, è semplice. Questo, è proprio un bell’argomento morboso che richiama sempre tanto pubblico. La solita ricetta che soddisfa gli occhi e il palato della massa in cerca di trasgressione.
Per iniziare, prendete una ragazza bella, ricca e dannata, possibilmente vittima di un incesto da piccola; conditela poi con una bella dose abbondante di alcol, droga e rock’n roll, pornografia quanto basta, ma non troppa che poi disgusta i palati sopraffini. Aggiungete poi una bella spruzzatina di morale, che piace tanto alla gente per bene, ma, mi raccomando, deve essere ben stagionata, da secoli e secoli possibilmente. Servitela tiepida, su un bel piatto d’argento ben lucidato. In questo film, la nota bottega d’artista di Andy Warhol è solo un’ambientazione di comodo, una situazione di passaggio. Dall’interpretazione di Hickenlooper, la Factory risulta come un luogo eccessivo, dimenticato da Dio, dove regnano perdizione e lussuria, frequentato da un insieme di persone ricchissime e superficiali in cerca di fama e successo.
Ladies and gentlemen, è ora doveroso e necessario puntualizzare che la Factory non era solo un covo di ricchi tossici: era una bottega d’artista in veste contemporanea dove il Maestro era Andy Warhol. Tra i frequentatori abituali troviamo artisti come Mary Waronov, Robert Olive AKA Ondine, Rotten Rita, Billy Name, Stephen Shore, Paul Morrissey, Gerard Malanga, Chuck Wein che arrivò alla Factory con Taxine, o Taxi, così veniva chiamata Edie Sedgwick dagli amici. Notiamo, durante il film, un timido e flebile accenno da parte del regista al metodo di realizzazione dei film di Warhol e Taxi. Nel 1965, dopo lo Screen Test, il rito d’iniziazione che Andy richiedeva a tutte le potenziali superstar che passavano per la Factory, Taxine prese parte a vari film tra cui: Horse, Vinyl, Bitch, The Poor Little Rich Girl Saga (che comprende Poor Little Rich Girl, Restaurant, Face e Afternoon), Beauty No. 1, Beauty No. 2. L’ultimo film di Andy, purtroppo ancora disperso, in cui appare Taxi è del 1966: The Andy Warhol Story.
Nel film di Hickenlooper, e questo è disdicevole, si cerca di imputare alla lascivia dei frequentatori della Factory l’abuso di droghe che portò la Sedgwick alla morte. In verità, Taxine, la ricca e bella ereditiera, prima di entrare alla corte di Andy, aveva già avuto esperienze di droga proprio grazie ai suoi altolocati e amorevoli genitori, che dopo vari maltrattamenti fisici e psicologici, l’affidarono a una clinica psichiatrica così come fecero con il fratello omosessuale. In quei luoghi nefasti dove si rinchiudevano con facilità gli elementi scomodi della società, era lecito somministrare ai pazienti psicofarmaci con effetti devastanti, pasticche legalmente riconosciute, ma con le stesse controindicazioni delle droghe pesanti. E ora mi concedo solo due parole su Andy Warhol. Andrew Warhola nasce in una famiglia modesta. Un artista geniale che si beffò del sistema dell’arte, che sottolineò con le sue opere e il suo stile di vita, le discrasie e la superficialità della società dei consumi, della falsa moralità della società borghese e dello star system. La Pop Art, che nasce, badate bene, in Europa, raggiunge con Andy Warhol, concedetemi il gioco di parole, un’incontrastata popolarità.
Concludiamo con un brano tratto da La filosofia di Andy Warhol, libro autobiografico scritto nel 1975 dal re della Pop Art, precisamente dal secondo capitolo intitolato non a caso Amore (Maggiore età), dove Andy descrive il rapporto con Taxine: “A (Andy): Perché non camminiamo? E’ veramente bello fuori.B (Edie): No. A: Va bene. Taxi era di Charleston, South Carolina: una debuttante bella e confusa che aveva rotto con la famiglia e se ne era venuta a New York. Aveva un carattere vulnerabile, di una commovente vacuità, che ne faceva il riflesso delle segrete fantasie di chiunque. Taxi poteva essere qualunque cosa volessi: una ragazzina, una donna, poteva essere intelligente, stupida, ricca, povera, qualsiasi cosa. Era un meraviglioso, bellissimo vuoto. (…) Era anche un’irrimediabile bugiarda: non poteva proprio dire la verità su nulla. E che attrice. Riusciva a piangere come se avesse avuto l’interruttore. (…) Fummo presentati da un comune amico che aveva appena accumulato una fortuna (…). L’avevo guardata solo una volta e mi bastava per dire che Taxi aveva più problemi di chiunque avessi mai incontrato. Così bella ma così malata. Ne ero davvero preso. Viveva come se i suoi soldi non dovessero mai finire. (…) In principio non avevo idea di quanta droga prendesse Taxi, ma vedendoci sempre più spesso cominciò ad apparirmi chiaro che genere di problema fosse per lei. Per lei la cosa più importante, subito dopo il farsi di droga, era procurarsela, ammucchiarla. (…) Taxi si allontanò da noi quando cominciò a vedersi con un cantautore che si poteva solo definire come l’Unica e Vera Pop Star – forse di tutti i tempi – che stava ottenendo riconoscimenti da una parte all’altra dell’Atlantico come Elvis Presley degli intellettuali. Mi mancava il fatto di non averla più in giro, ma mi dissi che era probabilmente una bella cosa che lui si prendesse cura di Taxi, perché forse sapeva farlo meglio di noi. Taxi è morta alcuni anni fa nelle Haway (…)”.
Una domanda…Ma B. non era Brigid Polk??? “Perchè è” Lei “dall’altra paret del filo”…
chiedo venia…volevo scrivere “parte” non paret…
grazie!
Cara/o Manu, da cosa lo deduci? Forse dalle iniziali?
Io l’ho dedotto studiando più volte alcuni testi tra cui “A” e “La filosofia di Andy Warhol” ma forse tu hai fonti più precise. In questo caso ti pregherei di condividerle con me e con tutti gli interessati per insegnarci qualcosa di nuovo, grazie.
In caso tu non avessi la possibilità di leggere una delle mie fonti di studio “La filosofia di A. W.”, precisamente la pag. 31, VI ed. Tascabili Bompiani, settembre 2006, ti scrivo di seguito la prima parte del secondo capitolo.
Amore (Maggiore età).
La caduta e l’ascesa della mia ragazza preferita negli anni Sessanta.
A: Perché non camminiamo? E’ veramente bello fuori.
B: No.
A: Va bene.
Taxi era di Charleston, South Carolina: una debuttante bella e confusa che aveva rotto con la famiglia e se ne era venuta a New York. (…)
Taxi o Taxine come di certo saprai è Edie e potrai appurarlo leggendo la prima edizione tradotta in italiano di “A”, pag. 92 e pag. 534, Newton&Compton editori, Roma 1998.
Grazie per aver letto il mio testo e per il tuo commento. Cristina
Come spiega all’inizio del libro,
la B a cui fa riferimento in questi mini dialoghi
potrebbe essere una qualsiasi delle sue amiche appartenenti alla factory.
Una domanda, taxi è sedgwick, ma la sua descrizione nel film è completamente diversa da quella presentata in La filosofia di Andy Warhol, è possibile?
… chiediamolo alle Sorelle Fox…
il film mi è piaciuto, forse proprio per gli elementi citati da te all’inizio dell’articolo. Mi sono reso subito conto che la figura di Andy era stata portata all’eccesso, non ci vuole di sicuro un genio per capirlo, ma è altrettanto certo che un fondo di verità c‘è sempre. Non vorrei cadere in errore, ma è stato proprio Andy a dire “Ognuno ha diritto a 15 minuti di popolarità”, cosa che, a mio parere, rispetta perfettamente la merda in cui ci troviamo adesso, dal punto di vista culturale e forse anche oltre. Ovviamente non sto attribuendo a Andy la colpa di aver creato una società superficiale e “usa e getta” come quella in cui ci ritroviamo a vivere noi, ma sicuramente lui ne è il pioniere, quello che ha capito prima di tutti come sarebbero girate le cose. Quindi sicuramente è stato un genio, ma credo che si sia limitato a cavalcare l’onda del pop e a farci su un po’ di soldi. Nel tuo articolo citi Bob Dylan e credo che anche il regista abbia voluto creare questa contrapposizione tra due correnti artistiche completamente diverse. Andy con il suo genio sfruttava la bellezza e la genialità delle persone che gli stavano attorno, Bob, con la sua voce, denunciava ingiustizie e, per quanto un cantante possa fare, cercò di migliorare il mondo.