Due donne. Due viaggi diversi. La stessa destinazione. Due uomini. Due storie diverse. Un unico racconto. Pippo Delbono – regista, attore, danzatore e autore dei suoi stessi spettacoli – incontra Giovanni Senzani – ex-leader delle Brigate Rosse, oggi un uomo libero dopo 17 anni di carcere di alta sicurezza e 5 anni di regime di semi-libertà, nonostante la condanna all’ergastolo nel 1982.
Da questo incontro casuale nasce Sangue, ultimo lungometraggio del caleidoscopico e pluripremiato artista, considerato a ragione uno dei maestri più innovativi della scena internazionale contemporanea. Una storia di donne e una storia di uomini. O meglio, una storia di due donne e dei loro uomini. Una storia di sangue e morte, di amore e vita. Una storia. Giovanni Senzani si racconta a Pippo Delbono nel momento in cui la sua compagna Anna, da sempre fortemente contraria alla lotta armata ma comunque vicina a lui durante la prigionia, si ammala di un male incurabile e lo lascia solo. Pippo Delbono racconta e si racconta nel momento in cui la sua adorata madre Margherita, sempre presente nei suoi lavori, si ammala dello stesso male incurabile e lo lascia solo in tre mesi.
Due donne che partono. Due uomini che restano soli. Reagiscono cercando la vita nel racconto, nell’arte, nella testimonianza. Un cellulare, la semplicità, la verità. Ecco i mezzi con cui il maestro Delbono agisce e arriva dritto al suo pubblico affezionato. Dopo Amore Carne (2011), uscito in Francia solo lo scorso anno e inserito nella lista dei migliori 5 film del 2013 secondo ‘Le Monde’, arrivato nelle sale del Nuovo Cinema Aquila a Roma un altro film su argomenti cari all’autore: le rivoluzioni, il sangue, la morte, la vita. Sangue è stato il fiore all’occhiello della rassegna dedicata a Pippo Delbono, pensata in occasione delle rappresentazioni del suo ultimo spettacolo ‘Orchidee’ (al Teatro Argentina dal 7 al 19 Gennaio), ed in sinergia con il Teatro di Roma.
Un poeta e un regista. Un documentarista e un narratore. Un danzatore e un attore. Pippo Delbono è tutto questo e molto altro. Si divincola perfettamente fra teatro, letteratura, cinema e trova la giusta chiave di lettura per raccontare la storia di un brigatista e della sua compagna senza fare un film su un brigatista. Trova la giusta chiave di lettura per raccontare la morte di sua madre, proprio per non dirle addio, per tenerla con sé, per non sentirsi terribilmente solo. Trova la giusta chiave di lettura per interpretare la morte, ovvero la vita. Raccontare chi è qui attraverso chi non c’è più. Una poesia dedicata a sua madre. L’ultima. O forse la prima di una nuova, lunga serie.