Vincere è bocciato e promosso al medesimo tempo dalla redazione di Schermaglie. Fervida e fertile contraddizione perché si tratta di un film che non ti scivola addosso. Così a caldo, dopo una prima visione di un ristretto numero di redattori, si è scatenato un vivace scambio di mail (partite dal direttore Marino Galdiero con l’oggetto “bello bellocchio?”) tra sostenitori e oppositori della pellicola in concorso al Festival di Cannes. In alcuni casi sono battute veloci, quelle inviate alla mailing list della rivista cliccando sul tasto apposito del programma di posta elettronica, in altri si tratta di approfonditi giudizi che entrano nel merito. Il materiale che pubblichiamo registra dal “vivo” gli umori e i pensieri di chi scrive su questa rivista. C’è sembrato dunque interessante proporla a voi lettori con qualche leggera modifica, così da facilitarne la lettura, invitandovi tutti a partecipare al dibattito. Ecco il risultato.
Da: Marino A: Schermaglie
Oggetto: bello bellocchio?
carissimi,
purtroppo ieri, come saprà chi c’era, non sono potuto essere da bellocchio. il lavoro mi ha trattenuto in redazione sino alle 22.00, capita raramente ma succede. ci iniziate a raccontare com’è andata?
attendiamo….
Da: Arianna
A me non è piaciuto! Quindi sono a disposizione per un PERCHE’ NO!!! (ndr: sezione del sito chiamata “divisioni” dedicata ad opinioni contrastanti su un film). Domani avrò un piccolo intervento all’occhio, quindi mi assento un paio di giorni da mail.
Baci Arianna
Da: Alessia
L’ultimo bacio ai tempi del fascio…
Da: Giovanna Q.
E va be’, ma allora si può dire qualunque cosa su tutto…
Da: Chiara
17 minuti di standing ovation ieri sera all’ufficiale, critiche ottime dai francesi e pure dagli italiani… Vorrebbe Muccino avere la forza, la grandezza, la profondità, la visionarietà di bellocchio:-)!!!
Da: Edoardo
La passione di Bellocchio per gli indomiti disposti a tutto per la verità e la libertà in un film di rara potenza e grande bellezza. Farei un pezzo generale su Bellocchio partendo dai suoi personaggi chiave: dai Pugni in tasca ad oggi… edo.
Da: Giovanna Q.
A me è piaciuto moltissimo, l’ho trovato un gran film pieno di spunti anche sull’attualità: forse è su questi aspetti che soprattutto vorrei scrivere, più che fare una recensione – perché sì…
Da: Chiara
forte, potente, coinvolgente un bellocchio futurista, forse il migliore degli ultimi anni… sono troppo coinvolta per scriverne…
Da: Alessia
E’ il trionfo dell’irrazionalità, nel senso che a me il film è sembrato non scandagliare affatto il profondo della psiche, il suggerire perché, se vuoi, un essere umano viene preso da un’ossessione amorosa cui sacrifica tutto, anche il proprio figlio. So bene che un incontro può scatenare la realtà psichica di un uomo fino alla morte, figuriamoci, ma se non c’è comprensione non dico della Storia, qui rappresentata solo attraverso dei cinegiornali che sono più belli che significativi (oppure si può al limite dire che anche a quei tempi molte persone, tra cui volente o no anche la Ida, vivevano solo di pura rappresentazione), quanto, soprattutto (visto il punto di vista scelto), della storia umana intesa come relazione tra due persone o, viceversa, come ossessione (narcisistica) che porta lontano dalla realtà delle cose, che diventa l’identità assoluta (dunque infantile, che non sopporta separazioni né scissioni) dietro cui nascondersi in un vortice di dolore ed espiazione per non si sa bene che cosa…
Ecco che allora come in Muccino (che ho un po’ provocatoriamente evocato se non altro per l’uso degli attori, urlato e teatrale, completamente solipsistico, e per una certa convulsione di immagini che mira a congestionare le emozioni e a lasciare completamente in panne il cervello) e in molti altri mi ritrovo a chiedere: sì, va be’, ma perché?
Rifiuto l’ipotesi di un’analogia tra la storia d’amore e la Storia fascista tesa a stigmatizzare l’irrazionalismo, anzi, mi pare che Bellocchio, come sempre d’altra parte, ci stia completamente a suo agio (e a suo tempo, come ben scrisse Pasolini nel suo Cinema di poesia, colse un elemento importante della personalità umana normalmente trascurato da gran parte del cinema impegnato di sinistra, dico l’irrazionalità). Ma in L’ora di religione, ad esempio, la potenza emotiva di certe scene anche estreme non impediva l’affiorare di riflessioni e temi importanti: il pensiero, a confrontarsi dialetticamente con l’inconscio e l’emozione, era presente, insomma. Lo stesso Bellocchio qualche giorno fa ha detto che oggi come oggi non gli avrebbero fatto fare L’ora di religione. Vincere sì.
Besos
Da: Giovanna Q.
Be’ sì magari è vero che qui non c’è uno scandaglio profondo della psiche dei protagonisti, (o meglio lo scandaglio c’è, manca solo una sintesi razionale), ma secondo te un film deve per forza adottare una prospettiva psicanalitica, dare un giudizio sui personaggi, o tentare di agevolare la comprensione razionale dello spettatore? Secondo me no, è più che lecito raccontare visionariamente, appassionatamente, con empatia fatti e personaggi anche molto controversi e poco digeribili e lasciare poi che sia lo spettatore ad elaborare significati, a trovare spiegazioni, metafore, livelli di lettura. Esistono film cerebrali, riflessivi e film-pugno nello stomaco (Muccino, sentimentale-paraculo, non c’entra niente con nessuno dei due generi!): questo appartiene alla seconda categoria.
Qui poi c’è anche il racconto di una storia vera e tragica praticamente sconosciuta di una donna coraggiosa che da sola ha cercato di affermare le ragioni dell’amore e della passione, anche politica, contro i meccanismi stritolanti e sempre conservatori del potere e della propaganda senza mai desistere, mai piegarsi, mai fare compromessi fino alla morte e all’annullamento: certo la sua vita è stata il trionfo dell’irragionevolezza, forse della follia, ma forse per questo non valeva la pena di essere raccontata? Era più interessante sapere perché lei era così?
Un’altra cosa che fa la differenza poi è lo stile, la bellezza della regia, l’inventiva che c’è nella messa in scena, la bellezza di certe soluzioni: quando Timi- Mussolini smette di far l’amore per affacciarsi alla finestra e proseguire l’orgasmo immaginando le folle che lo applaudono/lo applaudiranno sotto la finestra… quale altro scandaglio della psiche è necessario? Questo ti sembra un uso dei filmati più bello che significativo?
Detto questo, capisco benissimo che un film possa non piacere, non risuonare dentro le persone alla stessa maniera, però il paragone con L’ultimo bacio no, Alessia, quello mi è sembrato davvero troppo!
Da: Alessia
[…] Quello che rimane, infatti, sono delle scene talmente cariche emotivamente (penso all&
#39;uso della musica, per esempio) che l’ambiguità del senso viene sbilanciata a favore della esaltazione irrazionale. Altro sarebbe stato se Bellocchio avesse iniettato le scene madri (come quella che tu citi, che io ho trovato un po’ grossolana) di una certa vena surrealista, come ne l’ora di religione ad esempio, in cui c’è spiazzameto dello spettatore attraverso, anche, un po’ di distacco e sviamento di senso dalla narrazione principale. Poi di sbagliato, secondo me, c’è il personaggio della Dalser, che porta lo spettatore a una totale e soprattutto costante identificazione: è l’eroina, insomma. Mi viene in mente il personaggio di Rourke in the Wrestler, invece, che coniuga magnificamente, e correttamente, la testa con la pancia, se vuoi, ovvero l’emozione e la narrazione piccola con la metafora e il simbolico e con la narrazione grande. Il personaggio commuove e porta a una identificazione che però non è costante, il personaggio è ambiguo e rappresenta le ambiguità di un certo periodo storico, attraverso la regia, lo stile, il regista ci fa stare dentro e poi fuori il personaggio, nel momento in cui si rischia di aderire troppo alle sue ragioni, ai suoi impulsi, ecco che attraverso un movimento di macchina, un abbassamento di tono, un confronto con un altro personaggio il regista ci distacca nuovamente. Dentro e fuori, vuoto e pieno, distacco e coinvolgimento. Che te devo di’!
Baci
Alessia
Da: Giovanna. […] secondo me l’arbitrarietà totale non va bene: non si può scrivere, come ha fatto Natalia Aspesi su Repubblica: “nel film di bellocchio c’è un qualcosa che non convince” oppure far intendere che ci si è annoiati. Bisogna almeno argomentare, almeno avere presente che si sta parlando dell’opera di un grande artista, almeno tenere in conto che di film così densi e importanti ne escono uno o due all’anno in Italia. Con questo non voglio dire che io abbia letto cose simili su Schermaglie e il tuo giudizio, Ale, mi sembra più che legittimo e circostanziato (a parte Muccino…) , però tante volte s’era detto: basta col postmoderno che parifica tutto, uniforma tutto, sdogana tutto, mette tutto sullo stesso piano… ecco in questa occasione è uscita un po’ di quella insofferenza…