Benda Bilili, favola urbana musicale a lieto fine, ha infiammato il pubblico della Quinzaine des Réalisateurs durante la serata di apertura della manifestazione. Il documentario di Renaud Barret, Florent de la Tullaye, traccia l’epopea miracolosa di un gruppo di musicisti paraplegici dalle strade di Kinshasa alle scene dei festival internazionali. Il film all’inizio procede a tastoni, incespica, avanza a passi insicuri e malfermi come quelli dei suoi protagonisti; una piccola cinepresa digitale ci offre delle immagini notturne un po’ sfocate ed incerte girate su uno spiazzo nel centro di Kinshasa dove varie figure si muovono nel buio, illuminate a tratti dai fari delle macchine di passaggio. Si tratta di un gruppo di bambini che dormono per strada protetti da cartoni e di alcuni adulti accampati su degli strani tricicli, ingegnosamente trasformati per permettere loro di muoversi. Facciamo così la conoscenza di una prima persona: Ricky, colpito durante l’infanzia dalla poliomielite, è paraplegico ma soprattutto il leader carismatico, irriducibile, cocciuto, entusiasta di Benda Bilili, un gruppo musicale singolare composto di persone handicappate e di alcuni ragazzini di strada. L’uomo ha un sogno ed un’enorme ambizione per sé, per la sua famiglia, per i suoi compagni; vuole fare di Benda Bilili il gruppo musicale più importante del Congo, vuole diventare famoso e vuole fare dei soldi, perché – di questo è sicuro – solo la musica gli permetterà un giorno di garantire il futuro della sua famiglia.
Guardando le prime immagini di questo film, nato quasi per caso grazie alla curiosità e allo spirito investigativo di due reporter francesi, il sogno di Ricky sembra fragile, folle. L’incontro di Renaud Barret e Florent de la Tullaye, patiti di musica ed amanti dell’Africa, con il gruppo di Benda Bilili è stato più o meno fortuito e lo sviluppo di questo documentario, iniziato nel 2004 e conclusosi circa due mesi fa, assolutamente imprevedibile. Il mondo di Benda Bilili è la strada; è sulla strada che questi uomini lavorano, dormono, mangiano, elevano i loro figli, creano le loro canzoni e fanno le loro prove durante notti intere osservati con ammirazione dai bambini abbandonati di cui sono diventati, in un certo senso, i padri adottivi. Lo staff Benda Bilili è un’associazione molto organizzata; la solidarietà è una necessità, gli adulti hanno bisogno dei bambini per i loro spostamenti e i bambini hanno bisogno della protezione degli adulti per sopravvivere.
Ben presto compare un secondo personaggio di spicco; Roger è un ragazzino di dodici anni che vive per strada e si guadagna la vita suonando uno strumento musicale di sua invenzione composto di un’unica corda e di una lattina vuota. Roger è un vero e proprio virtuoso, sa creare dei suoni e delle melodie insolite servendosi di mezzi assolutamente rudimentali. La sua forza di volontà è impressionante. Una delle scene più toccanti del film è il discorso che il ragazzino tiene, gli occhi fissi sull’obiettivo, per chiedere di fare parte del gruppo. I membri di Benda Bilili si incontrano spesso nello zoo di Kinshasa, una sorta di oasi nel centro caotico della città, per suonare. Fra le gabbie sparse qua e là dove saltellano nervose ed aggressive le scimmie risuona la loro musica fatta di strumenti di fortuna, fatta di voci roche e potenti, di sonorità ritmate ed elettrizzanti, di parole che descrivono la loro vita quotidiana, le loro difficoltà, le loro speranze e i loro sogni. La musica di Benda Bilili è una specie di funk urbano dalle melodie inedite, pieno di un’energia vitale irrefrenabile. Nei momenti di gioia e di festa tutti ballano come possono, con le sole mani come appoggio talvolta, con un entusiasmo prorompente ed in piena libertà. Il seguito della sorte di Benda Bilili e la costruzione di questo film vanno di pari passo: Renaud Barret e Florent de la Tullaye, che non vedremo peraltro mai sulle immagini, decidono di intervenire nel corso degli eventi prendendo l’iniziativa di produrre un CD con la musica del gruppo. I due registi s’immergono completamente in questo mondo, imparano a parlare la lingua locale, seguono i passi dei protagonisti della vicenda, filmati spesso a poca distanza. La struttura narrativa è coordinata da brevi inserti scritti che servono per spiegare le cesure temporali ed alcuni eventi off-screen. Dopo essere partiti in Francia per cercare dei finanziamenti e l’appoggio di una casa discografica i due registi ritornano a Kinshasa nel 2006 e Benda Bilili inizia la sua prima registrazione in studio. Ma a questo punto sopravviene una disgrazia che sconvolge la vita della metà dei partecipanti al gruppo e rischia di compromettere definitivamente l’impresa cinematografica e discografica dei due registi: il centro sociale dove abitano Ricki ed alcuni altri membri del gruppo con le loro famiglie è completamente distrutto da un incendio. La cinepresa si muove fra le macerie annerite dove la gente tenta disperatamente di recuperare qualcosa, ma tutto è andato in fiamme. Benda Bilili si dissolve da un giorno all’altro: ognuno cerca di salvarsi e di sopravvivere come può. Eppure qualche tempo dopo l’avventura riprende; i due registi tornano a Kinshasa con più soldi, un nuovo progetto discografico e riescono con molti sforzi a riunire di nuovo i membri dispersi del gruppo e ad iniziare le registrazioni. Nel 2009 il progetto giunge finalmente a lieto fine con l’uscita del primo CD del gruppo: Très, très fort!.
A questo punto inizia la seconda parte del film che, di fatto, potrebbe essere un film a parte. Cambiamento totale di ambiente; Benda Bilili lascia l’Africa ed intraprende una tournée internazionale: le scene di enormi concerti all’aperto si alternano alle riprese nelle stanze ovattate degli alberghi a cui il gruppo sembra essersi abituato molto velocemente. Benda Bilili è la storia di una rivincita, dell’ascesa, incredibile e miracolosa, di un gruppo di gente da una quotidianità precaria e dolorosa per le strade di Kinshasa fino ai palcoscenici dei grandi festival musicali europei. Di fronte a questa bella favola sorgono degli interrogativi: quali sono in realtà i limiti ed i rapporti fra chi filma e chi è filmato? Lo scoop della scoperta di questi artisti di strada handicappati si trasforma in un’enorme impresa commerciale; il film, visto sotto questa ottica, non è altro che un video-clip promozionale che accompagna l’uscita del CD. Intendiamoci, in linea di principio guadagnare dei soldi con il proprio lavoro è più che lecito, ma bisogna fare attenzione a non confondere un’impresa commerciale, sia pure dettata da buone intenzioni, con un’opera di beneficenza o di puro impegno sociale. Il documentario proprio per la sua prossimità ed interattività con la vita reale, con delle persone in carne ed ossa, non può non indurre ad una riflessione etica. Benda Bilili è fatto un po’ sul modello di Buena Vista Social Club ma una grande parte del successo lì, come qui, è basata su quel sentimento umano assai complesso ma forse non troppo nobile, a ben guardare, che è la compassione.
Perdonate questo eccesso di moralismo; il film, nonostante queste considerazioni, merita di es
sere visto.