di Maria Giovanna Vagenas/ Nel corso degli anni Bruno Dumont ha creato una serie di opere esigenti, singolari e sorprendenti, spaziando tra vari registri e generi proponendoci, di volta in volta, una visione del mondo e una concezione estetica unica nel suo genere.
Tre anni dopo avere presentato alla Quinzaine des Réalisatuerus la miniserie televisiva Ptit Quinquin (2014) un’astrusa, divertentissima commedia poliziesca ed avere effettuato un passaggio in selezione con la sontuosa tragicommedia burlesca Ma Lute (2016), il regista ritorna quest’anno alla Quinzaine con Jeannette l’enfance de Jean d’Arc, un dramma musicale mistico-rock.
Ispirato da due opere dello scrittore e poeta Charles Péguy- il Mystère de la charité de Jeanne d’Arc (1910) e Jeanne d’Arc (1897)- Bruno Dumont mette in scena l’infanzia e l’adolescenza di Jeanne d’Arc, immaginando e ricreando sullo schermo quanto la storia ufficiale non ci dirà mai sulla sua esistenza prima di diventare un’eroina nazionale francese e una santa della Chiesa Cattolica.
Questo indimenticabile trip elettro- mistico- danzante, luminoso e appassionato, denso di significato e pieno di grazia, grave e faceto, ha letteralmente galvanizzato il pubblico della Quinzaine che ha accolto l’equipe del film con una lunghissima standing ovation.
Accompagnato dalle sue due giovani, splendide protagoniste -la piccola Lise Leplat Prudhomme, interprete di Jeannette bambina, e Jeanne Voisin, Jeannette adolescente, nonché dal musicista Igorr, autore della musica del film, Bruno Dumont ha risposto con estro alle domande degli spettatori.
Conversazione con il pubblico
Qual è il rapporto fra il personaggio di Jeanne d’Arc e lo scrittore Charles Pegui?
Il personaggio di Jeanne d’Arc è molto complesso ma è spesso ridotto e semplificato a qualche immagine codificata. D’altra parte anche Pegui è uno scrittore estremamente complesso; quando ha scritto le sue opere su Jeanne d’Arc era nello stesso tempo socialista e ateo, nei suoi scritti c’è una specie di miscuglio di misticismo e di socialismo terreno. Di fatto c’è tutto e il suo contrario in Pegui. Rispetto al personaggio di Jeanne si può dire la stessa cosa: c’è tutto e il suo contrario. E proprio per questa ragione che la sua figura ha ispirato delle personalità molto diverse, perché ognuno, a modo suo, ha potuto attingervi qualcosa. Jeanne D’Arc è molto “francese” in questo senso, copre tutto il campo della Francia, in tutto ciò che c’è di meglio e di peggio.
Jean d’Arc è un mito e noi abbiamo filmato appunto un qualcosa di mitico, di mistico e di cinematografico al tempo stesso!
Rendere accessibili i testi di Charles Pegui sembrava un compito a prima vista impossibile ma lei è riuscito a renderlo magnificamente, mi sembra però che lo abbia fatto sacrificandoli al prezzo di una certa ironia difficilmente compatibile con la fede….
Charles Pegui è un autore veramente magnifico, ma effettivamente anche difficile; quando si parla di lui si cita soprattutto la musicalità della sua poesia. Proprio per questo motivo ho pensato di metterla in musica; è stato veramente il modo per renderla più accessibile e più semplice.
L’elemento dell’ironia è permanente in Pegui, basti pensare che nel periodo in cui ha scritto questi testi era socialista ed ateo ma qualche anno dopo è diventato tutto il contrario. Per queste ragioni penso che ci sia dell’ironia nell’opera di Pegui, un uomo che ha fatto davvero di tutto ed è stato profondamente incoerente nel suo modo di essere. Quindi il modo migliore per parlare di Pegui è, a mio parere, proprio mettendo in scena la sua Jeanne d’Arc come una personalità fortemente contraddittoria.
Come ha lavorato sul testo di Charles Pegui?
Sul testo di Pegui ho lavorato completamente da solo senza fare appello a nessun specialista in materia. Mi sono concentrato principalmente sulla pièce teatrale dedicata a Jeanne d’Arc e ho scelto, da un lato, quanto mi sembrava dovesse essere ripreso nei miei dialoghi e, dall’altro, quanto invece sarebbe stato cantato.
Le parti più difficili del testo sono proprio quelle che ho scelto per la versione cantata.
L’idea era quella di prendere le due giovani interpreti –Lise, che aveva otto anni, e Jeanne, che ne aveva quattordici quando abbiamo iniziato a girare- non professioniste per illustrare l’origine della vicenda di Jeanne d’Arc. Ovviamente tutti conoscono la fine della sua storia ma nessuno ne conosce gli inizi ed era proprio quest’aspetto che volevo esplorare, cercando nel cuore delle mie due interpreti tutte le “Jeannes”…
Penso che il ‘religioso’ debba essere mostrato al cinema e al teatro perché questo è il modo migliore per disfarsene!
In questo senso mi sento molto vicino a Pegui, io non sono credente; la questione per me era piuttosto quella di abbordare la potenza del sacro che può portarci a fare tanto il bene quanto il male. Il nocciolo, il cuore del religioso è proprio questo, è al tempo stesso la pace e la guerra!
Perché ha scelto il genere della commedia musicale?
Ho voluto che la musica fosse presente in questo film perché penso che la poesia abbia bisogno della musica. Ovviamente anche il cinema è capace di ‘portare’, con i suoi mezzi specifici, la poesia. Il cinema ha, a mio parere, una potenza straordinaria, sui paesaggi, sui volti.
D’altra parte è anche vero che quando si ascolta della musica si hanno delle sensazioni diverse e molto specifiche che non sono quelle che proviamo di fronte ad un film.
Il cinema non è un qualcosa di ‘istantaneo’ mentre la musica ha questo valore d’istantaneità; in questo senso volevo creare dell’istantaneità all’interno del linguaggio cinematografico che è legato per natura a dei processi più lunghi.
M’interessava avere alla volta una sorta di trip musicale, di movimento cinematografico e d’immagini coreografiche.
Cosa l’ha spinto a collaborare con Igorr sulla composizione delle musiche del film?
Come dicevo prima, è molto difficile, a mio avviso, riuscire a trasporre un testo poetico tale e quale, in un film; farlo “cantare” mi è sembrato il modo più pertinente per renderlo visibile.
Detto questo, bisognava trovare la musica adeguata, capace di tradurre in musica il ‘trip’ mistico di Jeanne; penso che la musica elettronica, nella fattispecie quella di Igorr, sia perfettamente adatta ad esprimere un rapporto di trascendenza e il percorso di Jeanne che è terreno e celeste al tempo stesso.
Perché ha scelto di ambientare il film in un luogo vicino al mare che non ha nulla a che vedere con i paesaggi della Lorena, la regione di Jean d’Arc?
Di fatto le riprese dei miei film le faccio sempre nella mia regione, al nord, semplicemente perché ciò semplifica molto le cose da un punto di vista logistico, peraltro la Lorena è, in questo contesto, un luogo talmente mitologico che le sue particolarità paesaggistiche scomparirebbero ben presto davanti alla sua valenza storica e simbolica, per cui mi sono detto che alla fine sarebbe stato altrettanto pertinente fare le riprese da qualche parte al nord della Francia.
Perché ha scelto di lavorare con degli attori non professionisti ?
Quello che m’interessa particolarmente nel lavorare con degli attori non professionisti è che danno veramente una parte di se stessi. Ovviamente non si deve dimenticare che, nonostante tutto, stanno anche interpretando un personaggio, non siamo in un documentario….
Anche i tecnici con i quali collaboro sono assolutamente affascinati dai non professionisti, perché con loro sono costretti a confrontarsi con l’aleatorio, con l’imprevisto. Noi tutti sentiamo la necessità di venire sorpresi e di non dovere fare tutto alla perfezione.
Le performances fisiche di tutti i personaggi sono straordinarie, inoltre, il suolo delle località in cui è stato girato il film è sabbioso, il che rende manifestamente più difficile ogni movimento di danza…
In effetti l’elemento della sabbia è alquanto interessante e fa parte di un insieme di limitazioni che ci siamo imposti a più livelli nella composizione del film.
Per esempio Igorr ha dovuto far cantare degli attori non professionisti che non avevano mai cantato in vita loro e il coreografo Philippe Decouflé ha dovuto confrontarsi con Lise che interpreta Jeannette da piccola che non sapeva assolutamente ballare.
Ovviamente per la coreografia la sabbia ha costituito un grande handicap ma, come dicevo prima, lavorare con delle limitazioni stimola la creatività; per esempio l’idea di fare la ruota è stata proprio un’idea di Lise! A questo punto ho domandato anche a Jeanne che interpreta il ruolo di Jeannette adolescente di fare la ruota! (risate in sala)
Sempre a proposito della coreografia, potrebbe spiegarci il perché di un movimento molto particolare che Jeannette ed altri personaggi compiono, piegando ripetutamente il corpo e la testa avanti e indietro?
Questo tipo di movimento è una figura di danza tipica dell’ambito della musica elettronica; è stato Igorr che ha avuto l’idea di inserirlo nella coreografia. Quando ho assistito ad un concerto di Igorr sono stato particolarmente impressionato nel vedere il modo in cui dondolano i corpi degli spettatori. Abbiamo ripreso questo movimento tipico del metal-rock nella coreografia perché mi sembrava una maniera molto efficace per mostrare quel nucleo di violenza che fa parte della personalità di Jeanne.
Che cos’è la mistica per lei?
La mistica, in fin dei conti, è proprio questo; il fare coincidere tutto un circuito di ramificazioni. La mistica non è nient’altro che iper-connessione. In questo senso, il film si connette alla natura, ai volti, alla piccola Jeanne, alle pecore, al cielo, alla musica, al campo esterno.
Durante un’ora e quarantacinque minuti assistiamo ad una sorta di decollo, che io definisco mistico. Il termine “mistico” significa che dietro una molteplicità di cose diverse c’è un nucleo comune dove tutto è connesso. Jeanne si trova già immersa nel paesaggio ed è come se fosse già in groppa al suo cavallo di guerriero.
In fondo a tutti questi elementi eterogenei c’è qualcosa di comune che li collega, qualcosa che sta nascendo, che si vede germogliare.
Si vede che ciò che le interessa nel personaggio di Jean d’Arc è la sua rivolta che la conduce fino alla lotta. Pensa che Jean d’Arc sia la prima “punk” della storia?
Penso che ci siano, in effetti, delle corrispondenze fra la mistica e il rock; un concerto di rock o di musica elettronica parla in fin dei conti della stessa cosa; la dimensione spirituale è altrettanto presente nella musica elettronica.
Non bisogna credere che la mistica sia un qualcosa di oscuro e di complicato. Quando si vede Jeanne ballare… ecco è questa, la mistica. La mistica è punk, la mistica è elettronica ed è esattamente così che la vedo!