Continua con l’intenso e indimenticabile LETTRE A LA PRISON di MARC SCIALOM Mercoledì 26 Febbraio al Cineclub Detour di Roma (Via Urbana 107) un interessante ciclo di proiezioni dedicate a un’idea di cinema intimamente legato alla militanza politica e alla sfera delle ripercussioni sull’esistenza che l’impegno civile provoca a chi rimane ai margini per resistere iniziata il mese scorso con Octobre à Paris.
La serata inizia alle 20.00 con la presentazione a cura di Silvia Tarquini del libro Marc Scialom, Impasse du cinema: Esilio, memoria, utopia / Exil, memoire, utopie (a cura di Mila Lazic e Silvia Tarquini, edito da Artdigiland, 2012) e alle 21.00 proiezione del film LETTRE A LA PRISON di MARC SCIALOM (1969-1970) e del cortometraggio LA PAROLE PERDUE (1969).
Film come Octobre à Paris e Lettre à la Prison sono le due facce di un impegno sommerso, quasi clandestino, che indaga le condizioni delle vittime (esuli, migranti, attivisti politici) dei recenti colonialismi e post-colonialismi europei. Le storie personali dei registi Marc Scialom e René Vautier sconfinano in una dimensione di resistenza esistenziale che si è ripercossa violentemente nelle loro stesse opere.
Dopo la proiezione dello sconfortante Octobre à Paris, testimonianza agghiacciante di un episodio rimosso e censurato troppo in fretta dal Governo Francese abbiamo incontrato una delle curatrici Aude Fourel, videoartista e insegnante all’Università di St-Etienne, per approfondire il filo conduttore di queste serate che avranno un nuovo appuntamento il prossimo 26 febbraio sempre al Detour di Roma proprio con Lettre à la Prison.
Ciao Aude, grazie innanzitutto per la disponibilità e complimenti per l’iniziativa al Detour del 23 Gennaio. I documentari che hai proposto sono veramente preziosi. Il cinema francese nella sua storia recente ci è sempre sembrato molto attento alle vicende migratorie. Basta pensare ai casi eclatanti de L’Odio o Welcome su tutti e il tipo di clamore che hanno sempre raccolto nel tempo. Secondo la tua esperienza personale, la censura subita da Octobre à Paris e Afrique 50 può dirsi limitata a due casi isolati oppure rientra in una dimensione di rimozione collettiva di quei drammatici episodi del ’61?
Grazie a voi per l’interesse in questi film rari e poco visti del cinema militante. Octobre à Paris e i film di René Vautier sono film nati dall’urgenza di raccontare. Volevano mostrare le cose esattamente come sono accadute per testimoniare e partecipare così alla scrittura di una storia vera. Nicole Brenez, Professoressa dell’Università Paris III ed esperta del cinema sperimentale e militante,scrive questa bella frase:”Il cinema militante è un territorio simbolico e inalienabile,a partire dal quale la storia potrà essere stabilita. Questa autonomia del cinema militante non appartiene a nessuno, né ai registi, né al cinema, neanche ai popoli le cui immagini documentano la loro oppressione e le loro lotte, tutti ne hanno il godimento, ma nessuno ne ha il possesso. Il cinema militante non è una controstoria, ma crea la possibilità di una storia vera.” In questo senso, Octobre à Paris o i film di René Vautier non sono sullo stesso piano de L’Odio o Welcome: il percorso non è lo stesso, la necessità neanche. La censura è stata molto presente in Francia fino al 1973. Numerosi film o copie dei lavori di René Vautier sono state distrutte, per citare solo il suo esempio. È quello che è successo a 40 delle 60 pellicole di Afrique 50. Vautier ha montato il film come lo conosciamo oggi con 20 delle pellicole che aveva girato in Africa e che è riuscito, con un sotterfugio, a salvare dalla distruzione durante un interrogatorio. Nel 1973, René Vautier ha ottenuto la fine della censura politica dopo uno sciopero della fame durato più di un mese. Inizialmente, il suo obiettivo era l’abolizione della censura per Octobre à Paris, ma ha proseguito la sua lotta e il suo sciopero arrivando ad ottenere la fine di qualsiasi tipo di censura politica nel cinema. René Vautier è stato colpito in prima persona dalla censura, è stato processato e incarcerato per avere girato dei film che andavano contro il potere e il punto di vista governativo. Dal 1973, la censura ufficiale in teoria non esiste più, è stata però, nella realtà dei fatti, rimpiazzata da un’altra forma di censura più subdola e Octobre à Paris ne è un esempio rilevante.
La storia di Chris Marker e Marc Scialom è interessante. Lettre à la
prison è stato girato con una cinepresa 16mm Beaulieu prestata da Chris Marker. Marc Scialom mostrò il film appena finito a Marker che uscì dalla sala di proiezione senza dire una parola. Marc Scialom saprà poi dopo, dalla cerchia di Marker, che il film non era stato reputato abbastanza politico.
Lettre à la prison è del 19691970. A quell’epoca, l’avventura dei Gruppi Medvedkine a Sochaux e a Besançon è al culmine. Gli operai filmarono gli scioperi dall’interno grazie alle cineprese prestate da Marker o da Godard. Siamo nel cuore del cinema militante e politico. Eppure, il primo film, all’origine dei Gruppi Medvedkine, A bientôt j’espère (1967) di Chris Marker è stato giudicato in modo negativo dagli operai della Rhodiaceta di Besançon, non abbastanza politico almeno, troppo estetico. Credo che durante quell’epoca in particolare, il cinema stesse cercando la sua intimità più stretta e più diretta col politico. Il film di Marc Scialom è sotto tutti gli aspetti un film prezioso, essenzialmente politico al giorno d’oggi. Scialom esplora la frammentazione dell’essere esiliato con una pertinenza rara. Come si vive nel paese che ha colonizzato il proprio paese di origine, dopo delle stragi come quella di Biserta? Chi sono? Tutte queste domande sono estremamente contemporanee e rilevanti. Ho scoperto Lettre à la prison grazie a Silvia Tarquini che ha avuto l’iniziativa della proiezione del 26 febbraio al Detour e che ha curato su Marc Scialom un libro ricco di interventi critici dai diversi punti di vista (Marc Scialom, Impasse du cinema: Esilio, memoria, utopia / Exil, memoire, utopie, Artdigiland, 2012). Lettre à la prison mi ha dato un’altra percezione del cinema politico. Nella sua concezione del montaggio, Scialom riesce a far penetrare fino alla materia filmica le sue domande sulla libertà dell’essere esiliato, questa libertà contraddittoria, fatta di rinuncia, di perdita, di conflitto, di violenza, di lacerazione, talvolta di umiliazione, ma anche di utopia come dice Scialom stesso.
Nonostante le sue vicissitudini, dopo la sua riscoperta quest’opera ha avuto in Francia un cammino meno problematico di Octobre à Paris?
Il film è uscito nel 2009, 40 anni dopo la sua creazione e i tempi sono cambiati… Non sapremo mai quello che sarebbe stato del film se fosse uscito nel 1970, appena finito. Tuttavia, dopo la sua scoperta, il film di Scialom non ha avuto la distribuzione che i suoi temi cruciali e il suo linguaggio cinematografico meritano: ecco dunque ancora un film che deve essere visto e rivisto. Tocca a noi essere dei “passeurs” di memoria e di immagini.
Prossimo appuntamento:
Mercoledi 26 febbraio 2014, Lettre à la prison di Marc Scialom, Cinema Detour – via Urbana 107, 00184 ROMA
Ore 20: presentazione a cura di Silvia Tarquini del libro Marc Scialom, Impasse du cinema: Esilio, memoria, utopia / Exil, memoire, utopie, Artdigiland, 2012.
Ore 21 : Proiezione