Si è spento serenamente in casa, seduto su una poltrona, verso le ore venti a Roma. Accanto a lui la moglie Enrica Fico. Michelangelo Antonioni era nato il 29 settembre del 1912 a Ferrara. Laureatosi a Bologna in economia e commercio, iniziò a lavorare come critico cinematografico al “Corriere padano” e a “Cinema” prima di trasferirsi a Roma dove frequenta il Centro Sperimentale, collaborando anche con Rossellini. Nella sua terra realizza il primo documentario, Gente del Po, terminato nel 1947. Dopo la guerra come sceneggiatore lavora a Caccia tragica di Giuseppe De Santis (1946) e allo Sceicco bianco di Fellini (1952).
Nel 1950 dirige il suo primo lungometraggio, Cronaca di un amore, in cui descrive la crisi di una coppia e dà così il via ad una raffinata indagine su alcune delle più diffuse problematiche del mondo contemporaneo: l’incomunicabilità e l’angoscia del vivere. Nel 1955 dirige Le amiche, tratto da una raccolta di racconti di Cesare Pavese, e l’anno successivo Il grido, viaggio attraverso la Pianura Padana, dolente racconto della crisi esistenziale di un uomo. L’insuccesso commerciale del film costringe il regista a dedicarsi brevemente al teatro. Torna al cinema nel 1960, con la celebre trilogia composta da L’avventura, La notte, L’eclisse. E nel 1964 con il suo primo film a colori, Deserto rosso, analizza il difficile rapporto tra ambiente sociale e individuo.
I protagonisti dei suoi film sono quasi sempre borghesi di età compresa tra i 20 e i 40 anni. L’occhio del regista ferrarese cerca nelle pieghe dei loro moti interiori. Una ricerca continua sul senso della visione con quelle indimendicabili e lunghe inquadrature – da alcuni incomprese – che hanno fatto parlare di un cinema “lento” e “noioso”. Ma la dilatazione del tempo non era null’altro che un mezzo espressivo per svelare l’enigmaticità del reale. Insieme agli individui ci sono nei film di Antonioni, protagonisti anch’essi, i luoghi, gli oggetti, le cose che tralucono di una luce metafisica. Insomma una cura formale di grande spessore. Si pensi all’uso espressivo del colore in Deserto rosso del 1964, o ancora a Il Mistero di Oberwald, del 1981, in cui sperimenta le nuove tecnologie dell’alta definizione e del cinema elettronico.
Con i film successivi Antonioni allarga il suo orizzonte dalla borghesia italiana alla società internazionale: Blow up nel 1966 ambientato in Inghilterra, Zabriskie Point nel 1970 girato nell’America della contestazione giovanile e della musica rock (celebre la scena finale dell’ esplosione con la musica dei Pink Floyd). La Cina è invece al centro di un nuovo documentario (Chung Kuo: Cina, 1972) prima di spostarsi a Barcellona e in Africa per Professione reporter con Maria Schneider e Jack Nicholson nel 1975.
Gli anni Ottanta sono quelli di Identificazione di una donna (1982) con Tomas Milian, recuperato dal personaggio del Monnezza. Ma sono anche quelli dell’inzio della malattia: nel 1985 è colpito da un ictus che lo priva quasi completamente della parola. Passano dodici lunghi anni prima che riesca di nuovo a realizzare un’opera. Dirige a quattro mani con Wim Wenders Al di là delle nuvole. Un’opera portata a termine con difficoltà sia per problemi produttivi e anche perché durante le prime fasi di lavorazione non c’era un buon rapporto tra i due registi. Infine un episodio di Eros: il filo pericoloso delle cose.