Una fonte riferisce che:
“Io credo di aver molto viaggiato nel West quando ero un bambino. Però quei posti proprio non me li ricordavo. Lì per dirne una gli avvocati sono più contorti che nelle fiction oggi alla moda. Non mi sento di giudicarli perché leggi e normative in vigore nel film appaiono cosi intricate che sembrano fatte apposta per toglier la voglia di applicarle o trasgredirle a chiunque; e se chiedi ai passanti della famosa Legge del West praticamente nessuno sa cosa sia. Gli affari vanno in fondo abbastanza bene, prospera il mercato delle special rendition di cadaveri, e attorno al valore nominale delle spoglie gira l’economia: più o meno come un golem. Non c’è pertanto da stupirsi che i pistoleros facciano dei discorsi talmente strampalati che sembrano tutti rabbini fuori di testa. C’è una ragazzina che cerca disinteressatamente l’uomo che ha ucciso suo padre e ha la bella idea di assoldare Jeff Bridges. Costui nel doppiaggio italiano imita la voce del doppiatore di John Wayne una tacca sotto il coma etilico. Da quanto mi dicono i dialoghi originali sono incomprensibili a un giornalista del “Independent” laureato a Cambridge e forse in dialetti rimescolati sul set. Stando alla critica “Il Grinta” è un remake di un film del ’68 che io non ho visto e secondo me neanche la maggior parte di loro; che poi lo abbiano visto i Fratelli Coen in questi giorni per divertirsi tra amici non mi pare improbabile; e lo avranno magari visto negli anni ’70 ma solo perché quel giorno non avevano altro da fare che prendere per i fondelli i cow-boy; o si erano annoiati ad una lezione di Torah ed avevano voglia di una sana sparatoria. Sono i tipi che sono, ma in quanto a fotografia, montaggio e direzione degli attori penso appartengano a quella ristretta sottoclasse di perfezionisti che non nuoce ai collaboratori di turno e al resto dell’umanità; ed è anzi uno spasso lasciarsi coinvolgere dalle loro manie. Per cercare l’assassino si inoltrano nella riserva indiana, dove di indigeno è rimasto appena qualche bambino abbandonato fotografato da Salgado, e per il resto sono solo strane apparizioni di cacciatori di taglie. La trama sembrerebbe lineare ma a seguirla si fa una fatica inutile. Tutti pensano al denaro e ai cadaveri che potrebbero procurarsi e quindi la ragazzina non corre alcun rischio. L’unico a darle un po’ fastidio è un cow-boy palesemente gay che vuol far vedere ai colleghi quanto è virile. Dei dialoghi non anticiperei niente, perché è un tale delirio toponomastico, e di mitomania autobiografica, che poi vien voglia di parlare cosi con gli amici; ma con cautela, giacché un simile stile discorsivo confonde anche i purosangue e il paesaggio. Dico solo che Bridges canticchia My Favourite Things prima che sia stata composta, a quanto mi risulti, e che il più perfido di tutti ha il nome di un vicepresidente americano recente: cioè più o meno come se qui si facesse un film sui Casalesi con un capoclan che si chiama Bertolaso. Si vede infine che quella ragazzina che parlava così cool e sfrontato, e tutti pensavano che da grande sarebbe diventata una donna affascinantissima, 25 anni dopo è una signora affettata e per bene, appena più vitale di un cadavere nella prateria; e, quel che è peggio, non deve essere stata la frontiera a ridurla in tal modo, ma la famiglia, la carriera, e la vita di società, io credo. E intanto il west si è trasformato nella sua caricatura in un parco giochi inglese, o forse alla fine di quel casino in America si è rifatta l’Inghilterra in pessimo stile.”
Cinque modi per giocare con Il Grinta:
1) Mandare sms tipo:
“Quando incontrai quel Ranger di Mount Aloma con cui avevo disertato dal battaglione di Lowerson nel granaio della distilleria di MckKinney il guercio, tirava un vento che, un quintale di sterco di coyote non sarebbe bastato a bruciare una foglia di sequoia di quella dannata foresta, secca come un Apache crepato di diarrea, gringo…” se qualcuno si lamenta che fuori c’è vento e non riesce nemmeno ad accendersi una sigaretta. (Il costo varia secondo gli operatori e i piani tariffari).
2) Mettersi in bocca ‘na pasta de Grinta.
Sottoporre filippiche come quella del punto (1) a un traduttore automatico, reiteratamente, variando ogni volta idioma, per poi riportarle in italiano. Usare il risultato in una conversazione, senza preavviso.
3) Giocare con gli amici al gioco di società basato sulla congettura che Romero abbia girato in segreto un remake del film.
Una premessa: bisogna innanzitutto tener conto che Romero complica un bel po’ le cose perché i cadaveri nella prateria possono trasformarsi in qualsiasi momento in zombie. La ragazzina invece manda ordini telepatici da casa e forse nemmeno esiste. Aprendo la confezione del gioco si trovano 6 pistole in plastica, un mazzo di carte simile a quello del poker, una coppia di dadi e una lavagna. Si può però giocare anche in 20, per dire, a patto di procurarsi abbastanza pistole finte e di disporre di un appartamento spazioso (l’ideale, però, sarebbe una vera e propria prateria, o un suo surrogato passabile, un pratone sulla Casilina, ad esempio). I giocatori si dividono in due squadre: i cacciatori di taglie e i cadaveri, i quali, coerentemente si distendono e restano immobili. Dimenticavo, c’è uno che fa l’arbitro, o meglio gioca nel ruolo del Fato. I cacciatori di taglie si mettono a cercare cadaveri. Se vogliono contendersene uno, o se solo gli gira così, si puntano le pistole contro. A quel punto il Fato tira i dadi e decide chi dei due è morto e deve di conseguenza fare il cadavere. L’altro guadagna un punto che il Fato segna sulla lavagna. Quando il Fato vuole, può estrarre dal mazzo una carta. Le carte contengono ordini della ragazzina: comportano la trasformazione di stato immediata (Cacciatore / Zombie/ Cadavere) di uno dei giocatori. Le indicazioni in proposito sono piuttosto vaghe e la scelta finale è lasciata al Fato. Se per esempio lo prescrive la carta estratta in mano al Fato, il cadavere si mette a fare lo Zombie, che può, se vuole, aggredire i cacciatori di taglie, i quali hanno parimenti facoltà di eliminarlo. L’esito dello scontro è deciso dai dadi del Fato. C’è poi una carta speciale, estratta la quale il padre della ragazzina è individuato, e la partita finisce di colpo.
4) Smettere di fumare con l’aiuto dei Fratelli Coen.
C’è uno dei personaggi che ha il nome confidenziale di una nota marca di sigarette e viene urlato tra i canyon, che ai vecchi tempi, quando era ancora consentito incoraggiare con inserzioni a pagamento il tabagismo, erano tipici di quelle pubblicità. Io credo davvero che quei due si siano divertiti un mondo ad aggirare una Legge: perché se un personaggio originale del West si chiama come una sigaretta non si può censurare. C&rsq
uo;è addirittura una dea omonima di una marca del monopolio. Però potrebbe anche essere stata una pensata di Spielberg, produttore esecutivo de Il Grinta. Costui infatti ha ridotto le scenografie dell’ultimo film di Eastwood ad un campionario di marchi globali. Temo purtroppo che Clint non stia tanto bene, perché un tempo avrebbe certo steso sei o sette grossi addetti afro-americani alla security messi lì dalla produzione, tanto per chiarire le cose. Poi li avrebbe accompagnati in ospedale con la sua Gran Torino e saldato di tasca propria il conto delle medicazioni. Sarebbero quindi andati tutti assieme a sentire del buon Jazz nel ghetto, bevendo whisky e facendo amicizia. Questa volta dovevano essere troppo grossi o Clint così vecchio, ormai, che… lo scrivo aspirando con aria grave, e trattenendo le lacrime… il metodo che avevo in mente deve essere di quelli che sfumano mentre li descrivi.
5) Combattere il razzismo con i metodi dei Fratelli Coen.
Si può per esempio accompagnare all’ospedale israelitico un’amica fifona che deve farsi vedere un neo. Può capitare che nella sala d’attesa la gente parli di politica per dimenticare di essere in un nosocomio. Che una vecchietta, capita, inizi a dire che è uno scandalo che hanno dato le case agli zingari, e che ci vorrebbero anzi i campi di concentramento. Alcuni tra gli astanti portano ornamenti sacrali ebraici e si avviliscono naturalmente moltissimo a sentire certe scempiaggini, ma siccome sono discreti e clementi con i gentili, oppure molto in pena per un referto clinico, non reagiscono. Il momento buono è quando l’amica fifona viene chiamata dal dermatologo. Allora ci si può alzare, avvicinare a lenti passi da cow-boy alla vecchietta, fare uno sguardo da killer prezzolato e attaccarla. Fingendo di essere ebreo, proprio come Goodman, ne Il grande Lebowsky, però con un preciso fine politico, mica per nostalgia di una donna. E si può terrorizzare la vecchietta a colpi di Torah, ispirandosi nella sintassi alle filze di imprecazioni del film. Dire per esempio che uno dei più grandi precetti dell’ebraismo è l’ospitalità, che il Dio delle Scritture non è meno errante del suo popolo, che la sua inattingibilità forse è doloroso Esilio, citare rabbini fittizi di Vilnius, o anche asserire che un proprio parente è sopravvissuto ad Auschwitz, se serve allo scopo; e che incitare al razzismo è reato, sarebbe meglio fosse tabù, e in un ospedale israelitico è moralmente intollerabile. L’unico rischio è di dare molto più fastidio alla gente in attesa di quella vecchia stronza; e che poi lei riferisca tutto ai nipotini, i quali per ritorsione vanno a bruciare un campo rom, o pestano un compagno di classe che stabiliscono loro sia ebreo.
Saloon Lounge Rumors:
…"sembra Caravaggio" sussurra con la sua bella voce roca una donna al suo compagno, entrano così nel film, tenendosi per mano, credo, mentre è morte sotto la luce notturna e la neve, da quel buio così intenso… lei che sa curare gli affreschi e ha sempre detestato i Western, lui che il cinema potrebbe insegnarlo all’università ma sta tornando ad un locus della sua infanzia, ad un campetto, sarebbe meglio dire, a quando aspettava trepidante le scene di guado in B/N… un linguaggio frenetico, non c’è tempo per le scene, il clima, i costumi, per assorbire, dice un mio omonimo: si sarebbe accontentato di un po’ di deserto, lui dice, e che prima o poi vorrebbe vedere i deserti della Bibbia, e Gerusalemme, ma quando capiterà, perché è tutta la vita un pellegrinare, a prescindere da quanto uno viaggi o si agiti, che si può pellegrinare anche quando uno cerca di rilassarsi in salotto e di leggere un giallo…. C’è un signore americano che dice che ha voluto chiamare il suo blog True Grit, cioè Il Grinta… perché sua madre gli proibiva di parlare con gli estranei di politica o di religione, ed ora lui lo fa in segreto li, ed è stato il film a fargli venire l’idea di sfogarsi…. C’è anche un critico newyorkese che sostiene che i film dei Coen sarebbero vuoto che vaga con un recinto che non riesce a tenere le mandrie, o qualcosa del genere, temo che abbia esagerato un po’ al bancone… E’ solo nel finale, mi fa notare un uomo – mi sembra di conoscerlo da sempre – che si vedono dei veri sepolcri, ordinati, ma al dolore che ne viene, non bastano, ormai…. dialoghi taglienti come lame e pungenti come pallottole, affidati ad un cast semplicemente impeccabile. Ho avuto la psoriasi! Psoriasi scomparsa come neve al sole! dice uno a-la-page, e io cerco di convincerlo che non ho la psoriasi, che forse nessuno nel saloon ne soffre, ma è come parlare con un sordo a mille miglia di distanza, e chissà che da qualche parte nella rete non ci sia un link che promette di guarirlo… Qualcuno urla: ”You mispelled 'Matt' twice and don't know the difference between 'your' and 'you're'. So basically, go fuck yourself.” E poi ci sono nel saloon 109.025 amici del film, e fino a qualche mese fa se volevano scindere l’amicizia col film bastava scorressero la lista dei loro amici virtuali, adesso devono andare direttamente sulla pagina, se lo ricordano, perché al proprietario del social network conviene che tutti siano più amici possibili, e a molti di loro non importa nulla, come alle signore addormentate di fronte ad “Amici” che stigmatizzano… Approda nei cinema italiani Il grinta, nuovo lavoro dei fratelli Coen, … Libia messa a ferro e fuoco in questo momento, sento dire in quel caos… C’è una ragazza nel saloon che beve col sorriso birra fruttata, ed è più dolce e inebriante della bevanda… Ed è cosi coinvolgente la sua fantasia che, nemmeno accenna a come si è persa il film, e già mi convinco di averlo visto con lei…