di Sara Marullo/Carol è un film incentrato sulla manipolazione. Un film che vuole raccontare come Carol, una donna dotata di un fascino quasi disumano nella sua monocorde artificiosità espressiva, ma così potentemente seduttiva, riesca ad ottere il suo dominio sugli altri.
In Carol c’è desiderio ma non passione, elargisce il suo fascino senza mai realmente compromettersi e coinvolgersi completamente, ed è per questo che gli altri si innamorano di lei e ne diventano vittime.
Il suo rapporto con la figlia, almeno quello che si evince dai pochi dialoghi, è basato sulla continua affermazione del suo protagonismo narcisistico che riesce a primeggiare anche a discapito della libertà immaginativa della stessa:
“non sempre il papà e la mamma possono andare insieme negli stessi posti… e poi IO devo rimanere a casa così babbo natale non si sbaglia con i regali” dice Carol alla figlia.
Il rapporto con suo marito, dove è evidente che sia lui la vittima, sebbene Carol riesca a far credere a tutti il contrario. È un marito che si fa manipolare perché è soggetto passivo della sua fascinazione, un amante non corrisposto. Anche quando decide di ribellarsi, usando mezzi davvero meschini, non riesce a farlo: è lei che lo piega ancora una volta al suo volere.
Emblematica la scena dell’incontro nello studio legale dove Carol si finge per la prima volta umana e fragile perché è consapevole che sarà la sua carta vincente.
Il rapporto con la sua migliore amica-ex amante è fondato sull’ambiguità emotiva e sul ricatto sentimentale. L’amica è ancora innamorata di Carol, e Carol lo sa, continua a farla sentire speciale, la più importante, perché in quel momento è l’unica sua alleata e le serve. Riesce a convincere anche lei di essere una persona fragile, del tutto dominata dalla figura del marito (il dialogo tra l’amica e il marito di Carol, quando lui bussa alla sua porta).
La relazione con Therese non è poi mai paritaria, è Carol che decide il quando e il come, che sa come far sbocciare un fiore ancora immaturo, prende quasi i panni dell’uomo-padre-che rassicura-benefattore-che protegge… Una donna-uomo pienamente consapevole e dotata di un autocontrollo disumano, che fin dal primo incontro mostra in modo così evidente il suo desiderio quasi maniacale di irretire attraverso la sua fascinazione una ragazza-incarnazione anche della giovinezza che lei sta perdendo.
Therese è appunto una ragazza di 19 anni piena di voglia di vivere, è diversa dalle altre, come ribadisce Carol. Il suo desiderio di conoscere e di sperimentare la vita è ancora svincolato da certe regole morali, si fa guidare non dalla ragione ma dai sensi. “Io non riesco mai a dire di no”, spiega a Carol sentendosi in colpa, perché la sua ingenua immaturità le fa credere di essere lei ad aver fatto precipitare gli eventi, ad aver sedotto Carol. Saranno appunto gli eventi a darle torto.
Nella scena del ristorante ad esempio Carol le dichiara il suo amore, con una freddezza e razionalità sentimentale che mette i brividi. È convinta che vincerà pur avendo ricevuto un rifiuto, lo mostra nel modo come stringe la spalla della ragazza salutandola, come se stesse marcando la sua preda, e quando parla e ride con i suoi amici nel ristorante dove la ragazza la va a cercare: nell’incontro dei loro sguardi l’espressione di Carol rimane la stessa, felice e consapevole di essere vincente sul mondo intero.
Carol usa l’arma della seduzione che negli anni ‘50 è attributo squisitamente femminile, nei suoi modi di vestire, di atteggiarsi, di parlare, ma riesce anche a mostrare un lato maschile, almeno del prototipo di maschio anni ’50, in come si gestisce appunto la relazione con la figlia (il suo distacco emotivo) il marito (prendiamo come esempio la sua insofferenza a tavola con i genitori di lui, la sua decisione di lasciargli la figlia), e come ho appena detto con la ragazza. Durante la scena, in cui fanno sesso per la prima volta, c’è un’inquadratura che mostra Carol di spalle: sono spalle imponenti muscolose maschili, spalle di una dominatrice.
La Carol di Patricia Highsmith, da cui è ispirato il film di Todd Haynes, è una donna limpida, anche fragile, che negli anni ’50 si batte insieme a Therese, la sua amante, per poter vivere liberamente la loro storia d’amore. Haynes ci propone, invece, un personaggio diverso, molto più ambiguo, simile per molti aspetti alla maggior parte dei protagonisti di altri romanzi della Highsmith.