LEILA’S BROTHERS di Saeed Roustaee
Il regista iraniano Saeed Roustaee si è fatto conoscere internazionalmente nel 2016, con il suo primo lungometraggio Life and a day ricompensato con il Reflet d’Or al Festival di Ginevra. The law of Teheran, il suo secondo lungometraggio, è stato selezionato nel 2019 alla Mostra del Cinema di Venezia. Leila’s Brothers gli è valso quest’anno un invito al Concorso ufficiale di Del Festival di Cannes. Roustaee prende il tempo di descrivere e seguire i protagonisti della sua pellicola; il padre, la madre, Leila, l’unica figlia della famiglia e i suoi quattro fratelli con la perizia e la precisione di un grande romanziere, dando così vita ad un’autentica comedie humaine. L’incipit del film è una sequenza impressionante dove, grazie ad un montaggio parallelo, passiamo da una scena tumultuosa in cui gli operai di una fabbrica, licenziati in massa, si scontrano con le forze dell’ordine a dei primi piani di una giovane donna che si sottopone a un massaggio contro il mal di schiena. Nella calca dei lavoratori attaccati dalla polizia, la cinepresa segue un uomo sulla quarantina che corre nel senso inverso alla folla e cerca di scappare verso un autobus che lo riporterà a Teheran. Facciamo così la conoscenza di Alireza (Navid Mohammad Zadeh), il figlio ‘modello’, che da anni vive lontano dalla famiglia. Ormai disoccupato è costretto ora a tornare, almeno temporaneamente, dai suoi genitori. La donna invece è Leila (meravigliosamente interpretata da Taraneh Alidoosti), una quarantenne ancora nubile che vive ancora dai suoi e lavora nell’amministrazione di un centro commerciale. Heshmat (Saeed Poursamimi), il capo famiglia, un anziano lavoratore dedito all’oppio e operato a cuore, pena a trovare il rispetto e la considerazione del clan dei suoi cugini. Nel corso di una cerimonia per nominare il nuovo leader del clan, Heshmat, al quale in termini d’età spetterebbe questo posto, viene messo malamente da parte, in favore di un altro cugino, più giovane ma molto facoltoso di lui. Il riconoscimento e il rispetto del suo clan è l’unica cosa al mondo che conta per lui e per guadagnarselo è pronto a sacrificare tutto, anche il benessere ed il futuro dei suoi stessi figli. Cocciuto, il vecchio, insiste affinché l’ultimo nato di suo figlio Parvis (Farhad Aslani), un uomo obeso sulla cinquantina che lavora come agente di pulizia un centro commerciale, venga battezzato con il suo nome. Nel corso di un pranzo di famiglia in onore del neonato, Heshmat, scaltro e diffidente insiste per sapere se il bimbo ha effettivamente il suo nome, tutti gli dicono di si. Ma lui, comparando il nome sul certificato di nascita con quello del suo libretto bancario, scopre l’inganno e monta su tutte le furie. Questo breve episodio è indicativo dei rapporti famigliari che sono al centro di questa vicenda. I figli di Heshmat sono: Parvas, un uomo bonario ma privo di iniziative che da sempre ragione a tutti, Manouchehr (Payman Maadi) che fa il tassista è il ‘bello’ della famiglia ma ha il cervello nei bicipiti e Farhad (Mohammad Ali Mohammadi) che, divorziato da poco, spera di fare tanti soldi in poco tempo associandosi con un tipo losco che ha montato una truffa colossale. Alireza sembra essere l’unico fra i quattro maschi ad avere i piedi per terra, peró si fa spesso indietro quando si tratta di assumere delle responsabilità pur di non entrare in conflitto con il padre che rispetta profondamente. Tutti senza lavoro, questi uomini hanno il vago sentore di essere degli scrocconi. Leila (meravigliosamente interpretata da Taraneh Alidoosti) l’unica donna del gruppo, cucina e pulisce per i loro genitori e cerca di pianificare un futuro per i suoi fratelli di mezz’età, mentre con il suo stipendio li mantiene tutti. Rimasta zitella a causa del padre, che ha cacciato l’uomo della sua vita con una menzogna infame, Leila sente di non dovergli più nulla. Il ritorno del fratello maggiore a Teheran è l’occasione ideale per la donna che sogna di mettere fine alla loro vita precaria. Leila e i suoi fratelli cercheranno di fare il possibile per montare una piccola impresa famigliare che dovrebbe permettere loro di acquistare finalmente un po’ di benessere e di felicità. I cinque fratelli decidono così di partire all’avventura tentando il tutto per tutto. Quest’impresa è il motore narrativo della vicenda. Dopo avere scartato l’idea di un business illegale e rischioso, la sorte sembra infine sorridere. Les toilettes del centro commerciale in cui lavora Parvas, saranno trasformate in un locale commerciale e sono messe in vendita. Questa è l’occasione d’oro che permetterebbe loro di aprire un negozio a conto proprio. Inizia cosi la ricerca dei fondi per pagare il primo acconto dell’acquisto ma, nonostante ognuno sia pronto a metterci fino all’ultimo centesimo vendendo il taxi, la casa, o rinunciando ai risparmi di tutta una vita, i soldi sembrano non bastare mai. Nel frattempo il padre viene abbordato dal cugino, che per di finanziare il matrimonio di suo figlio è disposto a concedere l’enorme onore a Heshmat di essere il padrino a patto che quest’ultimo si dichiari pronto a versare come regalo di matrimonio quaranta monete d’oro. Il vecchio lusingato accetta e dichiara di avere le monete richieste, Leila e i suoi fratelli sono sorpresi e costernati, mai avrebbero immaginato il padre in possesso di una tale somma, loro che non hanno mai avuto il minimo sostegno finanziario da parte sua e ai questi soldi, proprio adesso, mancano per poter comprare la boutique tanto sognata. La sequenza del matrimonio è magistrale; non solo perché la messa in scena sa allestire uno spazio festivo enorme, riempiendolo di una folla festiva tanto gioiosa quanto potenzialmente crudele ma perché un colpo di scena porterà ad un drammatico capovolgimento di prospettiva. La precisione con cui il regista descrive un momento di gloria assoluta, seguito da una destituzione crudele ed istantanea è un autentico pezzo da antologia. Tutti i personaggi dovranno affrontare questioni di ordine etico, confrontandosi non solo con gli altri ma in primo luogo con se stessi, in un gioco del fato crudele che mette a prova i sentimenti reciproci di ognuno chiamandoli ad assumersi tutte le loro responsabilità e a prendere delle decisioni cruciali. La finezza con cui il regista descrive queste dinamiche di gruppo è straordinaria; i dialoghi sono densissimi, nel film si parla in continuazione con un gusto spiccato per la disquisizione morale, in cui una posizione etica si confronta costantemente con un’altra creando una dialettica continua. Lealtà, rispetto delle tradizioni, fedeltà verso gli atri, onesta, altruismo, abnegazione e il loro contrario si affrontano sull’arena del film, facendoci riflettere. Questa verbosità eccessiva può risultare faticosa da un certo punto in poi, mentre l’ultima parte del film si protrae troppo creando un effetto di saturazione, detto ciò non si può non ammirare il modo in cui il regista riesce a costruire ogni singolo personaggio, creando dei caratteri a tutto tondo, originali e perfettamente credibili. Lo spirito di sopravvivenza di Leila, il suo desiderio di guadagnare degnamente la propria vita, di liberarsi dalla precarietà e dalla miseria si scontra contro la forza del patriarcato e l’imposizione di valori tradizionali. L’eroina del film è una donna, chi mette in moto tutto e lei. Non è da poco vedere un ritratto al femminile forte, intelligente, pragmatico ed intraprendente in una società dove le donne sono, purtroppo, tutt’ora cittadini di seconda categoria. Anche in questo senso Saeed Roustaee ha pienamente riuscito il suo film.