Quinzaine – Il secondo giorno di proiezioni alla Quinzaine è stato dominato da due opere prime, Little baby Jesus of Flandr di Gust Van den Berghe e Un poison violent di Katell Quillévéré che affrontano entrambe il rapporto complesso e spesso conflittuale dell’uomo con la religione.

Presentando Little baby Jesus of Flandr del fiammingo Gust Van den Berghe, il direttore artistico della Quinzaine ha detto che si tratta di un’opera molto particolare, fuori dal comune. Non ha avuto torto: includerla nella selezione è stata una scelta coraggiosa e senza dubbio rischiosa. Il film, i cui protagonisti sono per la quasi totalità degli individui affetti dalla sindrome di Down, si muove sul terreno di una disquisizione teologica e sceglie come  linguaggio estetico il simbolismo. Girato in bianco e nero con un budget molto ridotto, Little baby Jesus of Flandr è l’adattamento di un’opera dello scrittore Felix Timmermans e mette in scena una parabola sul destino di tre uomini nel loro rapporto con Dio. Suskewiet, Pitjie Vogel e Schrobberbeeck sono tre medicanti che decidono, prima di Natale, di guadagnarsi un po’ di soldi chiedendo l’elemosina nelle vesti dei Re Magi. Finito il loro giro, mentre sono di ritorno verso casa, felici di avere finalmente qualche moneta nelle tasche, si imbattono, nel mezzo di un bosco coperto di neve, in una baracca. In questo rifugio di fortuna vive una giovane coppia con un neonato. Fa freddo e la piccola famiglia non ha nulla di cui nutrirsi: impietositi dallo spettacolo i tre amici decidono di lasciare sul posto i pochi spiccioli che hanno guadagnato.

Questo incontro fortuito cambierà radicalmente l’esistenza di ognuno di loro: il più giovane, Suskewiet, convinto di avere incontrato Gesù Bambino dedicherà la sua esistenza al Signore, il più anziano, Pitjie Vogel, venderà, in cambio di ricchezze e dell’amore di una donna, la sua anima al diavolo, il terzo, Schrobberbeeck, vagabondo per natura, resterà scettico e prigioniero dei suoi dubbi. Little baby Jesus of Fland si avvale di una fotografia in bianco e nero brumosa e delicata, punteggiato di immagini molto suggestive. La lunghissima panoramica iniziale sul limitare di un bosco e i piani d’insieme, dove nell’immensità di un paesaggio innevato spiccano in lontananza le silhouette nere dei tre protagonisti, sono dei veri momenti di grazia. Nonostante ciò il ritmo estremamente lento della narrazione, accentuato dalla locuzione faticosa dei personaggi e dall’impiego esasperato di una simbologia religioso-mistica a volte ovvia e a volte decisamente indecifrabile, rendono il film molto difficile da seguire. Troppo criptico, ellittico, ed in un certo senso anche desueto, Little baby Jesus of Flandr, che pertanto ci propone un discorso teologico, non è riuscito a sedurre intellettualmente il pubblico e forse, nonostante le interpretazioni toccanti dei suoi attori handicappati, neanche a commuoverlo. Molti sono coloro che hanno lasciato la sala durante la proiezione. Il tema della spiritualità è anche al centro di Un Poison violent della francese Katell Quillevéré. L’eterno conflitto fra religione e sessualità, fra il richiamo al dovere disincarnato dello spirito e il desiderio della scoperta del proprio corpo e delle proprie pulsioni sessuali costituiscono il tema di fondo di questo film. Protagonista della vicenda è Anna, un’adolescente alle prese con l’arduo compito di  trovare una propria identità ed un propria posizione nel mondo degli adulti. Il film di Katell Quillevéré al quale è stato attribuito, pochi giorni prima dell’inizio del Festival di Cannes, il prestigioso premio Jean Vigo, è un ritratto sensibile, ricco di sfumature e poetico, attraversato da una sottile vena umoristica, di una crisi adolescenziale e del suo superamento.

É estate; Anna è appena tornata a casa per le vacanze dal collegio dove ha  dovuto trascorrere l’anno scolastico dopo la separazione dei suoi. La chiesa gioca un ruolo molto importante nella piccola cittadina di provincia al nord della Francia dove abita la ragazza. Anna vive in una vecchia casa di famiglia con la madre, interpretata dalla celebre cantante francese Lio, e con il nonno paterno, interpretato da un mostro sacro dello spettacolo francese, Michel Galabru. La sessualità sembra essere, in forme diverse, al centro delle preoccupazioni degli adulti che le stanno intorno: la madre frustrata dall’abbandono del marito cerca conforto nella chiesa e in un suo avvenente rappresentante, un giovane curato di origine italiana. Costui, un ragazzo apparentemente posato e pronto ad aiutare e confortare il prossimo, subisce in segreto i tormenti della carne. Dal canto suo il nonno, un vecchio ateo, malato ma pieno di gioia di vivere, stenta a tenere a bada le sue pulsioni sessuali mettendo più di una volta a disagio l’amata nipote. Presa fra tutti questi adulti in crisi, Anna, che soffre molto a causa dell’assenza del padre, passa le sue giornate con un ragazzino, Pierre, vivace e disinibito e finisce per innamorarsi di lui.

Evento culminante dell’estate è la Cresima di Anna. La ragazza si prepara a questo evento con impegno.  Ma man mano che il momento fatidico si avvicina le cose si fanno sempre più difficili per lei e l’apprensione cresce: come fare? Cosa scegliere? Obbedire ai ferrei precetti ecclesiastici che le ingiungono di rinunciare ai piaceri del corpo per perseguire un cammino esclusivamente spirituale o seguire i suoi istinti, i suoi desideri e le sue pulsioni? Un poison violent è un film pieno di grazia, senza essere superficiale la regista sa evitare i toni melodrammatici dipingendo, con un tocco leggero e spigliato, i mille conflitti che agitano l’animo di Anna. Katell Quilleveré costruisce una figura di adolescente sensibile e tormentata ma anche, a modo suo, determinata: Anna saprà fare la buona scelta emancipandosi da coloro che la circondano e da una serie di regole imposte per iniziare con serenità e gioia la sua vita da adulta.

La più grande qualità di Un poison violent risiede nella sua ottima sceneggiatura che  approfondisce con finezza la psicologia dei personaggi e tesse una trama sottile ed articolata,  piena di tensioni e orientata verso un’autentica “catarsi” finale. Anna riesce a trovare, infatti, la sua strada conciliando il suo legittimo desiderio di crescere, di conoscere il suo corpo, di vivere la sua sessualità con un’aspirazione spirituale che non passa per forza attraverso i precetti della chiesa. Il film si avvale di uno straordinario cast di attori fra qui spicca Clara Augarde nel ruolo di Anna: la sua interpretazione piena di freschezza e di innumerevoli sfumature ci rivela una giovane attrice di cui sentiremo sicuramente parlare di nuovo. Certo, il soggetto di Un poison violent, sorprende leggermente: nella Francia di oggi, paese laico per eccellenza, le preoccupazioni religiose dei protagonisti appaiono datate e sono certamente poco comuni ma ciò non toglie nulla alla forza del film.

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