Negli affollati programmi dei grandi festival, Johnnie To è sempre un nome che fa la differenza — una garanzia, indipendentemente dai gusti e dalle scelte di visione. Johnnie To è, d’altra parte, un onesto, onestissimo capomastro del noir-action, capace di sfornare due titoli l’anno, tutti dal ritmo convulso e mozzafiato, tutti stilisticamente ineccepibili.
Man jeuk/Sparrow, presentato in Concorso alla Berlinale, è diametralmente distante dai film più conosciuti di To: i due Election, Exiled, PTU o The Mission. Con essi, però, condivide quello stesso senso, puro e cristallino, della professionalità al lavoro, dove anche il product placing è una lezione di eleganza.
Le atmosfere noir, in una Hong Kong di gocce di pioggia e di vapore fittissime, e morbide come la cipria (rigorosamente Chanel), trionfano nella storia di quattro borseggiatori (Sparrow, nel titolo internazionale, sta ad indicare il passero, uccello portafortuna ma anche, appunto, il ladruncolo di strada) che, in modi diversi, incontrano sulla loro strada una bellissima, griffatissima e misteriosissima fanciulla, portatrice di molti sogni e ancor più di guai. Si comprenderà bene che la vicenda della “bella” tenuta in una prigione dorata dalla ricca bestia è, naturalmente, soltanto una vetrina per mostrare carrelli laterali lussurreggianti, flou raffinatissimi e giochi di incroci al ralenti da vero maestro di genere, come la lunga sequenza finale, tutta giocata sugli effetti azzurrati della pioggia sugli ombrelli neri dei protagonisti.
È chiaro che un simile divertissement, omaggio ad Hong Kong e a tutti i pickpocket (zavattiniani e non) della storia del cinema, ha un prezzo — e piuttosto alto. Ma Johnnie To, pervaso della sana mentalità commerciale di ex-suddito britannico, non storce il naso nel mischiare arte e denaro: e allora ecco sfilare, senza falsi pudori, la classicissima shopping tote bag di Prada, un intero set di valigie a monogramma Vuitton, orologi Cartier e spolverini di seta Dior; o costruire, con grande mestiere, un incontro, casualissimo, davanti ad una enorme insegna di McDonalds.
Da Man jeuk — che convince la stampa internazionale, ma solo per il suo dichiarato scopo ludico — non si esce colpiti o arricchiti.
Rinfrancati sì, perché, in attesa del vero Johnnie To del nuovissimo Linger, fra tanto cinema sgraziato, ma di grandi pretese, un po’ di pura forma non guasta mai.