Dopo avere esordito alla Mostra del Cinema, Atlantide di Yuri Ancarani è stato presentato al Thessaloniki Film Festival nella sezione Film Forward dedicata ai film che esplorano nuovi linguaggi cinematografici.
Yuri Ancarani, arista visuale e regista, ha saputo costruire sul filo degli anni un suo linguaggio cinematografico inconfondibile. Grandioso e rigoroso al contempo il suo stile si associa costantemente all’esplorazione di luoghi fisici e mentali reconditi. Ancarani punta il suo obiettivo verso le frange dell’esistenza e i suoi film esplodono davanti ai nostri occhi come delle epifanie. Atlantide non fa eccezione a questa regola.
Planando sui limiti porosi fra documentario e finzioneil film decolla verso una dimensione onirica trasformandosi in un grido d’amore per la fragile bellezza della laguna veneta minacciata dal fare degli uomini e dalla forza impetuosa del mare.
Ritmato da un possente sound elettronico all’unisono con la velocità dei motoscafi e la gioia di vivere dei ragazzi, protagonisti del film, Atlantide c’imbarca in un viaggio sensoriale inebriante, furioso e poetico.
Nostra guida sulle acque è Daniele, un ventenne biondo e slanciato, che dall’isola di San Erasmo dove è nato sogna di un destino diverso che ancora non riesce ad immaginare.
Dietro e al di là dello splendore di Venezia e della sua vita fatta di monumenti straordinari e masse di turisti, la laguna che circonda la Serenissima con le sue innumerevoli isole e il suo paesaggio selvaggio è un luogo difficilmente accessibile, affascinante e non privo di mistero.
In questi paraggi brulica la vita di una comunità in disparte che ha le sue regole di vita, i suoi valori e i suoi rituali. Se la vecchia generazione, come il nonno di Daniele, ce la mette ancora tutta a coltivare un piccolo orto sull’isola di Sant’Erasmo, i giovani vogliono divertirsi e amano la velocità. Al posto delle macchine ci sono i motoscafi, detti ‘barchini,’ con cui i ragazzi si sfidano l’un l’altro infrangendo, nelle loro corse clandestine, ogni codice e ogni regola di navigazione. Daniele schivo, silenzioso e solitario è un outsider. Forse non ha abbastanza soldi o forse non ha il look o la ragazza giusta per farsi accettare dal gruppo di amici che partono tutti insieme sui loro barchini super potenti per partecipare a delle grandi feste clandestine o fare il bagno da qualche parte.
Ma i barchini servono anche ad altro, come ci mostra il film rompendo un vero e proprio tabù, e rivelandoci i retroscena del traffico di droga nella laguna. In una sequenza mozzafiato, altamente stilizzata, un ragazzo dopo essere riuscito a seminare con delle manovre spericolate il motoscafo della guardia di finanza, espone con soddisfazione i soldi che ha guadagnato insieme alla sua mercanzia, come un trofeo di guerra, sul sedile del suo barchino.
Daniele invece se ne sta per conto suo, sempre accompagnato dalla fedelissima Maila, la sua fidanzata,pronta a fare di tutto per aiutarlo. Gli basterebbe solo un motore più potente e un’elica nuova per potere competere con gli altri. I soldi bastano per il motore ma non per l’elica. Con l’aiuto della ragazza Daniele decide di rubarne una ma quest’azione avrà delle conseguenze imprevedibili.
Seguendo l’evoluzione narrativa della storia di Daniele a poco a poco anche il tocco documentario della pellicola va scemando. La maestria incontestabile di Ancarani sta nella maniera quasi impercettibile con cui ci descrive questo processo di progressiva dissoluzione passando dai codici del puro realismo verso un onirismo sempre più spiccato che termina nella meravigliosa sequenza finale della pellicola in una mirabolante astrazione visuale. Questa trasformazione stilistica va di pari passo con la spirale in cui precipita man mano sempre di più la vita del protagonista.
Nei giorni estivi che compongono la prima parte della pellicola, la cinepresa di Ancarani capta splendidamente in lunghi piani sequenza il gioco della luce sull’acqua, il colore del mare e del cielo che si fondono in uno, la pelle abbronzata dei ragazzi e il verde brillante dei prati. Durante l’inverno invece le luci delle barche e quelle della città lontana illuminano di notte la laguna creando delle galassie misteriose sull’acqua nera e minacciosa del mare.
Nelle brume invernali Daniele, che ha ormai un motore potente parte come tutti gli altri prima di lui alla conquista della città per rincorrere le sue chimere e i suoi sogni proibiti. L’incontro amoroso con una bellissima turista straniera che balla scatenata sul suo barchino come una sirena impazzita si trasforma in un presagio funesto. Nella notte cupa della laguna Daniele decide di lanciare un’ultima sfida al suo destino. Ma il film non termina qui.
L’ultimo piano sequenza del film decolla completamente dal reale per approdare in uno spazio-tempo fantastico. Nella sua folle corsa notturna lungo i canali di Venezia la cinepresa ci trascina in un trip psichedelico dentro una capsula futurista dalla bellezza inusitata. Un semplice gesto cinematografico, la rotazione dell’immagine di 180 gradi, basta per creare questa magia. In questo repentino capovolgimento di prospettico Venezia diventa una città sommersa che brilla con un ultimo riflesso sullo specchio dell’acqua.
Sull’eco della grandiosa colonna sonora di Francesco Fantini e Lorenzo Senni ci aggrappiamo alle immagini, attoniti e storditi per approdare, nell’ultima gloriosa inquadratura, sul mare aperto e le luci dell’alba.