aClint Eastwood conferma il talento. La sensibilità. La passione civile in lotta contro l’ottusità del potere. La denuncia del sopruso. Racconta e suona – visto che è autore anche delle musiche – l’epopea di una donna che lotta contro i poteri forti: la società maschilista e in crisi della Los Angeles depressa degli anni ’20 e un corpo di polizia corrotto e violento. Christine Collins – questo il nome della protagonista interpretata da una nuova Angelina Jolie – è il personaggio reale di una tragedia riemersa dagli archivi storici del Los Angeles Time e finita casualmente nelle mani dell’ex-giornalista, nonché sceneggiatore del fim J. Michael Straczynski. Nell’obiettivo di Eastwood la lotta di questa donna si trasforma però nel simbolo della battaglia del singolo contro il potere costituito per l’affermazione della giustizia, della verità, dell’amore: valori apparentemente scontati eppure mai sufficientemente riconosciuti.

Christine Collins è una donna sola con un figlio e lavora in una società telefonica: una posizione scomoda per l’America reazionaria e puritana di allora. Quando suo figlio Walter scompare è sola ad affrontare l’angoscia, il silenzio assordante dell’assenza mentre la polizia, preoccupata solo di dimostrare il proprio valore, affronta il caso con superficialità fino a riconsegnare alla disperazione di una madre un bambino che dice di essere suo figlio, ma che non lo è. Passati due mesi dalla scomparsa, Christine è provata e, pur rendendosi conto che non si tratta di Walter, si porta il bambino a casa. Il suo calvario raggiunge l’acme quando decide di rifiutarsi di accettare l’impostura attraverso la quale la polizia ha ottenuto il plauso di stampa e opinione pubblica. E’ l’inferno: accusata di volersi liberare del figlio per condurre una vita dissoluta, di essere una madre degenere, finisce rinchiusa per cure forzate in un manicomio. Solo l’intervento del reverendo Briegleb – interpretato da un insolito John Malcovich – da anni impegnato a denunciare via radio la corruzione del corpo di polizia, la salva dall’oblio e le permette di continuare a lottare.

Eastwood accompagna lo spettatore nell’incastro di temi e pellicole: dal film a sfondo sociale, al dramma umano, fino al thriller quando viene scoperto un killer di bambini nelle cui mani probabilmente è finito lo stesso Walter. Indagini, processi, battaglie legali e sociali (come la finestra aperta sulle violenze perpetrate nei manicomi e l’orrore della pena di morte), si alternano in questa seconda parte di quello che sembra un film nel film. Il regista racconta con passione in questa pellicola, riuscendo in due ore a calare lo spettatore nell’America degli anni ’20 ma anche in problematiche sociali e storiche di ieri che fanno da specchio a quelle di oggi, trasformando Changeling anche in un film-denuncia. Il dramma di una donna. L’orrore della violenza ma anche l’insensatezza della pena di morte. Sembra impossibile contenere tutti questi temi e sentimenti in un solo film, ma se l’arte è espansione al di là del tempo e dello spazio, un saliscendi fra scale senza inizio e fine, Changeling è un piccolo capolavoro firmato da un grande artista. 

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