Perchè sì |
Perchè no |
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di Anne Perckel Nel cinema recente ci mancava una creatura del genere: un angelo di fuoco, vanitoso e avido, ambiguo e seduttivo, che non si accontenta di sognare o essere sognato, ma che sembra ricrearsi attraverso il proprio essere e il proprio fantasticare. Con la storia di Angel Deverell, ispirata al romanzo di Elisabeth Taylor su una delle prime scrittrici professioniste inglesi, Ozon mette in scena una vicenda romanzesca del Novecento in cui il racconto e la vita si mescolano fino all’indistinguibilità. Angel è una ragazza di una piccola cittadina inglese che sente la necessità assoluta di reinventare la realtà. Posseduta dal sogno di essere una scrittrice dotata riesce a trasformare le proprie fantasie romanzesche in vita. Senza scrupoli nel falsificare e mistificare la precaritetà e con un’avidità per la vita mondana e per tutto ciò che è “bello”, Angel diventa un fenomeno letterario, autrice di veri e propri best-seller, adorata dal grande pubblico. È la visionarietà di questo personaggio femminile sconvolgente, contemporaneamente amabile e detestabile, estraneo e familiare, che anima il film come un cuore battente. Sarebbe però sbagliato vedere Angel solo come un revival del romanticismo nel cinema. Angel è prima di tutto un omaggio di un regista eclettico a un genere del passato, pieno d’accenni divertenti e ironici. Come conferma Ozon è “una grande saga sulla scia dei melodrammi degli anni `30 e `40, che racconta ascesa e caduta di un personaggio fiammeggiante“. Infatti Angel è una straordinaria dichiarazione d’amore ai grandi racconti del cinema classico hollywoodiano. È pieno di citazioni dei film di questo periodo. A partire dal personaggio centrale di Angel Deverell che fa pensare, per esempio, alla O’Hara alias Vivien Leigh, fino alla luce, ai colori e ai costumi che evocano film di Mamoulian, Cukor e Minnelli. Attraverso queste ricostruzioni accurate Ozon evoca il cinema del passato e allo stesso tempo crea qualcosa di nuovo: esagerando le scene tipiche con gesti conosciuti (da vedere per esempio la messinscena del bacio tra Angel e Esmé) crea un doppio terreno ironico-eclettico. Angel è una figurina dei sogni, il suo pathos e le sue passioni si possono guardare con il piacere di sapere cosa sono: ornamenti, belli e antichi, in un museo del cinema. François Ozon è passato per i generi più vari, dal thriller alla commedia, dal musical alla storia fantastica. Il racconto della Taylor (in questo sono proprio d’accordo con il distributore italiano, la “Teodora Film” ) non avrebbe mai potuto avere una forma cinematografica diversa. La cinefilia d’Ozon in questo film si trasmette di prima mano: tutti gli elementi fanno parte di una necessità narrativa e danno vita all’auto-invenzione di Angel in tutta la sua gamma cromatica (una lussuria per l’immaginario kitsch dei lettori di romanzi d’amore e per lo spettatore cinefilo). Come filo rosso nell’opera di Ozon si potrebbe individuare l’interesse per le doppie dimensioni: nel caso di Angel non c’è una riflessione sui sentimenti o sulla loro intensificazione di fronte alla morte (Il tempo che resta, Sotto la sabbia), né sulla differenza tra apparire ed essere (Swimming Pool, Otto donne), ma sulla forza e il piacere dell’ispirazione creativa insieme al bisogno dell’artista di inventarsi davanti a un pubblico. In altre parole, la necessità dell’autore di raccontare se stesso. Angel parla per Ozon quando dice: “A me non interessa quello che è reale, ma quello che è bello“. Angel in questo senso è un altro ornamento perfetto nell’universo cinematografico di Ozon. |
di Stefania Bonelli Angel Deverell, capelli neri, occhi verdi, incarnato lunare, è una graziosa ragazza di una piccola cittadina di provincia nell’Inghilterra dei primi del Novecento. La sua storia si apre con una corsa a perdifiato verso la casa dei suoi sogni “Paradise House” dal cui cancello spia una vita che non può permettersi se non nelle sue fantasie. Ma Angel, che riesce a trasformare la realtà, riuscirà a ottenere tutto quello che desidera: successo, amore, denaro e “Paradise House”. Come? Grazie alla sua forza creativa capace di mescolare e confondere realtà e desiderio: per Angel la felicità risiede in quella porzione di realtà che è possibile trasformare con l’immaginazione “A me non interessa quello che è reale ma quello che è bello”. Ma sarà poi vero che è possibile modificare tutto e vivere come in una favola? Angel diventerà una scrittrice di successo e grazie al suo pragmatismo riuscirà a uscire dalla sua condizione sociale e a realizzare i suoi desideri, ma questo ben presto sfumerà. La sua storia d’amore si rivelerà una farsa e alla fine lei si ritroverà a fare i conti con una dura realtà. Angel, la vita, il romanzo di François Ozon, melodrammone in costume coltissimo – citazioni che vanno da Cukor a Minnelli – e costosissimo – 18 milioni di euro – presentato all’ultimo Festival di Berlino, ha tentato di catturare le ambiguità della protagonista che nel romanzo di Elisabeth Taylor assume una configurazione più netta e definita. L’autrice la raffigura come un personaggio antipatico e isterico, e tale rappresentazione grottesca e sardonica vorrebbe contribuire a costruire nel lettore quell’atteggiamento ironico necessario per prenderne le distanze. Ozon, invece, nel suo progetto ambizioso afferma di aver voluto giocare con gli aspetti caricaturali di Angel per mostrarne i lati più fragili, deboli e contraddittori. Pensava che fosse necessario dotarla di fascino e charme, per evitare di far passare lo spettatore in compagnia per due ore di un personaggio sgradevole. Durante il film si oscilla dunque tra simpatia e antipatia, tra vicinanza e distacco nei confronti di un personaggio tenace nella costruzione delle sue romantiche fantasie, ma anche ingenuamente determinato nell’attaccamento a queste anche quando la realtà irrompe con il suo disincanto. Lo stesso regista ha dichiarato di aver pensato a Scarlett O’Hara nella definizione di Angel come un personaggio che si potesse amare e odiare contemporaneamente. E però a quel genere cinematografico che lui cerca di celebrare fa anche il verso. La scelta grammaticale fatta da inquadrature di primissimi piani della splendida Romola Garai, da scoppi improvvisi di piogge romantiche, da sottolineature musicali su scene ad hoc, sembra voler tradire l’intento di prendere le distanze da un romanzo che ironizza eccessivamente sulla sua protagonista a vantaggio di una costruzione più articolata e flessibile. Rifiutando un facile manicheismo, lo slittamento su un piano narrativo che non si decide per un registro comico, tragico o complice ha come svantaggio quello di portare il film alla perdita di fluidità e magnetismo che invece abbondano in quelle opere del passato che si propone di omaggiare. |
Il film mi è piaciuto molto. Non ho trovato per nulla sgradevole il personaggio di Angel. Sia Angel che Ermes evidenziano dei lati ambigui nella loro personalità, ma senz’altro la sognatrice Angel è molto generosa e il marito (che fa mantenere oltre a se stesso anche l’amante e il figlio) dimostra però un lato positivo nell’andare volontario in guerra e nel riconoscere la mediocrità dei suoi quadri. Anche il suicidio è una prova di quanto lui sia infelice per la sua vita così scombinata, ma è prtoprio attraverso il suicidio che egli si riscatta.